Non è vero che l’arte rivoluzionaria può essere creata esclusivamente dai proletari. Proprio per il fatto che la rivoluzione è una rivoluzione proletaria essa sprigiona (per ripetere ciò che già è stato detto) poca energia proletaria da dedicare all’arte. Durante la Rivoluzione francese, le più grandi opere che la riflettevano, direttamente o indirettamente, furono create non da artisti francesi, bensì da tedeschi, inglesi ed altri. La borghesia francese, che era direttamente intenta a fare la rivoluzione, non poteva rinunciare ad una tale quantità di forze sufficiente a ricreare e a perpetuare la sua impronta. Ciò è maggiormente vero per quel che riguarda il proletariato che, seppure abbia una cultura politica, ha ben poca cultura artistica. L’intellighenzia, oltre ai vantaggi delle sue qualifiche formali, detiene anche l’odioso privilegio di mantenere una posizione politica passiva, che è segnata da un maggior o minor grado di ostilità o simpatia nei confronti della Rivoluzione d’ottobre.
Non è sorprendente, quindi, che questa intellighenzia contemplativa sia in grado di dare, e in effetti dia, una miglior rappresentazione artistica della rivoluzione rispetto al proletariato che ha fatto la rivoluzione, seppure le rappresentazioni dell’intellighenzia siano in qualche modo stonate. Conosciamo molto bene le limitazioni politiche, l’instabilità e l’inaffidabilità dei compagni di viaggio 1. Ma se dovessimo eliminare Pilnyak, con il suo L’anno nudo, la “Fraternità Serapion” con Vsevold Ivanoy, Tikhonoy e Polonskaya, se dovessimo eliminare Mayakovsky e Eannin, rimarrebbe qualcosa a parte qualche cambiale non riscossa di una letteratura proletaria futura? Specialmente Demyan Byedny, che non viene contato tra i compagni di viaggio e che, speriamo, non potendo essere collegato alla letteratura rivoluzionaria, non venga collegato a quella proletaria nel senso definito dal manifesto di Kuznitsa 2. Che cosa rimarrebbe allora?
Ciò significa forse che il partito, alquanto in contrasto con la sua natura, occupa una posizione meramente eclettica nel mondo dell’arte? Questa tesi che appare così schiacciante è in realtà estremamente infantile. Il metodo marxiano offre l’opportunità di valutare lo sviluppo della nuova arte, di rintracciare tutte le sue risorse e di agevolare le tendenze più progressiste attraverso un’illuminazione critica della strada, ma non fa più di questo. L’arte deve trovare la propria via con i propri mezzi. I metodi marxiani non sono quelli artistici. Il partito guida il proletariato ma non i processi storici della storia. Ci sono domini in cui il partito ha un comando diretto e perentorio. Ci sono domini in cui si limita a cooperare. Ci sono, infine, domini in cui si limita ad orientarsi. Il dominio dell’arte non è tra quelli in cui il partito è chiamato al comando. È suo compito proteggerlo e aiutarlo, ma può solo guidarlo indirettamente. Il partito deve dare i meriti della sua baldanza a vari gruppi artistici, che si sforzano sinceramente di avvicinarsi alla rivoluzione e in tal modo fornirne una formulazione artistica. E in ogni modo, il partito non potrà e non prenderà la posizione di un circolo letterario che lotta ed è in mera competizione con altri circoli letterari.
Il partito salvaguarda gli interessi storici della classe operaia nella sua interezza. Poiché stende coscientemente ed accuratamente le fondamenta per una nuova cultura, e perciò per una nuova arte, esso non reputa i compagni di viaggio in competizione con gli scrittori della classe operaia, bensì li concepisce come gli aiutanti autentici o potenziali della classe operaia nella grande opera di ricostruzione. Il partito comprende il carattere episodico di gruppi letterari in un periodo di transizione e li valuta non dal punto di vista dalla classe di appartenenza dei singoli gentiluomini letterati, ma dal punto di vista della posizione che questi gruppi occupano e possono occupare nel preparare una cultura socialista.
Se oggi non è possibile determinare la posizione di un qualsiasi gruppo dato, allora il partito in quanto partito aspetterà pazientemente e pacatamente. Singoli critici o lettori potranno simpatizzare in anticipo con uno dei gruppi. Il partito, nella sua interezza, protegge gli interessi storici della classe operaia e deve essere più oggettivo e saggio. La sua cautela deve essere duplice. Se il partito non approva il manifesto di Kuznitsa ciò non significa che respinga a priori un qualsiasi gruppo dato, compresi quelli dell’intellighenzia, nella misura in cui tale gruppo cerchi di avvicinarsi alla rivoluzione e cerchi di rafforzare i collegamenti (il collegamento costituisce sempre un punto debole) tra la città e il villaggio, o tra i membri del partito e i non-partigiani, o tra l’intellighenzia e i proletari 3.
Tuttavia, un approccio del genere non implica forse che il partito si troverà ad avere un fianco scoperto sul campo dell’arte? Questa è una grossa esagerazione. Il partito rinnegherà le tendenze artistiche apertamente velenose e distruttive e guiderà se stesso seguendo i suoi valori politici. Ciò nonostante, è vero che è meno protetto sul fronte artistico rispetto a quello politico. Ma non è forse vero lo stesso per la scienza? Che cosa diranno i metafisici di una scienza puramente proletaria sulla teoria della relatività? Può o non può essere compatibile col materialismo? Si è risolta questa questione? Dove e quando e da chi? È chiaro a tutti, anche ai non iniziati, che l’opera del nostro fisiologo Pavlov è concepita sulla scia del materialismo. Ma cosa dire sulla teoria della psicoanalisi di Freud? Può essere riconciliata col materialismo come crede Karl Radek (ed io con lui), o vi è ostile?
Lo stesso quesito può essere applicato a tutte le nuove teorie sulla struttura dell’atomo ecc., ecc. Sarebbe una buona cosa se ci fosse uno scienziato in grado di afferrare metodologicamente tutte queste generalizzazioni e inserirle nella concezione dialettica e materialistica del mondo. Egli potrebbe in tal modo verificare le nuove teorie e contemporaneamente sviluppare più a fondo il metodo dialettico. Ma temo proprio che un tale lavoro (che non è un semplice quotidiano o un articolo giornalistico ma una pietra miliare scientifica e filosofica, al pari de L’origine delle specie e Il Capitale) non verrà creato né oggi né domani, o meglio, se un libro epocale del genere fosse creato oggi, rischierebbe di rimanere intonso fino al giorno in cui il proletariato sia in grado di deporre le armi.
Ma il lavoro di diffondere la cultura, ovvero il lavoro di acquisire le basi della cultura pre-proletaria, presuppone un parametro di critica, selezione e classe? Ovviamente sì. Ma si tratta di un parametro politico e non culturale astratto. Il parametro politico coincide con quello culturale solo nel caso generale in cui la rivoluzione crea condizioni favorevoli per una cultura nuova. Tuttavia ciò non significa che una tale convergenza sia assicurata in ogni caso. Se la rivoluzione ha il diritto di distruggere ponti e monumenti artistici qualora sia necessario, non si tratterrà dall’intervenire su ogni tendenza artistica che, a prescindere dalla grandezza delle sue conquiste formali, minacci di disintegrare l’ambiente rivoluzionario o di mettere l’una contro l’altra le forze interne della rivoluzione, ovvero il proletariato, i contadini e l’intellighenzia. Il nostro parametro è apertamente politico, imperativo e intollerante. Ma proprio per questa ragione ha il dovere di definire in modo chiaro i limiti della sua attività. Per esprimermi in modo più cristallino dirò: dovremmo avere un sistema di censura rivoluzionario attento e una politica vasta e flessibile nel campo dell’arte, libera dalle meschine malevolenze partigiane …
Quando i futuristi propongono di gettare a mare la vecchia letteratura dell’individualismo, non solo perché è diventata antiquata nella forma, ma anche perché contraddice la natura collettivista del proletariato, rivelano una comprensione della natura dialettica della contraddizione tra individualismo e collettivismo del tutto inadeguata. Non ci sono verità astratte. Ci sono diversi tipi di individualismo. A causa di un eccesso di individualismo, una parte della intellighenzia pre-rivoluzionaria si è data al misticismo, ma una seconda parte si è mossa lungo le linee caotiche del futurismo e, presa dalla rivoluzione (sia detto a nome del loro onore), si è avvicinata al proletariato. Ma nel momento in cui coloro che si sono avvicinati poiché irritati dall’individualismo trasmettono il loro sentimento al proletariato, si mostrano colpevoli di egocentrismo, ovvero di individualismo estremo. Il problema è che il proletario medio manca proprio di questa qualità. Nella massa, l’individualità del proletario non si è sufficientemente formata e differenziata.
È solo quest’innalzamento della qualità oggettiva e della coscienza soggettiva dell’individualità che costituisce il contributo di maggior valore del progresso culturale alla soglia del quale ci troviamo oggi. È infantile pensare che le belles lettres borghesi possano fare breccia nella solidarietà di classe. Ciò che l’operaio trarrà da Shakespeare, Goethe, Pushkin o Dostoyevsky sarà un’idea più complessa della personalità umana, delle passioni e dei sentimenti, una coscienza più profonda delle forze psichiche e il ruolo del subconscio, etc. In ultima istanza, l’operaio si arricchirà. Inizialmente, Gorky era imbevuto del individualismo romantico del viandante. Nondimeno, alimentò i primi germogli del rivoluzionarismo proletario alla vigilia del 1905, poiché contribuì a risvegliare l’individualismo in quella classe in cui l’individualità, una volta risvegliata, ricerca il contatto con altre individualità risvegliate. Il proletario è in cerca di nutrimento artistico e di educazione, ma ciò non significa che il proletario sia mera argilla che gli artisti, quelli scomparsi e quelli che verranno, possano modellare a loro immagine e piacimento.
Sebbene il proletario sia spiritualmente, e pertanto artisticamente molto sensibile, è esteticamente incolto. È a malapena ragionevole pensare che possa semplicemente cominciare dal punto in cui l’intellighenzia era rimasta alla vigilia della catastrofe. Proprio come un individuo passa biologicamente e psicologicamente attraverso la storia della sua razza e, in qualche modo, dell’intero mondo animale nel suo sviluppo dall’embrione, così, in una certa maniera, la grande maggioranza di una nuova classe che solo di recente è uscita dalla sua fase preistorica, deve passare attraverso la storia intera della cultura artistica. Questa classe non può avviare la costruzione di una nuova cultura senza assorbire e assimilare gli elementi delle culture passate. Ciò non significa assolutamente che è necessario percorrere passo per passo, lentamente e sistematicamente, l’intera storia dell’arte passata. Fintanto che si parli di una classe sociale e non un individuo biologico, il processo di assorbimento e trasformazione ha un carattere più libero e consapevole. Ma una nuova classe non può fare progressi senza le pietre miliari più importanti del passato …
Non è ancora nata un’arte rivoluzionaria. Ci sono gli elementi di quest’arte, ci sono indizi e tentativi e, cosa più importante, c’è l’uomo rivoluzionario, che sta forgiando la nuova generazione a sua immagine e che ha sempre più bisogno di quest’arte. Quanto tempo ci vorrà perché quest’arte si riveli in modo chiaro? È difficile indovinare, poiché il processo è intangibile e incalcolabile, e siamo limitati alle congetture anche quando proviamo a determinare i tempi di processi sociali più tangibili. Ma perché quest’arte non dovrebbe, o almeno la sua prima grossa ondata, arrivare presto come espressione dell’arte della giovane generazione nata durante la rivoluzione e che la porta avanti? L’arte rivoluzionaria che riflette inevitabilmente tutte le contraddizioni di un sistema sociale rivoluzionario, non dovrebbe essere confusa con l’arte socialista per la quale ancora non sono state gettate le basi. D’altra parte, non bisogna dimenticare che l’arte socialista nascerà dall’arte di questo periodo di transizione.
Nell’insistere su tale distinzione, non siamo affatto guidati da una considerazione pedantesca di un programma astratto. Non a caso Engels parlava della rivoluzione socialista come un balzo dal regno della necessità al regno della libertà. La rivoluzione in sé non costituisce il regno della libertà; al contrario, sta sviluppando le caratteristiche della “necessità” al massimo grado. Il socialismo abolirà gli antagonismi di classe, così come le classi, ma la rivoluzione porta la lotta di classe alla sua tensione massima. Durante il periodo della rivoluzione, solo la letteratura che promuove la consolidazione degli operai nella lotta contro gli sfruttatori è considerata necessaria e progressista. La letteratura rivoluzionaria non può che essere imbevuta di uno spirito di ostilità sociale, che è un fattore storico creativo in un’epoca di dittatura proletaria. Sotto il socialismo, la solidarietà costituirà la base della società. La letteratura e l’arte risponderanno ad altri canoni. Tutte le emozioni che noi rivoluzionari, nel tempo presente, abbiamo timore di nominare (tanto sono state logorate da persone ipocrite e volgari) come l’amicizia disinteressata, l’amore per il prossimo e la comprensione saranno i potenti e squillanti accordi della poesia socialista.
Tuttavia, non è forse vero che un eccesso di solidarietà, come temuto da Nietzsche, minacci di far degenerare l’uomo in un animale da branco sentimentale e passivo? Niente affatto. La forza potente della concorrenza che, nella società borghese, ha il carattere della concorrenza di mercato, non scomparirà dalla società socialista ma, per usare il linguaggio della psicoanalisi, sarà sublimata, ovvero acquisirà una forma più alta e fertile. Ci sarà da lottare per la propria opinione, per il proprio progetto, per il proprio gusto. Nella misura in cui la lotta politica verrà eliminata (e in una società dove non ci sono classi, non ci saranno simili lotte) le passioni liberate saranno incanalate in una tecnica, una costruzione che include anche l’arte. L’arte allora diventerà più generale, maturerà, acquisirà carattere e diventerà il metodo più perfetto della costruzione progressiva della vita in ogni campo. Non sarà semplicemente “bella” senza relazionarsi ad altro.
Tutte le forme di vita, compresa la coltivazione della terra, la progettazione delle abitazioni umane, la costruzione di teatri, i metodi di educare socialmente i bambini, la soluzione di problemi scientifici, la creazione di nuovi stili, coinvolgeranno vitalmente ogni individuo. Le persone si divideranno in “partiti” sulla questione di un nuovo gigante canale, o sulla distribuzione delle oasi nel Sahara (esisterà anche una simile questione), sulla regolazione del tempo e del clima, su un nuovo teatro, su ipotesi chimiche, su due tendenze musicali in competizione, e su un miglior sistema sportivo. Tali partiti non saranno avvelenati dall’avidità di classe o di casta. E nutriranno un uguale interesse nel successo della comunità intera. La lotta avrà un carattere puramente ideologico. Non ci sarà nessuna corsa all’arricchimento, non ci sarà nulla di malvagio, nessun tradimento, nessuno degli elementi che compongono l’anima della “concorrenza” tipica di una società divisa in classi. Ma ciò non impedirà in alcun modo alla lotta di essere coinvolgente, drammatica e appassionata.
E poiché tutti i problemi in una società socialista (i problemi della vita che prima venivano risolti in modo spontaneo e automatico, e i problemi dell’arte che venivano custoditi di caste clericali ben precise) diventeranno proprietà della comunità, si può dire con certezza che gli interessi collettivi, le passioni e la concorrenza tra gli individui avranno i più ampi obiettivi e le più illimitate opportunità. L’arte, dunque, non soffrirà la mancanza di una simile esplosione di energia collettiva e nervosa e di simili impulsi psichici collettivi che servono alla creazione di nuove tendenze artistiche e cambiamenti stilistici. I “partiti” si raccoglieranno attorno alle scuole d’estetica, ovvero associazioni di caratteri, gusti e umori. In una lotta così disinteressata e tesa basata in una cultura cui fondamenta si stanno innalzando solide, la personalità umana, con il suo inestimabile scontento continuo, crescerà e levigherà tutti i suoi aspetti. In realtà, non abbiamo motivo di temere un declino dell’individualità o un impoverimento dell’arte nella società socialista …
(1) La perifrasi “compagni di viaggio” viene utilizzata da Trotsky in riferimento ad artisti e scrittori in linea con la rivoluzione ma che non vi partecipavano necessariamente in modo attivo. (NdT)
(2)Questo periodo appare confuso nella versione inglese da cui il testo è tradotto, di conseguenza potrebbe presentare incongruenze.(NdT)
(3) Questo periodo risulta confuso nella versione inglese da cui il testo è tradotto. Potrebbe quindi non corrispondere all’originale.(NdT)
Ultima modifica 11-02-2010