Nel periodo postbellico il ciclo economico non è caratterizzato più da un meccanismo normale di sviluppo capitalistico, dato che il sistema nel suo complesso è in una fase di declino. Ad ogni modo, questo non significa certo che le fasi di crescita e caduta dell’economia siano state relegate a ricordi del passato. È vero che, subito dopo la Grande Guerra, tali fasi hanno perso il proprio carattere ciclico ed universale, almeno per quanto riguarda la fase di ripresa. Ma in ogni caso, entrambe queste fasi sono ancora ben presenti al giorno d’oggi, almeno fino a un certo punto.
La crisi attuale ha un carattere mondiale. Questo significa che l’economia mondiale, il cui funzionamento regolare si è interrotto durante la guerra, ha ritrovato il suo corso nonostante tutte le barriere doganali e ha dato prova della sua potenza nel modo più doloroso. Ci sono tutte le ragioni per ritenere che l’imminente tendenza alla ripresa commerciale - non ovunque e certamente non con la stessa forza - assumerà un carattere mondiale. In altre parole, nella crisi attuale si è ripristinato il carattere ciclico dell’economia capitalistica.
Naturalmente nella prossima fase non ci aspettiamo cicli veri e propri. Nei decenni precedenti la guerra, le crisi avevano l’aspetto di interruzioni brevi e non troppo profonde, mentre ogni ripresa staccava di parecchio il punto più alto della precedente. Ma adesso dobbiamo aspettarci l’opposto: crisi profonde, lunghe e dolorose, mentre le fasi di crescita sono deboli e brevi. Se i cicli della fase precedente avevano movimenti ascendenti ampi, i nuovi non possono che rispecchiare la fase di declino del capitalismo.
Ma l’influenza dei cambiamenti ciclici rimane enorme sulla vita delle grandi masse. In un certo senso questa influenza non è mai stata così grande.
L’epoca attuale del capitalismo soddisfa pienamente i prerequisiti per la rivoluzione proletaria. A rimanere indietro è la coscienza del proletariato, la sua organizzazione, la sua direzione. A causa della generale instabilità nell’equilibrio sociale, le fluttuazioni congiunturali portano a cambiamenti enormi all’interno del potere politico, a sconvolgimenti rivoluzionari e controrivoluzionari.
La borghesia mondiale, e con essa la socialdemocrazia, aspetta la nuova ripresa nel commercio e nell’industria come la propria salvezza. I teorici del Comintern temono una tale prospettiva e negano la possibilità di una fase di ripresa nella curva del ciclo economico. Per noi Marxisti è perfettamente chiaro che la ripresa dell’attività economica non porterà a una via d’uscita chiara dalla crisi, ma porterà a una nuova, ancora più profonda e dolorosa crisi. D’altro canto, è perfettamente evidente l’inevitabilità di un cambiamento, che si avvicina, del ciclo economico. Dobbiamo attrezzarci teoricamente per il prossimo “periodo dopo la crisi” e scegliere un corretto punto di partenza.
Gli anni di crisi hanno gettato e continuano a gettare indietro il proletariato internazionale per tutto un periodo storico. Il malcontento, il desiderio di sfuggire alla povertà, l’odio per gli sfruttatori e per il loro sistema, tutti questi sentimenti che ora vengono repressi e interiorizzati dalla disoccupazione massiccia e dalla repressione governativa, riemergeranno con raddoppiata energia al primo vero segnale di ripresa industriale.
A causa della situazione generale del capitalismo oggi, perfino nelle fasi di crescita sostanziale, i padroni non saranno nella condizione di fare ai lavoratori concessioni tali da riuscire a confinare la lotta entro i margini della gestione sindacale. Possiamo prevedere con certezza che la ripresa industriale non consentirà un ritorno a quelle condizioni di lavoro che erano prevalenti prima della crisi. I conflitti economici non solo prenderanno un’ampia portata ma inevitabilmente si evolveranno anche in movimenti politici dalle caratteristiche rivoluzionarie.
Il Comintern deve sradicare gli ultimi retaggi della politica del “terzo periodo”, deve cominciare a investigare concretamente il terreno economico e sociale della lotta e deve smettere di emettere ordini dittatoriali all’avanguardia proletaria, ma attraverso di essa deve guidare il reale sviluppo della lotta di classe.
In primo luogo bisogna lavorare nei sindacati. Bisogna rifiutare tanto il “terzo periodo” di Lozovsky quanto quello di Manuilsky (1) e porre fine alla politica di autoisolamento. Si deve porre con la più grande chiarezza la questione dell’unità del movimento sindacale tedesco attraverso l’integrazione di tutti i membri della RGO (2) tra le masse dei “sindacati liberi”. Tutti i membri del partito che possono devono essere obbligati a lavorare in un sindacato.
Lo sviluppo della lotta economica porrà compiti enormi alla burocrazia riformista. Lo sfruttamento delle loro difficoltà deve essere affiancata a una tattica flessibile ed energica di fronte unico sindacale.
Che l’Opposizione di sinistra, nonostante i suoi piccoli numeri, può giocare un posto onorevole nella lotta di massa è mostrato dall’esperienza dei compagni belgi (3). In ogni caso, è compito dell’Opposizione di sinistra porre chiaramente le questioni di fronte al partito, sottolineare le prospettive generali e formulare le parole d’ordine della lotta. Soprattutto ora l’Opposizione di sinistra non può permettersi di rimanere un circolo di propaganda chiuso, ai margini del reale sviluppo della lotta di classe.
Ogni bolscevico-leninista deve essere membro di questa o quella organizzazione di massa, soprattutto sindacale. Solo in questo modo la nostra organizzazione metterà mano al cuore pulsante della classe operaia e compirà il proprio ruolo di avanguardia dell’avanguardia.
Il compagno statunitense Field, che è familiare con i problemi dell’economia mondiale, ha preparato su mia richiesta una prima valutazione delle tendenze cicliche immediate del commercio mondiale. Le conclusioni a cui giunge il compagno Field sono molto caute. Tutti coloro che tengono conto della complessità dei fattori che determinano cambiamenti nel ciclo economico comprenderanno e apprezzeranno la cautela della prognosi. Il nostro compito non è quello di fare delle ipotesi ma di porre le questioni in modo corretto, seguire gli sviluppi degli avvenimenti e trarre conclusioni corrette in tempo.
Ho richiesto che il Segretariato Internazionale mandi queste righe insieme al documento del compagno Field a tutte le sezioni come materiale di discussione. È perfettamente chiaro che la nostra conferenza internazionale dovrà esprimersi su questa importante questione.
Il compagno Field (4) ha avuto un conflitto con la Lega Americana che lo ha portato all’espulsione dalla nostra sezione americana. La mia collaborazione con il compagno Field è esclusivamente di carattere personale e non ha alcun legame con la vita interna della Lega Americana.
(1)Solomon Lozovsky (1878-1952) era un dirigente del Profintern (Unione rossa internazionale del lavoro). “Il terzo periodo di Lozovsky” si riferisce alle posizioni politiche ultrasinistre ed avventuriste nel movimento sindacale, mentre quello di Manuilsky a quelle sul terreno politico. Lozovsky fu giustiziato su ordine di Stalin durante la sua campagna antisemita.
(2)RGO sono le iniziali tedesche per Opposizione sindacale rivoluzionaria, una piccola organizzazione sindacale organizzata dal Partito Comunista Tedesco nel 1929 per competere con l’ADGB ( Federazione sindacale generale tedesca, altresì detta sindacato libero), la maggiore organizzazione sindacale, guidata dalla socialdemocrazia. Alla fine del 1930 la ADGB aveva almeno 5 milioni di iscritti la RGO poco meno di 150 mila.
(3) I dirigenti dell’Opposizione di sinistra belga in quell’epoca stavano giocando un ruolo dirigente nello sciopero dei minatori di Charleroi.
(4) B. J. Field era stato da poco espulso dalla CLA (Lega Comunista Americana) di New York, e si era recato in Turchia dove si era offerto di collaborare con Trotsky su una serie di progetti.
Ultima modifica 9-12-2009