L'ancora isolata Rivoluzione d'Ottobre completa ora il suo quindicesimo anno. Questo semplice numero testimonia al mondo intero l'enorme forza naturale dell'unico stato proletario. Nessuno di noi, neanche i più ottimisti, aveva previsto tale duratura vitalità. Ma ciò non è sorprendente: poiché l'ottimismo riguardo un isolato stato proletario avrebbe comportato pessimismo verso la rivoluzione internazionale.
Leader e masse vedevano la Rivoluzione d'Ottobre come nient'altro che la prima fase della rivoluzione mondiale. Nell'anno 1917 l'idea di costruire il socialismo nell'isolata Russia non era né formulata, né avanzata, né difesa da nessuno. Ciò è vero anche per gli anni seguenti; la ricostruzione economica era considerata, dall'intero partito e senza eccezioni, come il processo per la costruzione dei fondamenti materiali per la dittatura proletaria, come la costruzione di una sicura alleanza economica (smyohka) tra città e campagna; ed infine come la preparazione di punti di supporto per la futura società socialista, che può essere costruita solo su basi internazionali.
Il sentiero della rivoluzione mondiale s'è dimostrato incommensurabilmente più lungo e tortuoso di quello che, quindici anni fa, noi ci aspettavamo e speravamo. Alle difficoltà esterne (delle quali il ruolo storico del riformismo ha dimostrato d'essere la più importante) si sono alleate difficoltà interne: soprattutto la politica, falsa nelle sue fondamenta e fatale nelle sue conseguenze, degli indegni successori della leadership dell'ottobre del 1917. la burocrazia del primo stato operaio - inconsapevolmente, ma nondimeno decisamente - intralcia la portata in essere del secondo stato operaio. Il nodo burocratico dev'essere slegato o tagliato in modo da liberare l'avanzamento della rivoluzione mondiale.
Sebbene i tempi dello sviluppo non siano rimasti entro le prospettive immaginate da noi, noi abbiamo, comunque, stimato accuratamente le fondamentali forze motrici e le loro leggi. Ciò si applica completamente anche al problema dello sviluppo economico della Russia sovietica. Le moderne forze produttive non possono essere rinchiuse entro confini nazionali attraverso risoluzioni o incantesimi. Quello dell'autosufficienza nazionale è un ideale di Hitler, ma non di Marx e né di Lenin. Socialismo e isolazionismo nazionale sono mutuamente esclusivi. Oggi, come quindici anni fa, il programma di una società socialista in un solo paese è utopico e reazionario.
I successi economici dell'Unione Sovietica sono molto grandi. Ma proprio in questo quindicesimo anniversario gli antagonismi e le difficoltà hanno raggiunto un'acutezza minacciosa. Ineguale sviluppo, arretratezza, sproporzioni, non raggiungimento di piani, tutto ciò parla prima di tutto di leadership che non funziona. Ma non solo di questo. Essi ci avvertono anche che la costruzione di una società armonica è possibile solo attraverso un'interrotta serie di esperimenti da effettuare nel corso dei decenni: e non altrimenti che su basi internazionali. Gli ostacoli tecnici e culturali, la frattura tra città e campagna, le difficoltà nelle importazioni e nelle esportazioni - tutto ciò testimonia il fatto che la Rivoluzione d'Ottobre necessita una sua continuazione internazionale. L'internazionalismo non è un costume rituale, esso è questione di vita o di morte.
Non ci sarà scarsità di articoli e discorsi per l'anniversario. La maggioranza di essi verrà da coloro che, nell'ottobre 1917, erano irriconciliabili avversari della rivoluzione proletaria. Da questi gentiluomini, noi, bolscevichi-leninisti, saremo chiamati "contro-rivoluzionari". Non è la prima volta che la Storia si è concessa tali scherzi, e noi non siamo arrabbiati con lei per questo motivo. Perché, nel complesso, anche se con confusione e lentezza, essa nondimeno compie il suo lavoro.
E noi faremo il nostro!
Ultima modifica 17.9.2000