La situazione della classe operaia in Inghilterra (1845)

Friedrich Engels


Tradotto direttamente dall'originale tedesco da Vittorio Piva (†1907) e trascritto da Leonardo Maria Battisti, giugno 2018


XII. L'atteggiamento della borghesia verso il proletariato.

Quando io parlo qui della borghesia, intendo parlare pure della aristocrazia, poichè questa è tale soltanto, ed è soltanto privilegiata di fronte alla borghesia, ma non di fronte al proletariato. Il proletariato vede in entrambe solamente i proprietari, cioè i borghesi. Innanzi al privilegio della proprietà, scompaiono tutti gli altri privilegi. La differenza consistè in questo, che il borghese propriamente detto sta di fronte al proletario industriale ed in parte a quello delle miniere e quale affittuale pure al salariato agricolo, mentre il così detto aristocratico è in contatto soltanto con una parte del proletariato delle miniere e con quello agricolo.

Io non ho mai veduta una classe così profondamente demoralizzata, così irrimediabilmente corrotta dall'egoismo, intimamente corrosa e incapace d'ogni progresso come la borghesia inglese — e qui io alludo alla borghesia genuina, specie a quella liberale, a quella che vuole abolire le leggi sul grano. Per essa nulla esiste al mondo all'infuori dell'amore pel denaro, poichè essa non aspira ad altro, che a guadagnare denaro, non conosce beatitudine alcuna all'infuori del facile guadagno, nessun dolore eccetto che la perdita del denaro1. Nell'avidità e nella sete di guadagno non è possibile che rimanga immacolata una sola idea umana. Certo questi borghesi inglesi sono dei buoni mariti e dei buoni membri di famiglia, hanno pure ogni specie di virtù private e appaiono nelle relazioni private rispettabili e decorosi come gli altri borghesi; pure nel commercio sono più trattabili dei tedeschi, non contrattano e mercanteggiano tanto come le nostre anime bottegaie, ma che vale tuttociò? In ultima istanza il solo interesse e specie il guadagno di denaro è il solo fatto che ha valore. Io andai una volta a Manchester con uno di questi borghesi e gli parlavo della struttura delle case cattiva e insalubre, della condizione orribile di un quarto degli operai e dichiaravo di non aver mai veduta una città così mal costruita. Il signore ascoltò tutto, tranquillamente e all'angolo, dove mi lasciò, disse: and yet, there is a great deal of money made here — e nondimeno vi si è guadagnato molto denaro — buon giorno, signore!

Al borghese inglese è indifferente, se i suoi operai soffrono o no la fame, quando egli guadagna denaro. Tutti i mezzi d'esistenza vengono commisurati al guadagno di denaro e quello che non rende denaro è sciocchezza non pratica, idealistica. A questo effetto, v'è la economia nazionale, la scienza che insegna a guadagnar quattrini, la scienza favorita di questi sordidi ebrei. Il rapporto che esiste tra il fabbricante e l'operaio non è umano, ma semplicemente economico. Il fabbricante è il «capitale», l'operaio è il «lavoro». E se l'operaio non vuoi lasciarsi restringere in questa astrazione, se egli afferma, di non essere il «lavoro» ma bensì un uomo, il quale tra le altre ha pure la qualità dell'operaio, se egli pensa di credere che non deve venir adoperato come lavoro, che non deve venir comperato e venduto come merce sul mercato, allora il borghese non ne capisce più niente. Questi non può concepire d'essere di fronte agli operai in altro rapporto all'infuori di quello di compra e vendita; egli non vede negli operai degli uomini, ma delle «mani» (hands), come egli li qualifica in faccia; non riconosce nessun altro legame tra uomo e uomo, come dice Carlyle, all'infuori del puro pagamento. Così il vincolo che lo unisce alla moglie è novantanove casi su cento soltanto un «semplice calcolo». La miserabile schiavitù, in cui il borghese è tenuto dal denaro, è, a cagione del dominio borghese, improntata nel linguaggio. Il denaro determina il valore dell'uomo; questo uomo vale centomila lire, He is worth ten thousand pounds, cioè egli possiede. Chi ha denaro è respectable, appartiene «alla miglior società» (the better sort of people), è influente (influential) e quanto fa, fa epoca nel suo circolo. Tutto il linguaggio è pieno del suo spirito taccagno, tutti i rapporti sono rappresentati con espressioni di commercio e spiegati con categorie economiche. Domanda e tranferta, richiesta e offerta supply and demand, queste sono le formule secondo le quali la logica degli inglesi giudica tutta la vita umana

Quindi la libera concorrenza in ogni cosa, quindi il regime del laissez-faire e del laissez-aller, nella amministrazione, nella medicina, nell'istruzione e ben presto pure nella religione, dove il dominio della Chiesa di Stato crolla ognor più. La libera concorrenza, non vuol alcun freno, alcuna intromissione dello Stato, tutto lo Stato le è di impiccio, essa sarebbe completa in una condizione di cose priva di qualsiasi ordinamento ordinatore, dove ognuno può sfruttare l'altro a piacimento, come ad esempio all'«Unione» dell'amico Stinger. Ma perchè la borghesia non può far senza dello Stato per tenere in freno il proletariato, che le è necessario, così lo rivolge contro questo, e cerca di tenerlo lontano da sè quanto più le è possibile.

Non si creda però che l'inglese «istruito» mostri tanto apertamente questo egoismo. Al contrario, egli lo copre con la più bassa ipocrisia. Come i ricchi inglesi non dovrebbero pensare ai poveri, essi che hanno eretto istituti di beneficenza, nome nessun altro paese può far vedere? Si, istituti di beneficenza! Come se al proletario fosse di giovamento, allorchè voi gli succhiate il sangue sino all'ultima goccia, per poi poter esercitare i vostri pruriti di vanitosa e farisaica beneficenza e mostrarvi innanzi al mondo quali potenti benefattori dell'umanità, quando restituirete al dissanguato la centesima parte di quello che gli appartiene! Beneficenza la quale avvilisce ancor più quello che la fa, che colui il quale la riceve, beneficenza che getta ancor più nella polvere il calpestato, beneficenza la quale, pretende che il paria degradato e spinto fuori dalla società, debba rinunciare al suo ultimo diritto all'umanità, deva elemosinare la clemenza della borghesia prima che questa abbia la bontà di imprimere al povero sulla fronte con l'elemosina, il marchio della degradazione.

Nè questo è tutto. Ascoltiamo la stessa borghesia inglese. Non è ancora un anno, che io lessi nel Manchester Guardían la seguente lettera diretta ad un redattore, lettera che fu pubblicata senza alcuna osservazione come una cosa naturale e ragionevole.

Signor redattore,

Da qualche tempo s'incontra nelle vie principali della città nostra, una folla di poveri, i quali, in parte con i loro vestiti stracciati, in parte con l'aspetto ammalato, in parte con ferite sconcia e aperte e mutilazioni, cercano di attirare la compassione dei passanti con modi molto di frequente insolenti e molesti. Io penso, allorquando non soltanto si pagano le tasse dei poveri, ma pure si contribuisce sufficientemente ad istituti di beneficenza, che si è fatto abbastanza per avere il diritto di non esser posti innanzi a simili molestie sgradevoli e sconcie; e, perché si paga una imposta tanto alta per il mantenimento della polizia di città, quando questa non una sola volta provvede affinché si possa andare attorno per le vie tranquillamente? Io spero che la pubblicazione di queste righe nel suo diffuso giornale, indurrà la pubblica forza a sopprimere questa noia (nuisance)

Una signora.

Eccovi! La borghesia inglese è benefattrice per interesse, non getta via nulla, tratta i suoi doni come un affare di commercio, fa un affare con i poveri e dice: Se io spendo tanto a fini di carità, in tal modo io mi compero il diritto di non essere molestata ulteriormente, così vi costringo a rimanere nelle vostre tane oscure e a non urtare i miei nervi delicati con la mostra della vostra miseria! Voi potete tuttavia disperarvi, ma dovete disperarvi in silenzio; questo io mi riservo, questo io mi compero con la mia sottoscrizione di venti lire in favore dell'ospedale. Oh questa è l'infame beneficenza di un borghese cristiano! E così scrive «una signora» sicuro, una signora; essa fa bene a sottoscriversi, essa fortunatamente non ha più il coraggio di chiamarsi una donna! Ma se le «signore» sono così, come staremo con i «signori»? Si dirà, che si tratta di un caso isolato. Ma no, la lettera su riportata esprime il sentimento della grande maggioranza della borghesia inglese, altrimenti non sarebbe stata accolta pure dal redattore, altrimenti questi avrebbe ben fatto seguire una replica, che invano io ho cercata con gli occhi nei numeri seguenti.

E per quanto concerne l'efficacia della beneficenza il canonico Parkinson ci dice che i poveri vengono soccorsi molto più dai loro simili che dalla borghesia; e un aiuto di un bravo proletario, il quale sa che cosa è la fame, e per il quale il dividere il magro pasto è un sacrificio, che egli compie con gioia, ha pure un tutt'altro significato dell'elemosina gettata dal borghese crapulone.

La borghesia finge inoltre una umanità sconfinata — ma soltanto allorché lo richiede il suo interesse particolare — così nella sua politica e nella sua economia nazionale. Essa si tormentò per cinque anni a dimostrare agli operai che desiderava, soltanto nell'interesse dei proletarii, di abolire le leggi sul grano. Tutta la questione è questa: le leggi sul grano, che tengono più alto il premo del pane di quello che non lo sia negli altri paesi, tengono alto pure il salario e rendono difficile al fabbricante la concorrenza contro agli altri paesi, in cui il prezzo del pane e quindi il salario sono più bassi. Abolite le leggi sul grano, diminuisce il prezzo del pane e il salario si avvicina a quello degli altri paesi civili d'Europa, il che ad ognuno sarà chiaro, secondo i principii sopra sviluppati per i quali si regola il salario. Il fabbricante può quindi più facilmente far concorrenza, cresce la domanda delle merci inglesi e con essa la richiesta di operai. In seguito di questa richiesta aumentata, crescerà di certo un po' il salario verranno occupati gli operai senza pane: ma sino a quando dura questo? La «popolazione superflua» dell'Inghilterra e specie dell'Irlanda, è sufficiente a provvedere degli operai necessarii all'industria inglese, pure se questa si raddoppiasse; in pochi anni il lieve vantaggio dell'abolizione delle leggi sul grano sarebbe pareggiato, seguirebbe una nuova crisi e noi saremmo alla stessa condizione di prima, mentre il primo stimolo nell'industria accelerebbe pure l'allargarsi della popolazione. I proletarii vedono tutto ciò chiaramente e lo hanno detto centinaia di volte in faccia ai borghesi; ma ciononostante la razza dei fabbricanti, che ha a cuore soltanto l'immediato vantaggio che le apporterebbe l'abolizione delle leggi sul grano, e che è abbastanza limitata da non vedere come pure ad essa non possa venire alcun vantaggio duraturo da questa misura, mentre la concorrenza dei fabbricanti tra di loro riporterebbe ben presto il guadagno dei singoli al più alto livello; ciononostante adunque, questa razza grida sino ad oggi innanzi agli operai che tutto avviene per loro bene soltanto, che soltanto per i milioni di affamati i ricchi del partito liberale contribuiscono con centinaia e migliaia di sterline alla cassa della Lega contro le leggi sul grano — mentre ognuno sa che essi gettano la salsiccia per avere il prosciutto, che essi calcolano di guadagnare dieci e cento volte tanto, nei primi anni, con l'abolizione delle leggi sul grano. Ma gli operai non si lasciano traviare più dalla borghesia, specie dopo l'insurrezione del 1842. Essi pretendono da ognuno che finge di tormentarsi per il loro bene, che, come pietra di paragone della purezza delle sue opinioni, si dichiari in favore della Carta del popolo e in questo modo protestano contro ogni aiuto estraneo, imperocché nella Carta essi non domandano che la facoltà di aiutarsi da sè.

A chi non fa ciò, essi dichiarano la guerra con pieno diritto, sia esso un nemico aperto o un falso amico. Del resto la Lega contro le leggi sul grano ha adoperato per guadagnare gli operai le più spregevoli bugie e i più spregevoli artifizi. Essa vuol far loro credere che il prezzo del lavoro sta in rapporto inverso al prezzo del grano, che il salario è alto, quando il costo del grano è basso, e inversamente — fatto che essa ha tentato di provare con gli argomenti più ridicoli, fatto che è in sé stesso ridicolo come qualsiasi affermazione che esce dalla bocca di un economista. Se questo non bastasse, si è promessa agli operai la più prodigiosa felicità in conseguenza della richiesta aumentata sui mercati di lavoro, non si è avuto vergogna di portare attraverso le vie due modelli di pagnotte di pane, sulla maggiore delle quali stava scritto: Pagnotta americana di pane da otto centesimi, salario di quattro scellini al giorno, e nell'altra, molto più piccola: pagnotta inglese di pane da otto centesimi, salario due scellini al giorno. Ma gli operai non si sono lasciati trarre in errore. Essi conoscono troppo bene i loro padroni.

Se si vuol conoscere bene l'ipocrisia di queste belle promesse, si osservi la pratica. Noi abbiamo veduto nel corso delle nostre relazioni, come la borghesia sfrutti in ogni modo il proletariato ai suoi fini. Sinora abbiamo veduto i singoli borghesi a maltrattare il proletariato di loro proprio moto. Passiamo ora ai rapporti, nei quali la borghesia come partito, come potere di Stato, si presenta di fronte al proletariato. È manifesto che tutta la legislazione mira a proteggere i proprietarii contro i nullatenenti. Le leggi sono necessarie soltanto perché vi sono coloro che nulla posseggono; e pure se questo è direttamente espresso in poche leggi, ad esempio, contro il vagabondaggio e la mancanza d'asilo, per cui il proletariato come tale è considerato come contrario alla legge, tuttavia l'ostilità contro il proletariato è così nel fondo della legge, che i giudici, e specie quelli di pace, i quali pure sono borghesi e con i quali il proletariato è per lo più a contatto, trovano senz'altro questo significato di ostilità nella legge. Se un ricco viene condotto innanzi alla giustizia o piuttosto citato, allora il giudice si rammarica di obbligarlo a tanta fatica, volge la cosa a suo favore quanto può, e, se devo condannarlo, gli duole infinitamente ecc., ed il risultato è una misera multa, che il borghese getta sul tavolo con disprezzo e si allontana. Quando capita il caso ad un povero diavolo di comparire innanzi al giudice di pace, ha passata quasi sempre la notte in prigione con una folla d'altri: fin dal principio è considerato quale colpevole e trattato duramente e la sua difesa è soppressa con un spregevole «Oh, noi conosciamo queste scappatoie» e gli si infligge una multa che non può pagare e che deve espiare con uno o più mesi di lavori forzati. E se nulla si può provare a suo carico, allora, viene tuttavia mandato ai lavori forzati come briccone e vagabondo (a rogue and a vagabond) due espressioni che vanno quasi sempre assieme.

La partigianeria dei giudici di pace, specie in campagna, supera qualsiasi immaginazione ed è tanto all'ordine del giorno, che tutti i casi non troppo rumorosi vengono riferiti dai giornali tranquillamente, senza commento alcuno. Nè v'è d'attendersi cosa differente. Da un lato questi «Dogberries» interpretano la legge secondo il senso che in essa riposa, e d'altro lato essi sono borghesi, i quali innanzi ogni altra cosa vedono nell'interesse della loro classe la base di tutto il vero ordine sociale. E come i giudici di pace si comporta pure la polizia. Il borghese può fare quello che vuole, di fronte a lui l'agente di polizia è sempre cortese e si attiene strettamente alla legge: ma il proletariato viene trattato rozzamente e brutalmente: la sua miseria getta su luì il sospetto d'ogni possibile delitto e gli preclude i mezzi legali contro tutti gli arbitrii dei padroni; per l'operaio perciò non esistono le forme proteggitrici della legge, la polizia entra senz'altro in casa sua, lo arresta e lo maltratta e soltanto una volta se un'associazione operaia come quella dei minatori ingaggia un Roberts, soltanto allora viene alla luce come la parte protettiva della legge esista poco per il proletariato, come spesso esso deva portare tutti i pesi della legge senza goderne uno solo dei suoi vantaggi.

Sino all'ora odierna la classe possidente combatte in Parlamento contro il sentimento migliore di coloro che non sono ancor vinti dall'egoismo, per soggiogare di più in più il proletariato. Una piazza comunale dopo l'altra è tolta via e riempita di fabbriche, per cui certamente è elevata la civiltà, ma vien fatto molto danno al proletariato. Dove esistevano delle piazze comunali, il povero poteva tenere un asino, un porco o alcune oche, i ragazzi ed i giovani avevano un luogo, dove potevano giocare e correre all'aperto; tale stato va diminuendo ogni giorno più, il beneficio dei poveri diviene più limitato e la gioventù, alla quale è tolta la sua piazza comunale, va perciò nelle bettole. Tali acts parlamentari per il dissodamento delle piazze comunali, furono approvati in grandissimo numero ad ogni sessione. Allorchè il governo, nella sessione del 1844, si decise a costringere le società ferroviarie monopolizzatrici di tutto il servizio, a rendere possibile pure agli operai il viaggiare mercè un biglietto ferroviario del costo proporzionato alla loro condizione (un penny al miglio, circa cinque groschen d'argento per miglio tedesco), e allorché il governo perciò propose che giornalmente un tale treno di terza classe venisse introdotto in ogni ferrovia, «il venerabile padre in Dio» il vescovo di Londra, domandò che la domenica, il solo giorno in cui gli operai occupati potevano viaggiare, fosse esclusa dal detto obbligo e così alla domenica fu permesso di viaggiare ai ricchi soltanto, ma non ai poveri. Questa proposta era però troppo evidente e chiara, perché potesse passare, e quindi cadde.

Io non ho qui spazio abbastanza per numerare i molti attacchi nascosti fatti al proletariato pure soltanto in una sessione. Parlerò soltanto d'uno della stessa sessione del 1844. Un membro oscurissimo del Parlamento, un signor Miles, propose un bill per regolarizzare i rapporti tra padroni e servitori, un bill che sembrò quasi senza importanza. Il governo accettò il bill e questo fu rimesso ad un comitato. Frattanto scoppiò lo sciopero tra i minatori del nord e Roberts intraprese le sue corse trionfali attraverso l'Inghilterra con i suoi operai messi in libertà. Allorché il bill uscì dal comitato, si trovò che vi erano state inserite alcune clausole dispotiche al piu alto grado, specie una per la quale veniva dato al padrone il potere di trascinare innanzi un qualsiasi (any) giudice di pace ogni operaio che verbalmente o per iscritto avesse contrattato un qualsivoglia lavoro, anche soltanto un aiuto occasionale in caso di rifiuto di servizio o semplicemente di cattiva condotta (misbehariour). Sul giuramento del padrone o dei suoi agenti e sorveglianti — adunque sul giuramento del querelante — l'operaio poteva venir condannato alla prigione o ai lavori forzati sino a due mesi.

Questo bill eccitò gli operai alla massima collera, tanto più che contemporaneamente stava innanzi al Parlamento il bill delle dieci ore e s'era prodotta una forte agitazione. Vennero tenute centinaia di assemblee e spedite a Londra centinaia di petizioni operaie al difensore del proletariato in Parlamento, Thomas Duncombe. Questi era, oltre il «giovane inglese» Ferrand, il solo energico oppositore, ma, come gli altri radicali videro che il popolo si dichiarava contro il bill, l'uno contro l'altro sgusciarono fuori e si posero dalla parte di Duncombe, poichè pure la borghesia liberale non aveva il coraggio, di fronte all'agitazione degli operai, di pronunciarsi in favore del bill; e poichè soprattutto nessuno di fronte al popolo si interessava con energia per esso bill, così questo cadde brillantemente.

La più aperta dichiarazione di guerra della borghesia contro il proletariato, è pertanto la teoria malthusiana della popolazione, e la nuova legge dei poveri proviene da essa. S'è parlato già parecchie volte della teoria malthusiana. Riassumiamo brevemente il suo risultato principale, per cui la terra avrebbe sempre sovrabbondanza di popolazione e dovrebbe quindi dominare sempre l'indigenza, la miseria, la povertà e l'immoralità; per cui la sorte e l'eterno destino dell'umanità sarebbe di esistere in troppo gran numero e quindi in classi differenti, delle quali le une sarebbero più o meno ricche, istruite, morali e le altre più o meno povere, miserabili, ignoranti e immorali. Ne viene praticamente — Malthus stesso trae queste conclusioni — che le beneficenze e le casse pei poveri sarebbero un non senso, poiché esse servirebbero soltanto a mantenere e ad eccitare all'aumento la popolazione in più, la cui concorrenza abbasserebbe il salario: che l'occupazione di poveri da parte delle congregazioni di carità sarebbe cosa insensata, poiché, mentre soltanto una determinata quantità di prodotti di lavoro può essere adoperata, per ogni operaio senza pane che viene occupato, deve rimaner senza lavoro un altro che sino a questo momento ne ha, e così l'industria privata soffre dei danni a profitto dell'industria delle congregazioni di carità; che non si tratta adunque di nutrire la popolazione in più, ma di limitarla in un modo o nell'altro. Malthus dichiara, con parole aride, un vero assurdo il diritto sinora affermato di ogni uomo, che esiste nel mondo, ai mezzi d'esistenza. Egli cita le parole del poeta: il povero viene alla tavola solenne della natura e non trova per sè alcun coperto — e aggiunge — e la natura gli comanda di andarsene (she bids him to be gore) «poiché prima della sua nascita egli non ha chiesto alla società se questa lo avrebbe voluto». Queste teoria è ora la teoria preferita di tutti i genuini borghesi d'Inghilterra ed è naturalissimo, poichè essa per questi è il più comodo letto di pigrizia ed è per le condizioni odierne molto buona.

Se non si tratta più di utilizzare la «popolazione esuberante», di mutarla in popolazione utile, ma semplicemente di lasciar morire di fame la gente nel modo più facile e di opporsi che essa ponga al mondo troppi, figliuoli, ne segue semplicemente la bagatella che la popolazione superflua debba comprendere la propria inutilità e lasciarsi di buon grado morir di fame. I proletari si sono fissi in testa di essere, con le loro mani di carne, appunto gli utili, e che i ricchi signori capitalisti, che non sanno nulla, sono i veri inutili.

Ma poiché i ricchi possiedono ancora il potere, i proletari debbono sottomettersi, in caso che non vogliano ciò comprendere di buona volontà a venir dichiarati dalla legge per realmente inutili. Questo avviene nella nuova legge sui poveri. La vecchia legge sui poveri, che riposa sull'act dell'anno 1601 (43rd of Elizabet) deriva ingenuamente ancora dal principio che sia dovere della comunità di provvedere i poveri dei mezzi d'esistenza. Chi non aveva lavoro, riceveva aiuto e il povero vedeva a lungo andare, come equamente, il comune fosse in obbligo di soccorrerlo prima che morisse di fame. Egli chiedeva il soccorso settimanale come un diritto e non come una grazia e questo alla fine sembrò troppo grave alla borghesia. Nel 1833, allorchè essa per il bill di riforma perveniva al governo e nel medesimo tempo si sviluppava completamente il pauperismo dei distretti agricoli, mise mano subito alla riforma pure dello leggi sui poveri dal suo punto di vista. Venne nominata una Commissione con l'incarico di studiare l'esercizio delle leggi sui poveri e scoprire una gran massa di abusi. Si trovò tutta la classe operaia della campagna nuda pauperizzata e completamente o in parte dipendente dalla cassa dei poveri, poiché questa se il salario era basso, dava ai poveri un supplemento; si trovò che questo sistema per cui il senza lavoro viene mantenuto e il mal pagato arricchito di molti figliuoli ed aiutato, e al padre di figli legittimi è concessa l'alimentazione e viene riconosciuta la povertà quale bisognosa di protezione si trovò che questo sistema rovinava la campagna, ch'era un ostacolo all'industria, una ricompensa per i matrimoni imprudenti, uno stimolo all'allargarsi della popolazione che l'influenza della maggior popolazione abbassava il salario; ch'era un'istituzione nazionale per stancare i diligenti e gli onesti e incoraggiare i pigri, i viziosi e gli irriflessivi; che spezzava il legame della famiglia, impediva l'accumulazione sistematica del capitale, dissolveva l'esistente capitale e rovinava i contribuenti; inoltre concedendo l'alimentazione al padre di figli legittimi poneva un premio su questi» (parole del rapporto dei commissari per la legge sui poveri)2. Questa descrizione delle influenze della vecchia legge sui poveri è giustissima; l'elemosina favorisce la pigrizia e l'allargarsi della popolazione «superflua». Nell'odierna condizione di cose è chiarissimo che il povero sia forzato ad essere egoista, e, se egli può, appena sta bene, piuttosto di lavorare se ne sta in ozio.

Ma da ciò segue soltanto che le odierne condizioni sociali sono buone a nulla, ma non che, come pretendono i commissari malthusiani, la povertà sia da trattarsi quale un delitto secondo la teoria dell'intimidazione.

Questi saggi malthusiani erano però così convinti della infallibilità della loro teoria, che essi non dubitarono un momento di gettare i poveri nel letto di Procuste delle proprie opinioni e secondo queste trattarli con severità ributtante. Convinti con Malthus e con gli altri partigiani della libera concorrenza, che fosse la miglior cosa lasciar ad ognuno la cura di sè stesso, di introdurre conseguentemente il laissez-faire, avrebbero molto volentieri voluta abolire del tutto le leggi sui poveri. Poiché tuttavia non ne avevano nè l'autorità, né il coraggio, proposero una legge sui poveri malthusiana più ch'era possibile, la quale è più barbara del laissez-faire, perché quella è attiva mentre questa è soltanto passiva.

Noi vedemmo come Malthus proclamò la miseria, più esattamente la mancanza di pane sotto il nome di superfluità, un delitto, un delitto che la società deve condannare con la morte per fame. I commissari non erano così barbari; la morte diretta per fame ha pure per un commissario sulle leggi dei poveri qualche cosa di terribile.

Bene dissero i commissari, voi poveri avete íl diritto di esistere, ma soltanto di esistere; ma voi non avete il diritto di svilupparvi come non avete quello di esistere umanamente. Voi siete un flagello della campagna e se noi possiamo sopprimervi subito come ogni altro flagello di campagna, voi dovete sentire che voi siete tale e almeno dovrete essere tenuti in freno e messi fuori della condizione di produrre direttamente degli altri «superflui».

Vivete, ma dovete vivere come esempio a tutti coloro che possono avere l'occasione di divenire superflui.

Essi proposero la nuova legge sui poveri che fu approvata nel 1834 dal Parlamento e che è ancor oggi in vigore. Vennero soppressi tutti gli aiuti in denaro e viveri; il solo soccorso che fu mantenuto, fu il ricovero nelle case di lavoro subito fatte costruire ovunque. L'organizzazione di queste case di lavoro (work-houses), o come il popolo le chiama, di queste Bastiglie della legge sui poveri (poor-law-bastiler), è fatta in modo che deve terrorizzare ognuno che abbia ancora qualche prospettiva di farsi strada senza questa specie di pubblica beneficenza. Affinché la cassa dei poveri non sia richiesta che in casi estremi e che lo sforzo di ognuno sia spinto al massimo grado prima che si decida a farsi aiutare dalla medesima, la casa dei poveri è organizzata nel modo più ributtante che il talento raffinato di un malthusiano potesse pensare. Il nutrimento è più cattivo di quello del più povero degli operai occupati, mentre il lavoro è più pesante; altrimenti questi preferirebbero il soggiorno nelle case dei poveri piuttosto della loro lamentevole esistenza. Raramente vien data carne, specie fresca per lo più con patate, il peggior pane e farina d'avena, poca o niente birra. Pure la dieta dei prigionieri generalmente è migliore, di modo che gli inquilini delle case di lavoro commettono spesso pensatamente qualche fallo, soltanto per andare in prigione. Pure una casa di lavoro è una prigione; chi non compie il suo tanto di lavoro non riceve da mangiare: chi vuole uscire, deve chiedere un permesso che può essergli negato, secondo la sua condotta o l'opinione che l'ispettore ha di lui; è proibito fumare come l'accettar regali dagli amici e dai parenti all'infuori della casa; i poveri portano una uniforme della casa di lavoro e sono senza protezione in balia all'arbitrio dell'ispettore.

Perchè il loro lavoro non faccia concorrenza all'industria privata, si danno ai poveri per lo più delle occupazioni quasi inutili; gli uomini battono pietre, «tanto quanto un uomo forte può fare con ísforzo in una giornata»; le donne, i fanciulli e i vecchi tirano le gomene dei bastimenti, non mi ricordo più, a qual line insignificante. Affinché i «superflui» non si moltiplichino o i genitori «demoralizzati» non possano esercitare influenza sui loro figli, si dissolvono le famiglie; il marito viene mandato in questa, la moglie in quella, i figli in una terza ala, e possono soltanto vedersi a tempi determinati, di raro ripetutamente ed anche soltanto se si sono diportati bene secondo quanto giudica l'impiegato. E, perchè il miasma del pauperismo sia completamente chiuso in queste Bastiglie innanzi al mondo esteriore, gl'inquilini delle stesse possono soltanto a piacere degli impiegati ricever visite nel parlatorio; in generale sotto la loro sorveglianza o con il loro permesso possono aver rapporti con gente del di fuori.

Il vitto dovrebbe essere sano, il trattamento umano. Ma lo spirito della legge parla troppo alto, perchè possa essere sentita in qualche maniera questa domanda. I commissarii della legge sui poveri e tutta la borghesia inglese si ingannano, quando ritengono possibile l'applicazione del principio senza le conseguenze. Il trattamento che la legge nuova prescrive alla lettera, sta in contraddizione con tutto il significato della legge stessa: se la legge dichiara delinquenti i poveri, carceri le case dei poveri, i loro inquilini fuori della legge, oggetti di nausea ed orrore, esistenti fuori dell'umanità, ogni ordine in contrario non val nulla. In pratica viene seguito nel trattamento dei poveri lo spirito e non la lettera della legge.

Ecco qualche esempio:

Nella casa di lavoro di Greenwich nell'estate del 1843 un ragazzo di cinque anni venne chiuso per castigo tre notti nella camera mortuaria, dove dovette dormire sui coperchi delle bare. — Nella casa di lavoro di Herne avvenne la stessa cosa con una piccola ragazza, che, durante la notte, non aveva tenuto asciutto il letto; questo genere di castigo sembra generalmente molto favorito. Questa casa di lavoro, che è situata in una delle più belle posizioni di Kent, si distingue anche per il fatto che tutte le finestre guardano verso l'interno, verso la corte, e soltanto due, aperte di fresco, permettono agli inquilini di gettare uno sguardo al mondo esteriore. Lo scrittore, che racconta ciò nell'Illuminated Magaz., chiude la sua descrizione con queste parole:

«Se Dio condanna gli uomini per i delitti, come l'uomo punisce gli uomini per la povertà, guai ai figli di Adamo!».

Nel novembre 1843 morì in Leicester un uomo il quale due giorni prima era stato rinviato dalla Casa di lavoro di Coventry. I particolari sul trattamento che si fa ai poveri in questo istituto destano indignazione. L'uomo, George Robson, aveva una ferita la cui cura era stata completamente trascurata; egli veniva messo ad una pompa che doveva porre in moto con il braccio sano; inoltre riceveva soltanto il vitto comune della Casa di lavoro, vitto che non poteva digerire per l'indebolimento del corpo in conseguenza della ferita non curata; divenne di necessità più debole e quanto più egli si lamentava, tanto più brutale diveniva il trattamento. Quando sua moglie, che stava pure in una casa di lavoro, voleva portargli il suo po' di birra, era sgridata e doveva berla tutta in presenza della sorvegliante. Due giorni appresso egli moriva in Leicester, come dichiarò il medico presente all'ispezione dei cadaveri, in conseguenza della ferita trascurata e del vitto indigeribile in via assoluta per la sua condizione di salute; quando era stato licenziato,, gli erano state rimesse delle lettere, nelle quali v'era per lui del denaro, lettere che erano state trattenute sei settimane e che secondo una misura dello stabilimento erano state aperte dal direttore! — Nella, casa di lavoro di Birmingham avvenivano cose così brutte che alla fine nel dicembre 1843 vi fu mandato un impiegato a farvi un'inchiesta. Egli trovò che quattro trampers (abbiamo sopra spiegato che cosa significa questa parola) erano stati rinchiusi nudi in un canile (blackhole) sotto la scala e tenuti in tale stato otto o dieci giorni, spesso affamati, senza dar loro nulla da mangiare prima del mezzo giorno e nella stagione più rigida. Un piccolo ragazzo era stato mandato in tutte le prigioni dello stabilimento prima in un camerino sudicio, curvo e stretto, poi due volte in un canile, la seconda volta tre giorni e tre notti, appresso altrettanto tempo nel vecchio canile ch'era peggiore, poi nella trampzimmer (camera dei vagabondi), un buco stretto, puzzolente, sporco, stomachevole, con un sedile di legno dove l'impiegato nella sua revisione trovò due ragazzi laceri rannicchiati dal freddo, i quali stavano lì già da quattro giorni. Nel canile v'erano spesso sette e nella trampzimmer spesso venti trampers. Anche le donne erano per castigo, perché non volevano andare in chiesa, ficcate nel canile, e una era stata messa nella trampzimmer perfino per quattro giorni, dove essa Dio sa qual società ebbe, e tutto questo mentre era ammalata e prendeva medicine. Un'altra donna era stata mandata per castigo all'ospedale dei pazzi quantunque avesse la testa a segno.

Nella casa di lavoro di Bacton nel Suffolk fu tutta una simile inchiesta, dalla quale risultò che una imbecille era stata posta per infermiera e che usava ogni sorta di cattivi trattamenti con gli ammalati e che degli ammalati i quali alla notte erano irrequieti o alzati, venivano legati sul o sotto il letto con delle corde, affine di risparmiare alle sorveglianti la fatica della veglia — un ammalato venne trovato morto in tale condizione. Nella casa dei poveri di St. Pancras, in Londra, dove vengono preparate le camicie a buon prezzo, un epilettico soffocò in letto senza che alcuno fosse andato a soccorrerlo. Nella stessa casa dormono da quattro a sei, talvolta fino a otto ragazzi, in un solo letto. Nella casa di lavoro di Shoreditch in Londra un uomo fu messo una notte a letto con un ammalato che aveva la febbre più violenta ed il letto inoltre era pieno di insetti nocivi. Nella casa di lavoro di Bethnalgreen, a Londra, una donna incinta di sei mesi venne chiusa con un suo bambino di non ancora due anni dal 28 febbraio al 20 marzo 1844, nel salotto da ricevere, senza venir accettata nella casa di lavoro — nessuna traccia del letto e del luogo per soddisfare i bisogni naturali. Suo marito fu portato nella casa di lavoro e allorché egli pregò che si liberasse sua moglie dalla prigionia, ricevette, per questa sua insolenza, ventiquattro ore di arresto a pane ed acqua. Nella casa di lavoro di Shough presso Windsor, nel settembre 1844, stava morendo un uomo; sua moglie vi andò, vi giunse alle 12 di notte, si affrettò alla casa di lavoro e non fu ammessa; la mattina seguente ricevette il permesso di vedere suo marito ma soltanto per una mezz'ora ed in presenza, della sorvegliante che si irritava ad ogni visita successiva della moglie è le diceva, ad ogni mezz'ora, di andarsene.

Nella Casa di lavoro di Middleton nel Lancashire v'erano, alle volte 18 poveri d'ambo i sessi, che dormivano in una sola camera. Questo istituto non era sottomesso alla nuova, ma bensì alla precedente, eccezionale legge sui poveri (Gilbert's Acts). L'ispettore teneva una birreria per suo conto nella Casa di lavoro. In Stockport un vecchio di 72 anni fu, il 31 luglio 1844, trascinato dalla Casa dei poveri innanzi al giudice di pace, perchè non voleva battere le pietre e pretendeva di non, poter fare questo lavoro per l'età e la rigidità di un ginocchio. Invano si offriva a assumersi qualsiasi altro lavoro che fosse consentaneo alle sue forze — egli fu condannato a 14 giorni di lavori forzati alla ruota. Nella Casa di lavoro di Basford un impiegato inquirente, nel febbraio 1844, trovò che non erano state cambiate le lenzuola del letto in tredici settimane, le camicie in quattro settimane, le calze da due a dieci mesi, di modo che di quarantacinque ragazzi soltanto tre avevano ancora calze e tutte le camicie erano a brandelli. I letti brulicavano di insetti nocivi e le scodelle venivano lavate nelle mastelle per l'orina.

Nella Casa dei poveri del West di Londra, un portiere che era sifilitico e che aveva comunicato la sua malattia a 4 ragazze non fu tuttavia licenziato, e un altro portiere prese una ragazza ebete da una delle stanze, la nascose 4 giorni nel suo letto e dormì con essa. Anche costui non fu mandato via.

Come in vita, così in morte. I poveri vengono sotterrati senza il minimo riguardo, come bestie crepate. Il cimitero dei poveri di St. Bride's, a Londra, è un nudo pantano che dopo Carlo II fu utilizzato a cimitero, pieno di mucchi di ossa; ogni mercoledì i poveri morti vengono gettati in una buca profonda 14 piedi, il pastore brontola frettolosamente la sua litania, la buca viene coperta di terra alla buona per venir riaperta il mercoledì seguente e così via finchè è ripiena di cadaveri, finchè non ve ne stanno più. L'odore della putrefazione appesta tutto il vicinato. In Manchester il cimitero dei poveri della città vecchia giace di fronte all'Yrk, un luogo deserto ed irregolare. Circa due anni fa, attraverso questo luogo, fu costruita, una ferrovia. Se fosse stato un cimitero rispettabile, come la borghesia, come il clero avrebbero emesso alte grida per la profanazione. Ma era il cimitero dei poveri e il luogo di pace dei poveri e dei superflui, e quindi non si disturbava punto. Non si prese una sola volta la cura di portare i cadaveri frammisti dall'altra parte del cimitero, si scavò quanto bisognò, si conficcarono i pali nelle tombe fatte di fresco, di modo che scaturiva l'acqua del suolo paludoso, infracidita con le materie putride e riempiva i dintorni con i gas più nauseanti ed i più dannosi.

Si avrà ancora meraviglia che i poveri si rifiutino di accettare la pubblica beneficenza sotto tali condizioni? Che essi muoiano più volentieri di fame piuttosto che andare in queste Bastiglie? Noi abbiamo innanzi cinque casi in cui alcuni realmente e pensatamente morirono di fame ed ancora pochi giorni prima di morire, allorchè l'amministrazione dei poveri negò loro aiuto fuori della Casa di lavoro, preferirono la propria miseria all'andare in questo inferno.

Frattanto i commissarii per la legge sui poveri hanno raggiunto completamente il loro scopo. Ma nel medesimo tempo le Case di lavoro hanno accresciuto ancor più l'inasprimento della classe lavoratrice contro quella possidente che va pazza, nella gran maggioranza, per la nuova legge sui poveri più che per qualunque altra misura del partito dominante.

Da Newcastle fino a Dover risuona soltanto una voce di ribellione contro la nuova legge. La borghesia ha in essa così chiaramente espressa la propria opinione sui suoi doveri di fronte al proletariato, che potrebbe venir capita pure dai più stupidi. Non era mai stato affermato con tanta evidenza e franchezza, che i nullatenenti sono tali per lasciarsi sfruttare dai possidenti e per morir di fame se i possidenti non hanno alcun bisogno d'essi. Ma questa nuova legge sui poveri ha contribuito in modo essenziale all'accelerazione del movimento operaio e specie al diffondersi del cartismo, e, poichè in effetto questa legge è applicata in campagna, così facilita lo sviluppo del movimento proletario, che è imminente nei distretti agricoli.

Aggiungiamo ancora che anche in Irlanda, dal 1828, esiste una simile legge sui poveri, che dispone asili per 80,000 poveri. Pur qui è divenuta odiosa e sarebbe ancor più odiosa se in qualche modo potesse pervenire all'importanza che ha raggiunta in Inghilterra. Ma che cosa significa il cattivo trattamento di 80,000 proletarii in un paese dove ve ne sono due milioni e mezzo! In Iscozia, salvo eccezioni locali, non vi sono leggi sui poveri.

Io spero, dopo questa descrizione della nuova legge sui poveri e della sua azione, che non si troverà parola alcuna troppo dura in quello che io ho detto della borghesia inglese. In questa misura pubblica, ove essa appare in corpore quale potenza, manifesta chiaramente quello che vuole, quello che pensa contro il proletariato con tutte le azioni più piccole e apparentemente biasimanti singoli fatti.

E che questa misura non provenga soltanto da una parte della borghesia, ma gode l'applauso di tutta la classe, lo provano, tra le altre le discussioni parlamentari del 1844. Il partito liberale aveva emanato la nuova legge; il partito conservatore con a capo il suo ministro Peel, la difese e mutò soltanto alcune piccolezze nel Poor-Law-Amendment-Bill del 1844. Una maggioranza liberale diede la legge, una maggioranza conservatrice la ratificò e i nobili lords la approvarono tutte e due le volte. In tal modo venne pronunciata l'espulsione del proletariato dallo Stato e dalla società; in tal modo venne apertamente dichiarato che i proletarii non sono uomini e che non sono meritevoli d'esser trattati come uomini. Lasciamo tranquillamente i proletarii dell'impero britanno alla conquista dei loro diritti civili3.

Questa è la condizione della classe operaia inglese. come io la conobbi in ventun mesi con i miei occhi e con rapporti ufficiali e autentici. E se ritengo questa condizione, come ho detto abbastanza spesso precedentemente, cattiva ed insopportabile, posso dire di non essere il solo di tale parere. Già Gaskell dichiarò nel 1833 che egli disperava di una via d'uscita pacifica e che una rivoluzione non difficilmente avrebbe potuto tardare. Carlyle dichiara nel 1838 che il Cartismo e l'azione rivoluzionaria degli operai provengono dalla miseria nella quale vivono, e si meraviglia che questi se ne sieno stati tanto tranquilli per otto lunghi anni alla tavola di Barmek dove dalla borghesia liberale sono stati nutriti con vuote promesse — e nel 1844 dichiara che l'organizzazione del lavoro dovrebbe tosto venire iniziata «se l'Europa o almeno l'Inghilterra vuole ancora a lungo rimaner abitabile». — E il Times, il «primo giornale d'Europa», nel giugno 1844 dice precisamente:

«Guerra ai palazzi, pace alle capanne, questo è il grido di battaglia del terrore, che ancora una volta echeggierà per la nostra campagna. — I ricchi stiano in guardia!

Esaminiamo frattanto ancora una volta le sorti della borghesia inglese. Nel peggior caso avviene all'industria straniera e specie a quella americana di poter sostenere la concorrenza inglese anche dopo l'abolizione, in pochi anni necessaria, delle leggi sul grano. L'industria tedesca fa ora grandi sforzi, l'industria americana si è sviluppata a passi di gigante. L'America, con i suoi mezzi d'esistenza non ancora scoperti, con i suoi incommensurabili depositi di carbone e di ferro, con la ricchezza senza esempio di forza idraulica e di fiumi navigabili, ma specie con la sua popolazione attiva ed energica, di fronte alla quale gli inglesi sono flemmatiche berrette da notte, l'America in meno di dieci anni ha creata un'industria che fa già ora la concorrenza all'Inghilterra negli articoli ordinarii di cotone (l'articolo principale dell'industria inglese), che ha respinto gli inglesi dai mercati nord-sud americani e che si trova in China accanto a quella inglese. Altrettanto avviene in altri rami di industria. Se vi è un paese che si impadronisca del monopolio industriale, questo è l'America.

A questo modo viene battuta l'industria inglese. — Se nei prossimi venti anni rimangono le odierne condizioni sociali, come non può accadere altrimenti, la maggioranza del proletariato diviene sempre più «superflua» e non ha altra scelta che o la morte di fame o la rivoluzione.

Pensa la borghesia inglese a questo evento? Al contrario, il suo preferito economista, Mac Culloch, dal suo studio insegna: non v'è da pensare che un paese giovane come l'America, che non è per nulla normalmente popolato, possa esercitare con successo l'industria e far concorrenza ad un vecchio paese industriale come l'Inghilterra. Sarebbe follia da parte degli americani se essi volessero tentar questo, poiché in tale tentativo non potrebbero che perdere il denaro che dovrebbero utilmente impiegare nell'agricoltura; quando avranno coltivata tutta la terra, verrà bene il tempo in cui potranno esercitare con vantaggio l'industria.

Questo dice il saggio borghese e tutta la borghesia lo ripete con lui, mentre gli americani portano via un mercato dopo l'altro, mentre, non è molto, un audace speculatore americano spediva una partita di generi americani in Inghilterra dove vennero venduti per essere riesportati.

Ma per il caso che l'Inghilterra mantenga il monopolio industriale, poichè i fabbricanti aumentano ogni giorno di numero, quale ne sarà la conseguenza? Rimarrebbero le crisi industriali, e con l'allargarsi dell'industria e l'aumentare del proletariato, diverranno sempre più violenti e più terribili. Il proletariato per la progressiva rovina della piccola classe media, per la centralizzazione, che avviene a passi giganteschi, del capitale in poche mani, aumenterebbe in proporzione geometrica e presto formerebbe tutta la nazione, eccezion fatta di pochi milionarii.

Questo sviluppo arriva ad un grado in cui il proletariato vede come gli sarebbe facile di abbattere l'esistente forza sociale e segue quindi una rivoluzione.

Non si presenterà né l'uno né l'altro caso. Le crisi commerciali, la leva più forte d'ogni sviluppo indipendente del proletariato, in unione con la concorrenza straniera e con la progrediente rovina della piccola classe media, più brevemente porranno fine alla cosa. Io non credo che il popolo soffrirà ancora una crisi. Probabilmente già la prossima crisi del 1846 o 1847 apporterà l'abolizione delle leggi sul grano e la Carta. V'è da attendersi quello che occasionerà la Carta per i movimenti rivoluzionarii. Ma sino alla crisi seguente, che secondo l'analogia di quelle sinora avvenute, dovrebbe avvenire nel 1852 o 1853, ma che potrebbe ritardare per l'abolizione delle leggi sul grano o per altre circostanze, o accelerarsi per la concorrenza straniera, ecc., sino alla prossima crisi il popolo inglese sarà svogliato, si lascierà sfruttare a vantaggio dei capitalisti ed affamare, quando i capitalisti non ne avranno più bisogno. Se sino allora la borghesia non metterà giudizio — e secondo tutte le apparenze non lo metterà di certo — scoppierà una rivoluzione, le cui conseguenze non si possono misurare.

Per disperazione i proletarii brandiranno le torcie, delle quali ha parlato Stephens; la vendetta popolare si sprigionerà con un furore, del quale non ci ha dato esempio alcuno il 1793.

La guerra dei poveri contro i ricchi sarà la più sanguinosa che sia mai avvenuta. Pure la conversione di una parte della borghesia verso il partito dei proletarii, pure una generale riforma della borghesia sarebbe inutile.

Un generale mutamento di sentimenti da parte della borghesia potrebbe andare soltanto sino ad un lento juste-milieu; coloro che si unissero decisamente ai lavoratori formerebbero una nuova Gironda e perirebbero nel corso dello svolgimento violento.

I pregiudizi di tutta una classe non si leverebbero come un mantello — almeno presso l'egoista borghesia inglese immobile e piena di prevenzioni. Queste sono tutte le conclusioni che si possono dedurre con la più grande precisione, conclusioni i cui presupposti poggiano su fatti indiscutibili da una parte dello sviluppo storico e dall'altra della natura umana. Lo profezie in nessun luogo sono facili come in Inghilterra, perché in questa tutto è sviluppato chiaramente e nettamente nella società. La rivoluzione deve venire, è già ora troppo tardi per addivenire ad una soluzione pacifica del conflitto; ma può succedere più benigna di quello che sopra si prevede.

Questo dipenderà meno dallo sviluppo della borghesia che da quello del proletariato. Nel medesimo rapporto specialmente in cui il proletariato accoglierà in sè elementi socialistici e comunistici, appunto nello stesso rapporto la rivoluzione scemerà di sangue, di vendetta e di furore. Il comunismo s'aderge, secondo il suo principio, sulla discordia tra borghesia e proletariato, la riconosce per il presente soltanto nel suo sviluppo storico, ma non la giustifica per l'avvenire; esso vuole appunto sopprimere tale discordia. Esso riconosce quindi, sino a che perdura il conflitto, l'inasprimento del proletariato contro i suoi oppressori quale una necessità, come la leva più importante dell'iniziantesi movimento operaio, ma sorpassa questo inasprimento, poichè appunto esso comunismo è una questione di umanità, non una questione operaia soltanto.

A nessun comunista viene in mente di voler esercitare o di credere sopratutto all'effetto delle singole vendette per cui il singolo borghese nelle odierne condizioni farebbe altrimenti di quello che fa. Il socialismo inglese (cioè il comunismo) dipende dal principio della irresponsabilità dei singoli. Quanto più adunque gli operai fanno proprie le idee socialistiche, tanto più il loro odierno accanimento, che se rimane così violento come è ora, non condurrebbe a nulla, diviene inutile, tanto più i loro passi contro la borghesia, perdono di brutalità e barbarie. Se fosse sopratutto possibile di organizzare tutto il proletariato comunisticamente prima che incominci la lotta, tutto andrebbe nel modo più pacifico, ma questo non è possibile, è troppo tardi.

Io credo frattanto che sino allo scoppiare della guerra aperta e diretta dei poveri contro i ricchi, che ora in Inghilterra è divenuta inevitabile, la coscienza della questione sociale si diffonderà tanto nel proletariato, che, con l'aiuto degli eventi, il partito comunista sarà in caso col tempo di sovraneggiare l'elemento brutale della rivoluzione e prevenire un nuovo Termidoro. L'esperienza dei francesi non sarà stata inutile, ed inoltre la maggior parte dei capi cartisti già ora è comunista. E siccome il comunismo sta sopra il contrasto tra il proletariato e la borghesia, così anche alla parte migliore della borghesia — però terribilmente piccola e che soltanto può venir reclutata tra coloro che stanno per divenire adulti — sarà più facile di unirsi ad esso piuttosto che al Cartismo esclusivamente proletario.

Se queste conclusioni non possono qui essere provate sufficientemente, non mancherà un'altra occasione di provarle quali necessari risultati dello sviluppo storico d'Inghilterra. Ma io persisto a credere: la guerra dei poveri contro i ricchi che ora vien combattuta soltanto alla spicciolata e indirettamente, diverrà generale e diretta in tutta l'Inghilterra. È troppo tardi per una soluzione pacifica.

Le classi si separano ognor più duramente, lo spirito di resistenza penetra di più in più gli operai, l'inasprimento si accresce, le singole scaramuccie si concentrano in battaglie importanti e dimostrazioni e un piccolo urto presto sarà sufficiente per porre in moto la valanga.

Il grido di battaglia risuonerà allora di certo per il paese: Guerra ai palazzi, pace alle capanne — ma sarà troppo tardi, perché i ricchi si possano ancora mettere in guardia.


Note

1. Carlyle dà nel suo “Past and Present„ (Londra 1843) una descrizione ben riuscita della borghesia inglese e della sua avidità nauseante, descrizione che ho tradotta in parte negli Annali franco-tedeschi, ai quali rinvio.

2. Extracts from Information received by the Poor-Law-Commissioners. Published by Authority, London, 1833.

3. Per prevenire tutte le cattive interpretazioni e le conseguenti obiezioni, voglio notare che ho parlato della borghesia come d'una classe, e le cose allegate riguardo a singoli individui mi valgono soltanto quale prova del modo di pensare e di trattare della classe. Quindi io non mi sono mischiato nelle distinzioni delle diverse sezioni e partiti della borghesia, che hanno soltanto significato storico e teorico, e quindi posso pure nominare incidentalmente i pochi membri della borghesia, che si sono mostrati eccezioni onorevoli. Da una parte costoro sono radicali decisi, quasi cartisti, come i membri della Camera bassa e fabbricanti Hindley di Ashton e Fielden di Todmorden (Lancashire), e d'altra parte i tories umani, i quali hanno di recente formata “la Giovane Inghilterra„ alla quale associazione appartengono specie i deputati D'Israeli, Borthwick, Ferranti, Lord John Manners, ecc. Anche lord Ashley è loro vicino. Lo scopo della “la Giovane Inghilterra„ è la resurrezione della vecchia “merry England„ con tutto il suo splendore ed il suo romantico feudalismo: questo fine è naturalmente impraticabile e perfino ridicolo, una satira di fronte a tutto lo sviluppo storico, ma il buon fine, il coraggio di rivoltarsi contro quanto esiste ed i pregiudizi esistenti, è già di qualche valore. Del tutto solitario è l'anglo tedesco Thomas Carlyle, il quale, originariamente tory, va oltre i nominati. Egli va più di tutti i borghesi inglesi al fondo del disordine sociale e chiede l'organizzazione del lavoro. Io spero che Carlyle, che ha trovato la retta via, sarà in caso di proseguirla. Lo accompagnino gli auguri miei e di molti tedeschi. (1892) Ma la rivoluzione di febbraio lo fece il più perfetto reazionario; lo sdegno giusto contro i filistei si voltò in dispetto esacerbato da filisteo, passando oltre il suo flutto storico, che lo gettò sulla spiaggia.


Ultima modifica 2019.08.10