Ai tempi dell'ultimo processo di Mosca io ho osservato in una delle mie affermazioni che Stalin, nella battaglia contro l'Opposizione, ha sfruttato le tendenze antisemite presenti nel paese. Su quest'argomento ho ricevuto una serie di lettere e domande che erano, nel complesso - non c'è ragione di nascondere la verità - piuttosto ingenue. "Come si può accusare l'Unione Sovietica di antisemitismo?", "Se l'URSS è un paese antisemita, esiste qualcosa che ancora si salvi?". Tale era il tema dominante di queste lettere. Queste persone sollevano obiezioni e sono perplesse poiché sono abituate a contrapporre all'antisemitismo fascista l'emancipazione degli ebrei realizzata dalla Rivoluzione d'Ottobre. A queste persone sembra ora che io stia strappando loro di mano un magico talismano. Tale modo di ragionare è tipico di coloro i quali sono abituati a pensare in modo volgare, non dialettico. Essi vivono in un mondo di immutabili astrazioni. Riconoscono soltanto ciò che li soddisfa: la Germania di Hitler è il regno assolutista dell'antisemitismo; l'URSS, al contrario, è il regno dell'armonia nazionale. Contraddizioni di importanza vitale, cambiamenti, transizioni da una condizione all'altra, in una parola, il processo storico reale, sfugge dalla loro fiacca attenzione.
Non ci si è ancora scordati, spero, che l'antisemitismo era piuttosto esteso nella Russia zarista tra i contadini, la piccola borghesia cittadina, l'intellighenzia e lo strato più arretrato della classe operaia. La "madre" Russia era rinomata non solo per i suoi periodici pogrom, ma anche per l'esistenza di un considerevole numero di pubblicazioni antisemite che, a quell'epoca, godevano di una vasta circolazione. La Rivoluzione d'Ottobre abolì lo status da esiliati degli ebrei. Ciò, tuttavia, non vuol dire affatto che in un sol colpo essa si sia sbarazzata dell'antisemitismo. Una lunga e persistente battaglia contro la religione ha fallito ad impedire che, ancora oggi, migliaia e migliaia di chiese, moschee e sinagoghe venissero affollate da gente supplichevole. La stessa situazione prevale nella sfera dei pregiudizi nazionali. La legislazione da sola non cambia le persone. I loro pensieri, emozioni e concezioni dipendono dalla tradizione, dalle condizioni materiali di vita, dal loro livello culturale, ecc. Il regime sovietico non ha ancora venti anni. La parte più anziana della popolazione è stata educata sotto lo zarismo. La generazione più giovane ha ereditato molto dalla vecchia. Queste condizioni storiche generali dovrebbero di per sé render chiaro a qualsiasi persona pensante che, malgrado il modello legislativo della Rivoluzione d'Ottobre, è impossibile che i pregiudizi sciovinisti e nazionalisti, e specialmente l'antisemitismo, possano non essere persistiti con forza tra lo strato più arretrato della popolazione.
Ma ciò non è affatto tutto. Il regime sovietico, in realtà, ha visto nascere una serie di nuovi fenomeni che, a causa della povertà e del basso livello culturale della popolazione, erano capaci di creare, come di fatto è accaduto, un rinnovato sentimento antisemita. Gli ebrei sono una popolazione tipicamente cittadina. Essi comprendono una considerevole percentuale della popolazione cittadina in Ucraina, nella Russia Bianca e persino nella Grande Russia. Il regime sovietico, più di qualsiasi altro nel mondo, ha bisogno di un numero assai vasto di funzionari pubblici. Questi sono reclutati fra la parte di popolazione cittadina più acculturata. Com'è logico gli ebrei risultano occupare un posto sproporzionatamente largo tra la burocrazia, specialmente tra i livelli medi e bassi. Noi potremmo di certo chiudere i nostri occhi innanzi a questo fatto e limitarci a vaghe generalizzazioni riguardo l'uguaglianza e la fratellanza di tutte le razze. Ma una politica da struzzi non ci permetterebbe di avanzare di un singolo passo avanti. L'odio dei contadini e degli operai per la burocrazia è un tratto fondamentale della vita sovietica. Il dispotismo del regime, la persecuzione di ogni critica, il soffocamento di ogni vivo pensiero ed infine la cornice giudiziaria, non sono altro che un mero riflesso di questo fatto basilare. Anche per mezzo di un ragionamento aprioristico sarebbe impossibile non concludere che l'odio per la burocrazia assuma una coloritura antisemita, almeno in quei posti in cui i funzionari ebrei sono una percentuale significante e sono posti innanzi ad un vasto esercito di masse contadine. Nel 1923 io proposi alla conferenza del partito bolscevico ucraino di assumere come funzionari individui capaci di parlare e di scrivere nella lingua delle popolazioni circostanti. Quanti ironici commenti vennero fatti a proposito di questa proposta, specialmente da parte dell'intellighenzia ebraica che parlava e scriveva russo e non aveva intenzioni di imparare la lingua ucraina! Bisogna ammettere che a questo riguardo la situazione è cambiata considerevolmente per il meglio. Ma la composizione nazionale della burocrazia è mutata di poco e, ciò che è assai più importante, l'antagonismo tra la popolazione e la burocrazia è cresciuto in modo mostruoso durante gli ultimi dieci-dodici anni. Tutti i seri ed onesti osservatori, specialmente coloro che hanno vissuto a lungo tra le masse di persone che lavorano assai duramente, portano testimonianza dell'esistenza dell'antisemitismo, non solo di quello vecchio ed ereditario, ma anche della nuova, sovietica, varietà.
Il burocrate sovietico si sente moralmente in un campo assediato. Egli cerca con tutta la sua forza di rompere questo suo isolamento. La politica di Stalin, almeno per il 50 percento, è dettata da questa situazione. Cioè: (1) la demagogia pseudo-socialista ("Il socialismo è già compiuto", "Stalin ha dato, dà e darà una vita felice al popolo", ecc.); (2) misure politiche ed economiche designate per costruire attorno alla burocrazia un largo strato di nuova aristocrazia (le paghe sproporzionatamente alte concesse agli stacanovisti, ai militari, agli ordini onorari, alla nuova "nobiltà", ecc.); (3) sostenere i sentimenti nazionalisti ed i pregiudizi dello strato più arretrato della popolazione.
Il burocrate ucraino, se è egli stesso un indigeno ucraino, tenterà inevitabilmente, al momento critico, di enfatizzare il fatto che egli è un fratello del muzhik e del contadino - non una sorta di straniero ed in nessuna circostanza un ebreo. Ovviamente non c'è in tale attitudine - ahimè!- neppure una goccia di "socialismo" o almeno di elementare democrazia. Ma è precisamente questo il nocciolo del problema. La burocrazia privilegiata, paurosa di perdere i suoi stessi privilegi, e conseguentemente completamente demoralizzata, rappresenta allo stato attuale lo strato più antisocialista ed antidemocratico della società sovietica. Nella lotta per la propria auto-conservazione essa sfrutta i pregiudizi più radicati e gli istinti più arretrati. Se a Mosca Stalin allestisce processi per accusare i trotskysti di gettar veleno sugli operai, allora non è difficile immaginare che folle sentiero possa seguire la burocrazia in alcune stamberghe ucraine e dell'Asia centrale!
Colui che osserva attentamente la vita sovietica, anche se solo attraverso le pubblicazioni ufficiali, scorgerà di tanto in tanto in varie parti del paese spaventosi ascessi burocratici: bustarelle, corruzione, appropriazioni indebite, uccisione di persone la cui esistenza è imbarazzante per la burocrazia, stupri di donne e cose simili. Se noi potessimo tagliare verticalmente all'interno, vedremmo come tali ascessi risultano dallo strato burocratico. Qualche volta Mosca è costretta a ricorrere a processi dimostrativi. In tutti questi processi gli ebrei ricoprono inevitabilmente una vasta percentuale, in parte perché, come abbiamo già detto, essi compongono una grande parte della burocrazia e sono marchiati del biasimo verso di essa, in parte perché, spinto dall'istinto auto conservazione, il quadro dirigente della burocrazia, al centro e nelle provincie, si sforza di deviare l'indignazione delle classi operaie da se stesso sugli ebrei. Questo fatto era noto ad ogni osservatore critico dell'URSS già da dieci anni or sono, quando il regime di Stalin aveva rivelato a mala pena le sue caratteristiche basilari.
La Battaglia contro l'Opposizione rappresentava per la cricca dominante una questione di vita o di morte. Il suo programma, i principi, i suoi collegamenti con le masse, tutto venne sradicato e messo in disparte a causa della bramosia di auto-conservazione della cricca dominante. Queste persone non si fermano innanzi a nulla pur di proteggere il proprio potere ed i propri privilegi. Recentemente è stato rilasciato un annuncio al mondo intero che il mio figlio più giovane, Sergei Sedov, era sotto accusa per aver tramato contro gli operai. Qualsiasi persona normale concluderà: persone capaci di avanzare tali accuse, hanno raggiunto l'ultimo stadio di degradazione morale. È possibile in questo caso dubitare anche per un solo istante che questi medesimi accusatori siano capaci di incoraggiare i pregiudizi antisemiti delle masse? Precisamente nel caso di mio figlio entrambe queste depravazioni sono unite. Dal giorno della loro nascita, i miei figli portano il nome della loro madre (Sedov). Essi non hanno mai usato nessun altro nome - né alle scuole elementari, né all'università, né nella loro vita matura. Per quanto riguarda me, negli ultimi trentaquattro anni ho portato il nome di Trotsky. Durante il periodo sovietico nessuno mi ha mai chiamato col nome di mio padre (Bronstein), così come nessuno ha mai chiamato Stalin, Dzhugashvili. In modo da non costringere i miei figli a cambiar nome, io, per necessità di "cittadinanza", ho preso il nome di mia moglie (cosa che, per la legislazione sovietica, è perfettamente legale). Però, dopo che mio figlio, Sergei Sedov, è stato accusato di tramare contro gli operai, il GPU ha comunicato alla stampa sovietica ed estera che il nome "reale" (!) di mio figlio non è Sedov ma Bronstein. Se questi accusatori avessero voluto enfatizzare la connessione dell'accusato con me, essi lo avrebbero chiamato Trotsky, poiché politicamente il nome Bronstein non significa niente per nessuno. Ma essi stavano giocando un'altra partita; ovvero, essi desideravano enfatizzare la mia origine ebrea e quella semi ebrea di mio figlio. Mi sono soffermato su quest'episodio poiché esso ha un carattere vitale, seppur affatto eccezionale.
Tra il 1923 e il 1926, quando Stalin, con Zinov'ev e Kamenev, era ancora un membro della "Troika", le corde dell'antisemitismo venivano suonate con estrema cauzione ed in modo mascherato. Oratori assai istruiti (Stalin già allora tramava furtive battaglie contro i suoi soci) dicevano che i seguaci di Trotsky erano piccoli borghesi delle "piccole città", senza nessuna definizione della loro razza. In realtà ciò era falso. La percentuale di ebrei nelle file dell'Opposizione non era affatto più grande di quella presente nel partito e nella burocrazia. È sufficiente elencare i nomi dei leader dell'Opposizione per gli anni 1923-25. I. N. Smirnov, Serebryakov, Rakovsky, Piatakov, Preobrazhensky, Krestinsky, Muralov, Beloborodov, Mrachkovsky, V. Yakovlev, Sapronov, V. M. Smirnov, Ishtchenko - russi a tutti gli effetti. Radek all'epoca era solo un mezzo simpatizzante. Ma, così come nei processi dei funzionari corrotti e di altri farabutti, così anche al tempo dell'espulsione dell'Opposizione dal partito, la burocrazia ha volutamente enfatizzato i nomi dei membri ebrei di secondaria importanza. Ciò fu discusso piuttosto apertamente all'interno del partito, e, indietro sino al 1925, l'Opposizione vide in questa situazione un lampante sintomo del decadimento della cricca dominante.
Dopo che Zinov'ev e Kamenev si sono uniti all'Opposizione, la situazoine è cambiata radicalmente in peggio. A questo punto si è creata una grande e perfetta occasione per dire ai lavoratori che a capo dell'Opposizione stavano tre "insoddisfatti intellettuali ebrei". Sotto la direzione di Stalin, Uglanov a Mosca e Kirov a Leningrado hanno portato avanti sistematicamente e quasi completamente allo scoperto questa linea. In modo da dimostrare più nettamente agli operai le differenze tra il "vecchio" corso ed il "nuovo", gli ebrei, anche quando incondizionatamente devoti alla linea generale, furono rimossi dai posti di responsabilità che ricoprivano all'interno del partito e dei Soviet. Non solo nelle campagne, ma anche nelle industrie di Mosca l'accanimento contro l'Opposizione a partire dal 1926 assume spesso un completamente ovvio carattere antisemita. Molti agitatori parlavano sfacciatamente: "Gli ebrei sono nulla". Io ho ricevuto centinaia di lettere che deploravano i metodi antisemiti utilizzati nella lotta contro l'Opposizione. Ad una delle sessioni del Politburo, io scrissi un appunto a Bucharin: "Tu non puoi non sapere che nella battaglia contro l'Opposizione vengono utilizzati metodi demagoghi da Cento Neri (antisemitismo, ecc.)". Bucharin mi rispose evasivamente sullo stesso pezzo di carta: "Esempi personali sono certamente possibili". Io scrissi nuovamente: "Io non sto pensando ad esempi individuali, ma ad una sistematica agitazione portata avanti nelle grandi imprese moscovite. Sarai d'accordo a venire con me per investigare su un esempio di ciò alla fabbrica di 'Skorokhod' (ne conosco altri di tali esempi)". Bucharin rispose: "Va bene, possiamo andarci". Invano ho tentato di fargli mantenere questa promessa. Stalin gli ha categoricamente vietato di farlo. Nei mesi della preparazione dell'espulsione dell'Opposizione, degli arresti, degli esili (avvenuti nella seconda metà del 1927), l'agitazione antisemita assunse un carattere completamente sfrenato. Lo slogan, "Battere l'Opposizione", spesso ha preso l'aspetto del vecchio slogan "Battere gli ebrei e salvare la Russia". La faccenda andò così lontano da costringere Stalin a pubblicare una dichiarazione scritta che affermava: "Noi lottiamo contro Trotsky, Zinov'ev e Kamenev non perché essi sono ebrei ma perché sono Oppositori", ecc. Ad ogni persona politicamente pensante fu completamente chiaro che questa dichiarazione volontariamente equivoca, diretta contro gli "eccessi" di antisemitismo, allo stesso tempo nutriva con completa premeditazione questo sentimento. "Non scordate che i leader dell'Opposizione sono - ebrei". Questo fu il significato della dichiarazione di Stalin, pubblicata in tutti i giornali sovietici.
Quando l'Opposizione, per affrontare direttamente la repressione, procedette in una più decisiva ed aperta battaglia, Stalin, nella forma di una "burla" assai significativa, disse a Piatakov e Preobrazhensky: "Voi almeno state lottando contro il CE brandendo pubblicamente le vostre asce. Questo prova 'l'ortodossia' delle vostre azioni. Trotsky invece lavora astutamente e senza accetta". Preobrazhensky e Piatakov mi riferirono di questa conversazione con sommo disgusto. Dozzine di volte Stalin ha tentato di contrapporre a me il cuore "ortodosso" dell'Opposizione.
Il ben noto giornalista radicale tedesco, ex-editore di Aktion, Franz Pfemfert, ora in esilio, mi scrisse nell'agosto 1936:
"Forse ricordi che molti anni fa io dichiarai su Aktion che molte azioni di Stalin possono trovar spiegazione nelle sue tendenze antisemite. Il fatto che in questo mostruoso processo lui, per mezzo di Tass, è stato capace di 'correggere' i nomi di Zinov'ev e Kamenev rappresenta, di per sé, un gesto di stile tipicamente Streicheriano. In questo modo Stalin ha dato il segnale di 'Via' a tutti i senza scrupoli elementi antisemiti".
Di fatto i nomi Zinov'ev e Kamenev, sembrerebbe, sono più famosi dei nomi Radomislyski e Rozenfeld. Quali altri motivi potrebbe aver avuto Stalin di far conoscere il "vero" nome delle sue vittime, eccetto quello di far leva sugli umori antisemiti? Tale atto, privo della minima giustificazione legale, fu, come abbiamo visto, similmente compiuto sul nome di mio figlio. Ma, indubbiamente, la cosa più sorprendente è il fatto che tutti e quattro i "terroristi" secondo quanto si dice mandati da me dall'estero, risultano essere tutti ebrei e - allo stesso tempo - agenti dell'antisemita Gestapo! Giacché io non ho mai visto nessuno di questi sfortunati, è chiaro che il GPU ha deliberatamente scelto loro a causa delle loro origini razziali. E il GPU non agisce di sua propria iniziativa!
Ancora: se tali metodi sono utilizzati nelle alte sfere, laddove la responsabilità di Stalin è assolutamente inquestionabile, allora non è difficile immaginare ciò che accade nel resto della società, nelle fabbriche e specialmente nei kolkhoz. E come potrebbe essere altrimenti? Lo sterminio fisico della vecchia generazione bolscevica è, per qualsiasi individuo pensante, un'incontrovertibile espressione della reazione termidoriana, e nel suo stadio più avanzato. La storia non ha mai visto alcun esempio in cui la reazione che ha seguito l'ondata rivoluzionaria non sia stata accompagnata dalle più sfrenate passioni scioviniste, antisemite su tutte.
Nell'opinione di alcuni "amici dell'URSS", i miei riferimenti allo sfruttamento di tendenze antisemite da parte di una fetta considerevole della presente burocrazia, rappresentano una maliziosa invenzione costruita allo scopo di lottare contro Stalin. È difficile discutere con "amici" di professione della burocrazia. Queste persone negano l'esistenza della reazione termidoriana. Essi accettano persino i processi di Mosca nel loro valore di facciata. Non esistono "amici" che visitano l'URSS con l'intenzione di trovarvi macchie. Non pochi di essi ricevono speciali pagamenti per la loro solerzia nel guardare solo ciò che viene loro indicato dal dito della burocrazia. Ma disgrazia a quei lavoratori, rivoluzionari, socialisti e democratici che, nelle parole di Pushkin, preferiscono "un'illusione che ci esalti" all'amara verità. Uno deve prendere la vita così come è. È necessario trovare nella realtà medesima la forza per sconfiggere le sue caratteristiche reazionarie e barbariche. Questo è ciò che il marxismo ci insegna.
Alcuni aspiranti "eruditi" hanno perfino accusato me d'avere "improvvisamente" sollevato la "questione ebraica" e di voler creare qualche sorta di ghetto per gli ebrei. Io posso solo scrollarmi le spalle per compassione. Ho vissuto la mia vita intera al di fuori dei circoli ebraici. Ho sempre lavorato nel movimento proletario russo. Sfortunatamente non ho neppure imparato a leggere la lingua ebraica. La questione ebraica non ha mai occupato il centro della mia attenzione. Ma ciò non significa ch'io ho il diritto di chiudere gli occhi di fronte al problema ebraico che esiste e che richiede una soluzione. "Gli Amici dell'URSS" si sentono soddisfatti con la creazione di Birobidjan. Io non mi soffermerò a questo punto su considerazioni sul fatto se esso sia stato o meno costruito su solide basi, o su che tipo di regime lì esista. (Birobidjan non può far altro che riflettere i vizi del dispotismo burocratico). Ma neppure un singolo individuo pensante e progressista si opporrà al fatto che l'URSS ha designato uno speciale territorio per quei cittadini che si sentono ebrei, che usano la lingua ebraica preferendola a tutte le altre e che desiderano vivere come una massa compatta. È o non è questo un ghetto? Durante il periodo della democrazia sovietica, di migrazioni completamente volontarie, non si sarebbe potuto parlare di ghetti. Ma la questione ebraica, per la maniera in cui la sistemazione degli ebrei è stata portata avanti, assume un aspetto internazionale. Non abbiamo forse ragione nel dire che una federazione socialista mondiale avrebbe reso possibile la creazione di una "Birobidjan" per quegli ebrei che avessero desiderato avere una propria autonoma repubblica come arena della propria cultura? Si può assumere che una democrazia socialista non farebbe ricorso all'assimilazione forzata. Potrebbe tranquillamente darsi che entro due o tre generazioni i confini di una repubblica ebrea indipendente, come di molte altre regioni nazionali, vengano cancellati. Non ho né il tempo né il desiderio di meditare su questo fatto. I nostri discendenti sapranno meglio di noi cosa occorre fare. Io sto pensando ad un periodo storico di transizione nel quale la questione ebraica, come tale, è ancora acuta e richiede adeguate misure da parte della federazione mondiale degli stati proletari. Gli identici metodi usati per risolvere la questione ebraica, che sotto il decadente capitalismo hanno carattere utopico e reazionario (Sionismo), prenderanno, sotto un regime di socialista federato, un significato reale e salutare. Questo è ciò che io volevo evidenziare. Potrebbe un qualsiasi marxista, o persino un qualsiasi coerente democratico, obiettare a ciò?
Ultima modifica 25.09.2000