Pubblicato in "Storia del Partito Comunista", cap. 4, parte seconda nel 1938
Trascritto per il MIA da Stella rossa.
INDICE
MATERIALISMO DIALETTICO E MATERIALISMO STORICO
MATERIALISMO STORICO
MATERIALISMO DIALETTICO E MATERIALISMO STORICO
"Il mio metodo dialettico — dice Marx — non solo differisce dal metodo hegeliano nella base, ma ne è diametralmente l'opposto. Per Hegel il processo del pensiero, che egli trasforma perfino, sotto il nome di Idea, in un soggetto indipendente, è il demiurgo (il creatore) della realtà, la quale è solo la manifestazione estrinseca dell'Idea. Per me, al contrario, l'elemento ideale non è che l'elemento materiale, trasportato e trasposto nel cervello dell'uomo".
Definendo il loro materialismo Marx ed Engels si riferiscono di solito a Feuerbach, come al filosofo che ha ristabilito nei suoi diritti il materialismo. Questo però non vuol dire che il materialismo di Marx e di Engels sia identico a quello di Feuerbach. Marx ed Engels, in realtà, hanno preso dal materialismo di Feuerbach solo il "nucleo essenziale", sviluppandolo in una teoria filosofica scientifica del materialismo e respingendone le sovrapposizioni idealistiche ed etico-religiose. È noto che Feuerbach, pur essendo fondamentalmente materialista, insorgeva contro il termine materialismo. Engels ha dichiarato più di una volta che Feuerbach "malgrado la 'base' [materialistica], non si è ancora liberato dai vecchi impacci idealistici", che "il vero idealismo di Feuerbach salta agli occhi non appena si arriva alla sua filosofia della religione e alla sua etica".
Dialettica deriva dalla parola greca dialego, che significa conversare, polemizzare. Per dialettica si intendeva, nell'antichità, l'arte di raggiungere la verità, scoprendo le contraddizioni racchiuse nel ragionamento dell'avversario e superandole. Alcuni filosofi dell'antichità ritenevano che la scoperta delle contraddizioni nel pensiero e il cozzo delle opposte opinioni fossero il mezzo migliore per scoprire la verità.
Questo modo dialettico di pensare, esteso in seguito ai fenomeni della natura, è diventato il metodo dialettico di conoscenza della natura, metodo secondo il quale i fenomeni della natura sono perpetuamente in moto e in trasformazione e lo sviluppo della natura è il risultato dello sviluppo delle contraddizioni nella natura, il risultato dell'azione reciproca delle forze opposte nella natura. Nella sua essenza, la dialettica è diametralmente l'opposto della metafisica.
Il metodo dialettico marxista è caratterizzato dai seguenti tratti essenziali:
a) Contrariamente alla metafisica, la dialettica considera la natura non come un ammasso casuale di oggetti, di fenomeni, staccati gli uni dagli altri, isolali e indipendenti gli uni dagli altri, ma come un tutto coerente unico, nel quale gli oggetti, i fenomeni sono organicamente collegati tra loro, dipendono l'uno dall'altro e si condizionano reciprocamente. Perciò il metodo dialettico ritiene che nessun fenomeno della natura può essere capito se preso a sè, isolatamente, senza legami coi fenomeni che lo circondano, poiché qualsiasi fenomeno, in qualsiasi campo della natura, può diventare un assurdo se lo si considera al di fuori delle condizioni che lo circondano, distaccato da esse; e, al contrario, qualsiasi fenomeno può essere compreso e spiegato se lo si considera nei suoi legami inscindibili coi fenomeni che lo circondano, condizionalo dai fenomeni che lo circondano.
b) Contrariamente alla metafisica, la dialettica considera la natura non come uno stato di riposo e di immobilità, di stagnazione e di immutabilità, ma come uno stato di movimento e di cambiamento perpetui, di rinnovamento e sviluppo incessanti, dove sempre qualche cosa nasce e si sviluppa, qualche cosa si disgrega e scompare.
Perciò il metodo dialettico esige che i fenomeni vengano considerati non solo dal punto di vista dei loro mutui legami e del loro condizionamento reciproco, ma anche dal punto di vista del loro movimento, del loro cambiamento e del loro sviluppo, dal punto di vista del loro sorgere e del loro sparire.
Per il metodo dialettico è soprattutto importante non già ciò che, a un dato momento, sembra stabile ma già comincia a deperire, bensì ciò che nasce e si sviluppa, anche se nel momento dato sembra instabile poiché per il metodo dialettico solo ciò che nasce e si sviluppa è invincibile. "La natura intera — dice Engels — dalle sue particelle infime ai corpi più grandi, dal granellino di sabbia fino al sole, dal protista [cellula vivente primitiva] fino all'uomo, si uova in un processo eterno di nascita e di distruzione, in un flusso incessante, in perpetuo movimento e cambiamento". Perciò, dice Engels, la dialettica "considera le cose e il loro riflesso mentale principalmente nelle loro relazioni reciproche, nel loro concatenamento, nel loro movimento, nel loro sorgere e sparire".
c) Contrariamente alla metafisica, la dialettica considera il processo di sviluppo non come un semplice processo di crescenza, nel quale i cambiamenti quantitativi non portano a cambiamenti qualitativi, ma come uno sviluppo che passa da cambiamenti quantitativi insignificanti e latenti a cambiamenti aperti e radicali, a cambiamenti qualitativi, uno sviluppo nel quale i cambiamenti qualitativi non si producono gradualmente ma rapidamente, all'improvviso, a salti da uno stato all'altro, e non si producono a caso ma secondo leggi oggettive, come risultato dell'accumulazione d'impercettibile e graduali cambiamenti quantitativi.
Perciò il metodo dialettico ritiene che il processo di sviluppo deve essere compreso non come un movimento circolare, non come una semplici' ripetizione di ciò che è già avvenuto, ma come un movimento progressivo, ascendente, come il passaggio dal vecchio stato qualitativo a un nuovo stato qualitativo, come uno sviluppo dal semplice al complesso, dall'inferiore al superiore. "La natura — dice Engels — è la pietra di paragone della dialettica, e le scienze naturali moderne forniscono per questa prova materiali straordinariamente ricchi, che aumentano di giorno in giorno; esse hanno così dimostrato che nella natura, in ultima istanza, tutto si compie in modo dialettico e non metafisico, che essa non si muove in un circolo eternamente identico che si ripeta perpetuamente, ma vive una storia reale. A questo proposito occorre innanzitutto ricordare Darwin, che ha inferto un durissimo colpo alla concezione metafisica della natura, dimostrando che l'intero mondo organico come esiste oggi, le piante e gli animali, e quindi anche l'uomo, è il prodotto di un processo di sviluppo che dura da milioni di anni".
Caratterizzando lo sviluppo dialettico come il passaggio dai cambiamenti quantitativi a quelli qualitativi, Engels dice:
"in fisica... ogni mutamento è un passaggio dalla quantità alla qualità, la conseguenza di un mutamento quantitativo della quantità del movimento di qualsiasi forma, insita nel corpo o a lui trasmessa. Così, per esempio, la temperatura dell'acqua non ha da principio nessuna importanza per il suo stato liquido; ma, aumentando o diminuendo la temperatura dell'acqua, giunge il momento in cui il suo stato di coesione si modifica e l'acqua si trasforma, nel primo caso in vapore, nel secondo caso in ghiaccio... Così è necessario un minimo determinato di forza della corrente elettrica perché un filo di platino diventi luminoso; così ogni metallo ha la sua temperatura di fusione; così ogni liquido, a una data pressione, ha il suo punto determinato di congelamento e di ebollizione, nella misura in cui i nostri mezzi ci permettono di ottenere le temperature necessarie; così, infine, vi è per ogni gas un punto critico in cui, mediante una pressione e un raffreddamento adeguati, lo si può far passare allo stato liquido... Le cosiddette costanti della fisica [i punti di passaggio da uno stato all'altro] non sono, nella maggior parte dei casi, che punti nodali dove, in un corpo dato, l'aumento o la diminuzione di movimento (cambiamento quantitativo) provoca un cambiamento qualitativo del suo stato, e dove quindi la quantità si trasforma in qualità".
E a proposito della chimica Engels prosegue:
"La chimica si può definire la scienza dei cambiamenti qualitativi dei corpi che si producono sotto l'influenza di cambiamenti quantitativi nei componenti dei corpi. Hegel stesso già lo sapeva... Si prenda l'ossigeno: se in una molecola si uniscono tre atomi invece di due, come ordinariamente, si ottiene l'ozono, un corpo che si distingue nettamente dall'ossigeno ordinario per il suo odore e per le sue reazioni. Che dire poi delle diverse combinazioni dell'ossigeno con l'azoto o con lo zolfo, ognuna delle quali forma un corpo qualitativamente differente da tutti gli altri corpi?".
Infine, criticando Duhring, che copre Hegel di invettive pur appropriandosi sotto mano della sua nota tesi, secondo la quale il passaggio dal regno del mondo insensibile a quello della sensazione, dal regno del mondo inorganico a quello della vita organica, è un salto a un nuovo stato, Engels dice:
"È questa la linea nodale hegeliana dei rapporti di misura, in cui un aumento o una diminuzione puramente quantitativa provoca, in punti nodali determinati, un salto qualitativo, come per esempio nel caso del riscaldamento o del raffreddamento dell'acqua, nel quale i punti di ebollizione e di congelamento rappresentano i nodi dove si compie — a una pressione normale — il salto verso un nuovo stato di aggregazione, e dove, di conseguenza, la quantità si trasforma in qualità".
d) Contrariamente alla metafisica, la dialettica parte dal principio che gli oggetti e i fenomeni della natura implicano contraddizioni interne, poiché hanno tutti un lato negativo e un lato positivo, un passato e un avvenire, elementi che deperiscono ed elementi che si sviluppano, e che la lotta tra questi opposti, tra il vecchio e il nuovo, tra ciò che muore e ciò che nasce, tra ciò che deperisce e ciò che si sviluppa, è l'intimo contenuto del processo di sviluppo, il contenuto intimo della trasformazione dei cambiamenti quantitativi in cambiamenti qualitativi.
Perciò il metodo dialettico ritiene che il processo di sviluppo dall'inferiore al superiore si operi non già attraverso un'armonica evoluzione dei fenomeni, bensì attraverso il manifestarsi delle contraddizioni inerenti agli oggetti, ai fenomeni, attraverso una "lotta" delle tendenze opposte che agiscono sulla base di queste contraddizioni.
"La dialettica nel senso proprio della parola — dice Lenin — è lo studio delle contraddizioni nell'essenza stessa delle cose".
E più avanti:
"Lo sviluppo è la 'lotta degli opposti".
Tali, in breve, i tratti fondamentali del metodo dialettico marxista. Non è difficile comprendere di quale immensa importanza sia l'estensione dei princìpi del metodo dialettico allo studio della vita sociale, allo studio della storia della società, di quale immensa importanza sia l'applicazione di questi princìpi alla storia della società, all'attività pratica del partito del proletariato. Se è vero che non vi sono al mondo fenomeni isolati, se tutti i fenomeni sono collegati tra loro e si condizionano a vicenda, è chiaro che ogni regime sociale e ogni movimento sociale, nella storia, devono essere giudicati non dal punto di vista della "giustizia eterna" o di qualsiasi altra idea preconcetta, come fanno non di rado gli storici, ma dal punto di vista delle condizioni che hanno generato quel regime e quel movimento sociale, e con le quali essi sono legati.
Il regime schiavistico, nelle condizioni attuali, sarebbe un nonsenso, sarebbe un'assurdità contro natura. Il regime schiavistico, invece, nelle condizioni del regime della comunità primitiva in decomposizione, è un fenomeno perfettamente comprensibile e logico, poiché significa un passo in avanti rispetto al regime della comunità primitiva.
Rivendicare la repubblica democratico-borghese sotto lo zarismo e nella società borghese, per esempio nella Russia del 1905, era cosa del tutto comprensibile, giusta, rivoluzionaria, perché la repubblica borghese significava allora un passo in avanti. Ma rivendicare la repubblica democratico-borghese nelle nostre attuali condizioni, nell'URSS, non avrebbe senso, sarebbe controrivoluzionario, perché la repubblica borghese è un passo indietro rispetto alla Repubblica sovietica. Tutto dipende dalle condizioni, dal luogo e dal tempo. È chiaro che, senza questo metodo storico nello studio dei fenomeni sociali, non è possibile che la scienza storica esista e si sviluppi; poiché solo un tale metodo impedisce alla scienza storica dì diventare un caos di contingenze e un cumulo dei più assurdi errori.
Proseguiamo. Se è vero che il mondo è in perpetuo movimento e sviluppo, se è vero che la scomparsa di ciò che è vecchio e la nascita di ciò che è nuovo sono una legge dello sviluppo, è chiaro che non esistono più regimi sociali "immutabili", né "princìpi eterni" di proprietà privata e di sfruttamento, né "idee eterne" di sottomissione dei contadini ai proprietari fondiari e degli operai ai capitalisti.
Vuol dire che il regime capitalista può essere sostituito dal regime socialista, nello stesso modo che il regime capitalista ha sostituito, a suo tempo, il regime feudale.
Vuol dire che è necessario fondare la propria azione non già sugli strati sociali che non si sviluppano più, ancorché rappresentino in un momento dato la forza predominante, bensì sugli strati che si sviluppano e che hanno davanti a sé l'avvenire, anche se per il momento non rappresentano la forza predominante. Nel decennio 1880-1890, al tempo della lotta dei marxisti contro i populisti, il proletariato era in Russia una piccola minoranza rispetto alla massa dei contadini, i quali formavano la stragrande maggioranza della popolazione. Ma il proletariato in quanto classe si sviluppava, mentre i contadini, in quanto classe si disgregavano. Ed è proprio perché il proletariato si stava sviluppando come classe che i marxisti fondarono la loro azione su di esso. E non si sono sbagliati perché, com'è noto, il proletariato, pur essendo allora una forza poco importante è divenuto in seguito una forza storica e politica di prim'ordine.
Vuol dire che, per non sbagliarsi in politica, è necessario guardare avanti e non indietro.
Proseguiamo. Se è vero che il passaggio dai cambiamenti quantitativi lenti a bruschi e rapidi cambiamenti qualitativi è una legge dello sviluppo, è chiaro che i rivolgimenti rivoluzionari compiuti dalle classi oppresse rappresentano un fenomeno assolutamente naturale e inevitabile.
Vuol dire che il passaggio dal capitalismo al socialismo e la liberazione della classe operaia dal giogo capitalistico non possono realizzarsi per mezzo di cambiamenti lenti, a mezzo di riforme, ma solo mediante un cambiamento qualitativo del regime capitalista, mediante la rivoluzione.
Vuol dire che, per non sbagliarsi in politica, è necessario essere un rivoluzionario e non un riformista.
Proseguiamo. Se è vero che lo sviluppo si compie attraverso il manifestarsi delle contraddizioni interne, attraverso il conflitto delle forze opposte sulla base di queste contraddizioni, conflitto destinato a superarle, è chiaro che la lotta di classe del proletariato è un fenomeno assolutamente naturale e inevitabile.
Vuol dire che non bisogna dissimulare le contraddizioni del regime capitalista, ma denunciarle e metterle in evidenza, che non bisogna soffocare la lotta di classe, ma condurla fino in fondo.
Vuol dire che, per non sbagliarsi in politica, è necessario condurre una politica proletaria intransigente di classe, e non una politica riformista di armonia tra gli interessi del proletariato e gli interessi della borghesia, e non una politica di conciliazione, di "integrazione" del capitalismo nel socialismo. Così si presenta il metodo dialettico marxista nella sua applicazione alla vita sociale, alla storia della società.
A sua volta il materialismo filosofico marxista è, per la sua essenza, esattamente l'opposto dell'idealismo filosofico.
Il materialismo filosofico marxista è caratterizzato dai seguenti tratti essenziali:
a) Contrariamente all'idealismo, che considera il mondo come l'incarnazione dell' "idea assoluta", dello "spirito universale", della "coscienza", il materialismo filosofico di Marx parte dal principio che il mondo è, per sua natura, materiale; che i molteplici fenomeni del mondo rappresentano diversi aspetti della materia in movimento; che i mutui legami e il condizionamento reciproco dei fenomeni accertati col metodo dialettico costituiscono le leggi necessarie dello sviluppo della materia in movimento; che il mondo si sviluppa secondo le leggi del movimento della materia e non ha bisogno di nessuno "spirito universale".
"La concezione materialistica del mondo — dice Engels — significa semplicemente la comprensione della natura, quale essa è, senza alcuna aggiunta estranea".
Riferendosi alla concezione materialistica esposta dal filosofo antico Eraclito, secondo il quale "il mondo è un tutto unico, che non fu creato da alcun dio né da alcun uomo, ma fu, è e sarà una fiamma eternamente vivente, che si avviva e si ammorza secondo leggi determinate", Lenin dice che è un'"eccellente esposizione dei princìpi del materialismo dialettico".
b) Contrariamente all'idealismo, il quale asserisce che solo la nostra coscienza ha un'esistenza reale, mentre il mondo materiale, l'essere, la natura esistono solo nella nostra coscienza, nelle nostre sensazioni, rappresentazioni, concetti, il materialismo filosofico marxista parte dal principio che la materia, la natura, l'essere, è una realtà oggettiva, esistente al di fuori e indipendentemente dalla coscienza; che la materia è il dato primo, perché è la fonte delle sensazioni, delle rappresentazioni, della coscienza, mentre la coscienza è il dato secondario, è un dato derivato, perché è il riflesso della materia, il riflesso dell'essere; che il pensiero è un prodotto della materia, che ha raggiunto nel suo sviluppo un alto grado di perfezione, che cioè è il prodotto del cervello, e il cervello è l'organo del pensiero; che non si può dunque separare il pensiero dalla materia se non si vuol cadere in un errore grossolano.
"Il problema supremo di tutta la filosofia — dice Engels — è quello del rapporto del pensiero coll'essere, dello spirito colla natura... I filosofi si sono divisi in due grandi campi secondo il modo in cui rispondevano a tale quesito. I filosofi che affermavano la priorità dello spirito rispetto alla natura... formavano il campo dell'idealismo. Quelli che affermavano la priorità della natura appartenevano alle diverse scuole del materialismo". E più oltre:
"... Il mondo materiale, percepibile dai sensi e a cui noi stessi apparteniamo, è il solo mondo reale... La nostra coscienza e il nostro pensiero, per quanto appaiano soprasensibili, sono il prodotto di un organo materiale, corporeo, il cervello... La materia non è un prodotto dello spirito, ma lo spirito stesso non è altro che il più alto prodotto della materia". Riferendosi al problema della materia e del pensiero, Marx dice:
"Non si può separare il pensiero dalla materia pensante.Questa materia è il substrato di tutti i cambiamenti che si operano".
Definendo il materialismo filosofico marxista, Lenin così si esprime:
"Il materialismo ammette in generale l'esistenza dell'essere reale oggettivo (la materia), indipendente dalla coscienza, dalle sensazioni, dall'esperienza... La coscienza... è solo il riflesso dell'essere, nel migliore dei casi un riflesso approssimativamente esatto (adeguato, di una precisione ideale)". E ancora:
"La materia è ciò che, agendo sui nostri organi dei sensi, produce le sensazioni; la materia è una realtà oggettiva che ci è data nelle sensazioni... La materia, la natura, l'essere, il fisico è il dato primo, mentre lo spirito, la coscienza, la sensazione, lo psichico è il dato secondario ". "Il quadro del mondo è il quadro che mostra come la materia si muova e come 'la materia pensi". "Il cervello è l'organo del pensiero".
c) Contrariamente all'idealismo, che contesta la possibilità di conoscere il mondo e le sue leggi, non crede alla validità delle nostre conoscenze, non riconosce la verità oggettiva e considera il mondo pieno di "cose in sé" le quali non potranno mai essere conosciute dalla scienza, il materialismo filosofico marxista parte dal principio che il mondo e le sue leggi sono perfettamente conoscibili, che la nostra conoscenza delle leggi della natura, verificata dall'esperienza, dalla pratica, è una conoscenza valida, che ha il valore di una verità oggettiva; che al mondo non esistono cose inconoscibili ma solo cose ancora ignote, che saranno scoperte e conosciute grazie alla scienza e alla pratica.
Criticando la tesi di Kant e degli altri idealisti, per i quali il mondo e le "cose in sé" sarebbero inconoscibili e difendendo la nota tesi materialistica circa la validità delle nostre conoscenze, Engels scrive:
"La confutazione più decisiva di questa ubbia filosofica, come del resto di tutte le altre, è data dalla pratica, particolarmente dall'esperimento e dall'industria. Se possiamo dimostrare che la nostra comprensione di un dato fenomeno naturale è giusta, creandolo noi stessi, producendolo dalle sue condizioni e, quel che più conta, facendolo servire ai nostri finì, l'inafferrabile 'cosa in sé' di Kant è finita. Le sostanze chimiche che si formano negli organismi animali e vegetali restarono 'cose in sé' fino a che la chimica organica non si mise a prepararle l'una dopo l'altra; quando ciò avvenne, la 'cosa in sé' si trasformò in una cosa per noi, come per esempio l'alizarina, materia colorante della garanza, che non ricaviamo più dalle radici della garanza coltivata nei campi, ma molto più a buon mercato e in modo più semplice dal catrame di carbone. Il sistema solare di Copernico fu per tre secoli un'ipotesi su cui vi era da scommettere cento, mille, diecimila contro uno ma pur sempre un'ipotesi. Quando però Leverrier, con i dati ottenuti grazie a quel sistema, non solo dimostrò che doveva esistere un altro pianeta ignoto fino a quel tempo, ma calcolò pure in modo esatto il posto occupato da quel pianeta nello spazio celeste, e quando in seguito Galle lo scoprì, il sistema copernicano era provato".
Accusando di fideismo Bogdanov, Bazarov, Iusckevic e altri seguaci di Mach, e difendendo la nota tesi materialistica circa la validità delle nostre conoscenze scientifiche delle leggi della natura e circa la verità oggettiva delle leggi della scienza, Lenin dice:
"Il fideismo contemporaneo non ripudia in nessun modo la scienza; ne respinge soltanto le 'pretese eccessive' e cioè la pretesa di scoprire la verità oggettiva. Se esiste una verità oggettiva (come pensano i materialisti), se le scienze della natura, riflettendo il mondo esterno nell'esperienza umana, sono le sole capaci di darci la verità oggettiva, ogni fideismo deve essere respinto in modo assoluto".
Tali, in breve, i tratti caratteristici del materialismo filosofico marxista. È facile comprendere di quale immensa importanza sia la estensione dei princìpi del materialismo filosofico allo studio della vita sociale, allo studio della storia della società, di quale enorme importanza sia l'applicazione di questi princìpi alla storia della società, all'attività pratica del partito del proletariato.
Se è vero che i legami reciproci tra i fenomeni della natura e il loro reciproco condizionamento rappresentano leggi necessarie dello sviluppo della natura, ne deriva che i legami e il condizionamento reciproco tra i fenomeni della vita sociale rappresentano essi pure non delle contingenze, ma delle leggi necessarie dello sviluppo sociale.
Vuol dire che la vita sociale, la storia della società, cessa di essere un cumulo di "contingenze", giacché la storia della società si presenta come uno sviluppo della società secondo leggi determinate, e lo studio della storia della società diventa una scienza.
Vuol dire che l'attività pratica del partito del proletariato deve fondarsi non già sui lodevoli desideri di "individualità eccezionali", né sulle esigenze della "ragione", della "morale universale", ecc., bensì sulle leggi dello sviluppo della società, sullo studio di queste leggi.
Proseguiamo. Se è vero che il mondo è conoscibile e se è vero che la nostra conoscenza delle leggi dello sviluppo della natura è una conoscenza valida, che ha il valore di una verità oggettiva, ne deriva che la vita sociale e lo sviluppo della società sono pure conoscibili, e che i dati della scienza sulle leggi dello sviluppo della società sono dati validi, che hanno il valore di verità oggettive.
Vuol dire che la scienza della storia della società, nonostante tutta la complessità dei fenomeni della vita sociale, può diventare una scienza altrettanto esatta quanto, ad esempio, la biologia, capace di utilizzare le leggi di sviluppo della società per servirsene nella pratica.
Vuol dire che, nella sua attività pratica, il partito del proletariato deve richiamarsi, anziché a motivi fortuiti, alle leggi di sviluppo della società e alle conclusioni pratiche che derivano da queste leggi.
Vuol dire che il socialismo, da sogno che era d'un migliore avvenire del genere umano, diventa una scienza.
Vuol dire che il legame tra la scienza e l'attività pratica, il legame della teoria con la pratica, la loro unità deve diventare la stella che guida la rotta del partito del proletariato.
Proseguiamo. Se è vero che la natura, l'essere, il mondo materiale è il dato primo, e la coscienza, il pensiero è il dato secondario, derivato; se è vero che il mondo materiale rappresenta una realtà oggettiva che esiste indipendentemente dalla coscienza degli uomini, e la coscienza è il riflesso di questa realtà oggettiva; ne deriva che la vita materiale della società, il suo essere, è pure il dato primo, mentre la sua vita spirituale è il dato secondario, derivato, che la vita materiale della società è una realtà oggettiva, la quale esiste indipendentemente dalla volontà degli uomini, mentre la vita spirituale della società è un riflesso di questa realtà oggettiva, un riflesso dell'essere.
Vuol dire che la fonte della formazione della vita spirituale della società, la fonte dell'origine delle idee sociali, delle teorie sociali, delle concezioni politiche, delle istituzioni politiche, si deve ricercare non già nelle idee, teorie, concezioni, istituzioni politiche stesse, bensì nelle condizioni della vita materiale della società, nell'essere sociale, di cui queste idee, teorie, concezioni, ecc. sono il riflesso.
Vuol dire che, se nei differenti periodi della storia della società si osservano diverse idee sociali, teorie, concezioni, istituzioni politiche, se, sotto il regime schiavistico, incontriamo determinate idee sociali, teorie, concezioni e istituzioni politiche, mentre, sotto il feudalesimo, ne incontriamo altre, e altre ancora sotto il regime capitalistico, ciò si spiega non già con la "natura", né con le "proprietà" di tali idee, concezioni, istituzioni politiche, ma con le differenti condizioni della vita materiale della società, nei differenti periodi dello sviluppo sociale.
Qual'è l'essere sociale, quali sono le condizioni della vita materiale della società, tali sono le idee, le teorie, le concezioni politiche, le istituzioni politiche della società. A questo proposito Marx dice:
"Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è al contrario il loro essere sociale che determina la loro coscienza".
Vuol dire che, per non sbagliarsi in politica e non abbandonarsi a vuote fantasticherie, il partito del proletariato deve fondare la sua azione non sugli astratti "princìpi della ragione umana", ma sulle condizioni concrete della vita materiale della società, forza decisiva dello sviluppo sociale; non sui lodevoli desideri dei "grandi uomini", ma sulle esigenze reali dello sviluppo della vita materiale della società.
Il fallimento degli utopisti e, tra di essi, dei populisti, degli anarchici, dei socialisti-rivoluzionari si spiega, fra l'altro, col fatto che essi non riconobbero la funzione primordiale che nello sviluppo della società hanno le condizioni della sua vita materiale e, caduti nell'idealismo, basarono la loro attività pratica non già sulle esigenze dello sviluppo della vita materiale della società, ma, indipendentemente da esse e contro di esse, su "piani ideali" e "progetti universali", staccati dalla vita reale della società. La forza e la vitalità del marxismo-leninismo stanno nel fatto che esso fonda la sua azione pratica proprio sulle esigenze dello sviluppo della vita materiale della società, non staccandosi mai dalla vita reale della società. Dalle parole di Marx non deriva però che le idee e le teorie sociali, le concezioni e le istituzioni politiche non abbiano alcuna importanza nella vita della società, che non esercitino a loro volta un'influenza sull'essere sociale, sullo sviluppo delle condizioni materiali della vita della società. Abbiamo parlato fin qui soltanto dell'origine delle idee e teorie sociali, delle concezioni e istituzioni politiche, del loro sorgere, abbiamo detto che la vita spirituale della società è il riflesso delle condizioni della sua vita materiale. Ma in quanto alla importanza delle idee e teorie sociali, delle concezioni e istituzioni politiche, in quanto alla loro funzione nella storia, il materialismo storico è ben lontano dal negarle, anzi, sottolinea la funzione e l'importanza considerevoli che esse hanno nella vita e nella storia della società.
Le idee e le teorie sociali possono essere di vario tipo. Vi sono idee e teorie vecchie, che hanno fatto il loro tempo e servono gli interessi delle forze sociali in declino. La loro funzione sta nel fatto che esse frenano lo sviluppo della società, il suo progresso. Vi sono idee e teorie nuove, d'avanguardia, che servono gli interessi delle forze d'avanguardia della società. La loro funzione sta nel fatto che esse agevolano lo sviluppo della società, il suo progresso; esse acquistano inoltre tanto maggiore importanza, quanto più riflettono fedelmente le esigenze dello sviluppo della vita materiale della società. Le idee e le teorie sociali nuove sorgono solo quando lo sviluppo della vita materiale della società pone di fronte alla società compiti nuovi. Ma, sorte che siano, diventano una forza estremamente importante, che agevola l'adempimento dei nuovi compiti posti dallo sviluppo della vita materiale della società, che agevola il progresso della società. Ed è proprio allora che si rivela la grandissima importanza della funzione organizzatrice, mobilizzatrice e trasformatrice delle nuove idee, delle nuove teorie, delle nuove concezioni, delle nuove istituzioni politiche. Certo, se Idee e teorie sociali nuove sorgono, ciò avviene appunto perché esse sono necessarie alla società, perché senza la loro azione organizzatrice, mobilizzatrice e trasformatrice, è impossibile la soluzione dei problemi urgenti posti dallo sviluppo della vita materiale della società. Suscitate dai nuovi compiti posti dallo sviluppo della vita materiale della società, le idee e le teorie sociali nuove si aprono il cammino, diventano patrimonio delle masse popolari, le mobilitano, le organizzano contro le forze morenti della società, e facilitano in tal modo l'abbattimento di queste forze, che intralciano lo sviluppo della vita materiale della società.
Così avviene che le idee e le teorie sociali, le istituzioni politiche suscitate dai compiti urgenti posti dallo sviluppo della vita materiale della società, dallo sviluppo dell'essere sociale, agiscano a loro volta sull'essere sociale, sulla vita materiale della società, creando le condizioni necessarie per condurre a termine la soluzione dei compiti urgenti posti dalla vita materiale della società e per rendere possibile il suo sviluppo ulteriore. È a questo proposito che Marx dice:
"La teoria diventa una forza materiale non appena conquista le masse". Vuol dire che per poter agire sulle condizioni della vita materiale della società e affrettare il loro sviluppo, accelerare il loro miglioramento, il partito del proletariato si deve appoggiare su una teoria sociale, su un'idea sociale che esprima in modo giusto le esigenze dello sviluppo della vita materiale della società e sia capace, perciò, di mettere in movimento le grandi masse popolari, capace di mobilitarle e di organizzarle nel grande esercito del partito del proletariato pronto a spezzare le forze reazionarie e ad aprire la strada alle forze d'avanguardia della società. Il fallimento degli "economicisti" e dei menscevichi si spiega, fra l'altro, col fatto che essi non riconobbero la funzione mobilitante, organizzatrice e trasformatrice della teoria d'avanguardia, delle idee d'avanguardia e, caduti nel materialismo volgare, ridussero la funzione di questi fattori quasi a nulla, condannando di conseguenza il partito alla passività, alla stagnazione. La forza e la vitalità del marxismo-leninismo stanno nel fatto che esso si appoggia su una teoria d'avanguardia che esprime in modo giusto le esigenze dello sviluppo della vita materiale della società, che esso eleva la teoria all'alto livello che le spetta, e considera suo compito utilizzarne al massimo la forza mobilitante, organizzatrice e trasformatrice. Così il materialismo storico risolve la questione dei rapporti tra l'essere sociale e la coscienza sociale, tra le condizioni di sviluppo della vita materiale e lo sviluppo della vita spirituale della società.
"L'impiego e la creazione dei mezzi di lavoro (gli strumenti di produzione) — dice Marx — benché si trovino in germe presso qualche specie animale, caratterizzano eminentemente il processo del lavoro umano. È perciò che Franklin definisce l'uomo a toolmaking animal, un animale fabbricatore di strumenti. Gli avanzi degli antichi mezzi di lavoro hanno, per lo studio delle forme economiche delle società scomparse, la stessa importanza che la struttura delle ossa fossili ha per la cognizione degli organismi delle specie animali estinte. Le epoche economiche si distinguono non per ciò che vi si produce, ma per il modo in cui si produce... I mezzi di lavoro non danno soltanto la misura del grado dello sviluppo della forza di lavoro umana, ma sono l'indice dei rapporti sociali in cui si lavora". E più oltre:
"I rapporti sociali sono intimamente legati alle forze produttive. Acquistando nuove forze produttive gli uomini cambiano il loro modo di produzione, e cambiando il modo di produzione, il modo di guadagnarsi la vita, essi cambiano tutti i loro rapporti sociali. Il mulino a braccia vi darà la società diretta dal signore [feudale], il mulino a vapore, la società diretta dal capitalista industriale".
"Vi è un movimento continuo di aumento delle forze produttive, di distruzione dei rapporti sociali, di formazione delle idee; immobile è solo l'astrazione del movimento".
Engels, caratterizzando il materialismo storico definito nel Manifesto del Partito comunista, dice:
"La produzione economica e la struttura sociale che necessariamente ne deriva formano, in qualunque epoca storica, la base della storia politica e intellettuale dell'epoca stessa... Conforme a ciò, dopo il dissolversi della primitiva proprietà comune del suolo, tutta la storia è stata una storia di lotte di classe, di lotte tra le classi sfruttate e le classi sfruttatrici, tra classi dominate e classi dominanti, nelle varie tappe dello sviluppo sociale... Questa lotta ha ora raggiunto un grado in cui la classe sfruttata e oppressa (il proletariato ) non può liberarsi dalla classe che la sfrutta e la opprime (la borghesia) senza liberare anche ad un tempo, e per sempre, tutta la società dallo sfruttamento, dall'oppressione e dalla lotta di classe..."
d) La terza particolarità della produzione sta in ciò, che il sorgere delle nuove forze produttive e dei rapporti di produzione corrispondenti non avviene al di fuori del vecchio regime, dopo la sua scomparsa, ma nel seno stesso del vecchio regime; non è il risultato di un'azione premeditata e cosciente degli uomini, ma avviene spontaneamente, indipendentemente dalla coscienza e dalla volontà degli uomini. Esso avviene spontaneamente, indipendentemente dalla coscienza e dalla volontà degli uomini per le seguenti due ragioni.
In primo luogo perché gli uomini non sono liberi nella scelta di questo o quel modo di produzione, perché ogni nuova generazione, al suo ingresso nella vita, trova forze produttive e rapporti di produzione già pronti, come risultato del lavoro delle generazioni precedenti, e quindi ogni nuova generazione è obbligata, in un primo tempo, ad accettare tutto ciò che trova già pronto nel dominio della produzione e ad adattarvisi, per avere la possibilità di produrre beni materiali.
In secondo luogo perché gli uomini, perfezionando questo o quello strumento di produzione, questo o quell'elemento delle forze produttive, non hanno la coscienza e la comprensione, né riflettono ai risultati sociali a cui quei perfezionamenti debbono portare; pensano semplicemente ai loro interessi quotidiani, a rendere più facile il loro lavoro e ad ottenere un vantaggio immediato e tangibile.
Quando alcuni membri della comunità primitiva cominciarono a poco a poco, e come a tastoni, a passare dagli utensili di pietra agli utensili di ferro, certamente ignoravano e non concepivano i risultati sociali cui avrebbe portato quell'innovazione; essi non avevano la comprensione né la coscienza del fatto che il passaggio a strumenti di metallo significava una rivoluzione nella produzione, che tale passaggio doveva portare, infine, al regime schiavistico. Essi volevano semplicemente rendere più facile il loro lavoro e ottenere un vantaggio immediato e sensibile; la loro attività cosciente si limitava al quadro ristretto di questo vantaggio personale, quotidiano.
Quando, durante il regime feudale, la giovane borghesia europea cominciò a costruire accanto alle piccole botteghe degli artigiani grandi manifatture, facendo in tal modo progredire le forze produttive della società, essa certamente non sapeva e non concepiva le conseguenze sociali cui avrebbe portato quell'innovazione; essa non aveva la comprensione né la coscienza del fatto che quella "piccola" innovazione doveva portare a un raggruppamento di forze sociali, il quale doveva concludersi con la rivoluzione contro il potere monarchico di cui essa tanto apprezzava la benignità, e contro la nobiltà nelle cui file sognavano spesso di entrare i suoi rappresentanti migliori. Essa voleva semplicemente ridurre il costo di produzione delle merci, gettare una maggior quantità di merci sui mercati dell'Asia e dell'America, solo allora scoperta, e trarne maggiori profitti; la sua attività cosciente si limitava al quadro ristretto di questa pratica quotidiana.
Quando i capitalisti russi insieme con i capitalisti stranieri cominciarono attivamente a introdurre in Russia la grande industria meccanizzata moderna, senza toccare lo zarismo e gettando i contadini in pasto ai grandi proprietari fondiari, essi certo non sapevano e non concepivano le conseguenze sociali cui avrebbe portato quel poderoso aumento delle forze produttive; essi non avevano la comprensione né la coscienza del fatto che quel grande balzo delle forze produttive della società doveva portare a un raggruppamento di forze sociali che avrebbe permesso al proletariato di unire a sé i contadini e di far trionfare la rivoluzione socialista. Essi volevano semplicemente allargare al massimo grado la produzione industriale, impadronirsi del mercato interno immenso, monopolizzare la produzione e trarre dall'economia nazionale i maggiori profitti possibili; la loro attività cosciente non superava la cerchia dei loro interessi quotidiani, puramente pratici. A questo proposito Marx dice:
"Nella produzione sociale della loro esistenza [ossia nella produzione dei beni materiali necessari alla vita degli uomini], gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali".
Ciò non vuol dire tuttavia che i cambiamenti nei rapporti di produzione e il passaggio dai vecchi rapporti di produzione ai nuovi avvengano pacificamente, senza conflitti, senza scosse. Al contrario, un tale passaggio avviene di solito mediante l'abbattimento rivoluzionario dei vecchi rapporti di produzione e l'instaurazione di rapporti nuovi. Fino a un certo momento lo sviluppo delle forze produttive e i cambiamenti nel campo dei rapporti di produzione si effettuano spontaneamente, indipendentemente dalla volontà degli uomini. Ma questo solo fino a un certo momento, fino al momento in cui le forze produttive, precedentemente sorte e sviluppatesi, siano sufficientemente mature.
Quando le nuove forze produttive sono giunte a maturazione, i rapporti di produzione esistenti e le classi dominanti che li personificano si trasformano in una barriera "insormontabile", che può essere tolta di mezzo solo dall'attività cosciente delle nuove classi, dall'azione violenta di queste classi, dalla rivoluzione. Appare allora in modo chiarissimo la funzione immensa delle nuove idee sociali, delle nuove istituzioni politiche, del nuovo potere politico, chiamati a sopprimere con la forza i vecchi rapporti di produzione. Sulla base del conflitto tra le nuove forze produttive e i vecchi rapporti di produzione, sulla base delle nuove esigenze economiche della società, sorgono nuove idee sociali; queste nuove idee organizzano e mobilitano le masse; le masse si uniscono in un nuovo esercito politico, creano un nuovo potere rivoluzionario e se ne servono per sopprimere con la forza il vecchio ordine nel campo dei rapporti di produzione, e per instaurarvi l'ordine nuovo. Il processo spontaneo di sviluppo cede il posto all'attività cosciente degli uomini lo sviluppo pacifico a un rivolgimento violento, l'evoluzione alla rivoluzione.
"...Il proletariato — dice Marx — nella lotta contro la borghesia si costituisce necessariamente in classe... per mezzo della rivoluzione trasforma se stesso in classe dominante e, come tale, distrugge violentemente i vecchi rapporti di produzione...". E più avanti:
"Il proletariato si servirà della sua supremazia politica per strappare alla borghesia, a poco a poco, tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, vale a dire del proletariato stesso organizzato come classe dominante, e per aumentare con la massima rapidità possibile il totale delle forze produttive".
"La violenza è la levatrice di ogni vecchia società gravida di una società nuova".
Ecco come la sostanza del materialismo storico è stata genialmente esposta da Marx nel 1859, nella storica prefazione alla sua celebre opera Per la critica dell'economia politica:
"Nella produzione sociale della loro esistenza gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (il che è l'equivalente giuridico di tale espressione) dentro i quali dette forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione — che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali — e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l'umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già, o almeno sono in formazione".
Ecco ciò che insegna il materialismo marxista applicato alla vita sociale, alla storia della società. Tali sono i tratti fondamentali del materialismo dialettico e storico.
Ultima modifica 28.12.2007