Fidel Castro Ruz, Gennaio 16 2010
Tradotto da Clara Statello
Le notizie che giungono da Haiti mostrano il gran caos che ci si aspettava dalla situazione eccezionale creata dalla catastrofe.
Sorpresa, sgomento, commozione nei primi istanti, desiderio di prestare aiuto immediato dai più remoti angoli della Terra. Cosa inviare e come in un angolo dei Caraibi, dalla Cina, dall'India, dal Vietnam e da altri luoghi che si trovano a decine di migliaia di kilometri? La magnitudo del terremoto e la povertà del paese generano nei primi istanti l'idea di bisogni immaginari, il che dà luogo a tutti i tipi di promessa possibile, cercando in seguito di farle arrivare in qualsiasi modo.
Noi cubani abbiamo compreso che la cosa più importante in questo momento era salvare vite, cosa per cui siamo stati addestrati non soltanto nel fronteggiare catastrofi come questa, ma anche contro altri disastri naturali legati alla salute.
Si trovavano lì un centinaio di medici cubani e, in più, un buon numero di giovani haitiani di origini umili, trasformati in professionisti della salute ben addestrati, compito per cui abbiamo cooperato per diversi anni con quel paese vicino e fratello. Una parte dei nostri compatrioti erano in vacanza e altri di origine haitiana erano addestrati o studiavano a Cuba.
Il terremoto ha superato qualsiasi calcolo; le umili case di argilla e fango - di una città con quasi due milioni di abitanti - non potevano resistere. I solidi edifici governativi sono venuti giù, interi blocchi di case sono crollate addosso alle persone che le abitavano, che a quell'ora, di sera, stavano nei loro alloggi e sono finiti sepolti dalle macerie, vivi o morti. Le strade piene di gente ferita che chiedevano soccorso. La MINUSTAH, forza delle Nazioni Unite, il Governo e la Polizia, sono rimaste senza una direzione e senza posto di comando. In quei primi istanti, il compito di queste istituzioni con migliaia di persone era quello di sapere chi era rimasto in vita e dove si trovava.
La decisione immediata dei nostri medici che con abnegazione lavoravano ad Haiti, così come quella dei giovani specialisti della salute laureati a Cuba, fu quella di comunicare tra loro, sapere della sorte di ciascuno e sapere su chi potevano contare per assistere il popolo haitiano in quella tragedia.
Quelli che stavano in vacanza a Cuba, si resi disponibili partire immediatamente, così come i medici haitiani che si specializzavano nella nostra Patria. Altri cubani esperti in chirurgia, che avevano già eseguito missioni difficili, si sono offerti di partire con loro. Basta dire che prima di 24 ore i nostri medici avevano già soccorso cento pazienti. Oggi 16 gennaio, a soli tre giorni e mezzo dalla tragedia, il numero di persone colpite assistite da loro si elevava a diverse migliaia.
A mezzogiorno di oggi, sabato, i responsabili della nostra brigata ci hanno comunicato, tra gli altri dati, i seguenti:
"...è realmente encomiabile ciò che i compagni stanno facendo. È opinione unanime che il Pakistan in confronto è stato poco - anche lì c'era stato un altro grande terremoto, che aveva visto impegnati alcuni di loro - ; in quel paese spesso curavano fratture, incluso quelle mal consolidate, alcuni schiacciamenti, ma qui si è sorpassato l'immaginabile: moltissime amputazioni, le operazioni praticamente devono eseguirsi pubblicamente; è l'immagine che avevano immaginato di una guerra."
"… l'ospedale Delmas 33 sta già funzionando; ha tre sale operatorie, generatori elettrici, aree per le visite, eccetera, però è assolutamente pieno."
"…si sono aggiunti 12 medici cileni, uno di loro è un anestetista; ci sono inoltre otto medici venezuelani; nove suore spagnole; si aspetta che si uniscano, da un momento all'altro, 18 spagnoli a cui l'ONU ed il Ministero della Salute Pubblica haitiana avevano consegnato l'ospedale, ma non possedevano gli strumenti di pronto soccorso, che non erano riusciti ad arrivare, e perciò hanno deciso di aggiungersi a noi ed iniziare a lavorare immediatamente."
"… sono stati inviati 32 medici residenti haitiani, sei di loro andranno direttamente a Carrefour, una località completamente devastata. Sono andate anche le tre equipe chirurgiche cubane arrivate ieri."
"… stiamo operando nelle seguenti strutture mediche di Port-au-Prince:
Ospedale La Renaissance.
Ospedale della Previdenza Sociale.
Ospedale della Pace."
"… funzionano già quattro CDI (Centri di Diagnosi Integrale)."
Con queste informazioni si trasmette solo un'idea di ciò che sta facendo ad Haiti il personale medico cubano e quello degli altri paesi che collaborano con loro, tra i primi giunti in quella nazione. Il nostro personale è disposto a cooperare e ad unire le sue forze con tutti gli specialisti della salute che sono stati inviati in quel fraterno paese per salvare delle vite. Haiti si potrebbe trasformare in un esempio di ciò che l'umanità può fare per sé stessa. La possibilità ed i mezzi esistono, ma la volontà manca.
Quanto più tempo passa per seppellire o cremare i morti, per distribuire gli alimenti e gli altri prodotti di vitale importanza, e più aumentano i rischi delle epidemie e della violenza sociale.
Ad Haiti si metterà alla prova quanto può durare lo spirito di cooperazione, prima che l'egoismo, lo sciovinismo, i meschini interessi ed il disprezzo per le altre nazioni prevalgano.
Un cambiamento climatico minaccia tutta l'umanità. Il terremoto di Porto Principe, appena tre settimane dopo, sta ricordando a tutti quanto ci siamo comportati da egoisti e autosufficienti a Copenaghen.
I paesi osservino da vicino tutto ciò che succede ad Haiti. L'opinione pubblica mondiale ed i popoli saranno sempre più severi ed implacabili nelle loro critiche.
Ultima modifica 26.01.2010