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La neve cominciò a cadere il 18 novembre. Al nostro risveglio uno strato bianco ricopriva i parapetti delle finestre e i fiocchi volteggiavano così fitti che non ci si vedeva a dieci passi. Il fango era scomparso; in un batter d'occhio la città, malinconica e cupa, divenne di un biancore abbagliante. Le carrozze, coi loro cocchieri imbacuccati, si trasformarono in slitte rapide, saltellanti sulle scabrosità delle strade: i vetturini avevano la barba rigida per i ghiaccioli... Malgrado la rivoluzione, malgrado il vertiginoso e terribile salto nell'ignoto che compiva la Russia intera, la gioia si impadronì della città all'arrivo della neve. Tutti sorridevano, la gente usciva nelle strade e tendeva giocondamente le mani per afferrare i fiocchi morbidi... Tutto il grigiore era scomparso e solamente l'oro ed i colori vivaci delle guglie e delle cupole spiccavano sul biancore della neve, che poneva ancora più in rilievo il loro splendore asiatico.
Verso mezzogiorno, comparve il sole, un sole pallido e slavato. Basta ormai coi raffreddori e con i reumatismi dei mesi piovosi! La vita della città si animò e la rivoluzione stessa affrettò il passo...
Una sera, ero seduto in un traklir, una piccola trattoria dinanzi all'entrata di Smolni. Era un luogo rumoroso, basso di soffitto, chiamato «la capanna dello zio Tom», che le guardie rosse frequentavano molto. Si stringevano intorno a piccoli tavoli coperti di tovaglie macchiate, davanti ad enormi teiere di terracotta, riempiendo la sala con l'acre fumo delle loro sigarette, mentre i camerieri correvano a destra ed a sinistra gridando: Sicias, sicias! (Subito, subito!).
In un angolo era seduto un uomo che portava l'uniforme di capitano e
che si sforzava di parlare ai presenti, malgrado fosse continuamente
interrotto:
Voi siete dei veri assassini! — gridò. — Voi sparate nelle strade sui vostri
fratelli!
— Quando l'abbiamo fatto? Dove? — domandò un operaio.
— Ma, domenica scorsa, quando gli junker...
— E loro non hanno forse sparato su di noi? — Uno degli uomini mostrò il
braccio fasciato. — Ho un bel ricordo di quei banditi!
Allora il capitano, con tutta la forza dei suoi polmoni:
— Voi dovevate restare neutrali! Voi
dovevate restare neutrali! Con quale diritto avete abbattuto il governo legale?
Chi è questo Lenin? Un tedesco...
— E voi, voi siete un controrivoluzionario, un provocatore — gli si gridò.
Quando riuscì a farsi sentire di nuovo, il capitano si alzò:
— Sia, voi pretendete di essere il
popolo russo. Ebbene il popolo russo non siete voi: sono i contadini. Aspettate
che i contadini...
— Sì, — gridarono, — aspettate che i contadini parlino! Noi sappiamo che cosa
diranno. Non sono forse dei lavoratori come noi?
Tutto, infatti, dipendeva, in conclusione, dai contadini. Per quanto fossero politicamente arretrati, i contadini avevano, ciononostante, le proprie idee e costituivano più dell'80% della popolazione. I bolscevichi avevano relativamente pochi partigiani nelle campagne ed una dittatura permanente dei soli operai dell'industria era impossibile... Il partito contadino tradizionale era il partito socialista rivoluzionario; tra tutti i partiti che sostenevano il governo sovietico, era passata alla sinistra S.R. l'eredità del compito di guida dei contadini ed era essa che, in balia del proletariato organizzato delle città, aveva a sua volta, il massimo bisogno di conservare l'appoggio delle campagne.
Da parte sua Smolni non aveva trascurato la questione agraria. Dopo i decreti sulla terra, uno dei primi atti del nuovo Zik era stato la convocazione di un Congresso dei contadini. Alcuni giorni dopo comparve il regolamento per i Comitati agrari di distretto (volost) seguito dal messaggio di Lenin ai contadini, che spiegava in termini semplici la sostanza della rivoluzione bolscevica e del nuovo governo. Il 16 novembre, Lenin e Miliutin pubblicarono la direttiva agli emissari provinciali, che fu mandata in migliaia di copie nei villaggi:
Ovunque i villaggi erano in fermento, non solo per l'azione elettrizzante del Decreto sulla terra, ma anche per il ritorno di migliaia di contadini che portavano dal fronte lo slancio rivoluzionario... Questi uomini salutarono infatti con entusiasmo particolare la convocazione del Congresso contadino.
Agendo come il vecchio Zik verso il II Congresso dei Soviet degli operai e dei soldati, il Comitato esecutivo dei Soviet contadini tentò di impedire la riunione del Congresso contadino convocato a Smolni, e, quando vide — precisamente ancora come il vecchio Zik — che il tentativo era condannato al fallimento, spedì ovunque telegrammi furibondi che ordinavano di eleggere delegati conservatori. Si diffuse tra i contadini anche la voce che il Congresso si sarebbe tenuto a Moghilev: e alcuni delegati infatti vi si recarono. Ciononostante, il 23 novembre circa 400 delegati erano giunti a Pietrogrado e le riunioni preliminari dei partiti erano già cominciate.
La prima seduta ebbe luogo nella sala Alessandro della Duma. Il primo voto dimostrò che più della metà dei delegati appartenevano alla sinistra S.R., che i bolscevichi erano esattamente un quinto e la destra S.R. un quarto. Il resto era unito solo da una comune ostilità contro il vecchio Comitato esecutivo, dominato da Avxentiev, Ciaikovski e Piecekonov.
La grande sala era affollata e vibrava di clamori continui. I delegati erano divisi in gruppi avversi da una ostilità profonda e tenace. A destra si vedevano brillare le spalline degli ufficiali e si distinguevano le barbe patriarcali dei vecchi contadini agiati; nel centro vi erano alcuni contadini, dei sottufficiali ed alcuni soldati; a sinistra quasi tutti i delegati portavano l'uniforme di soldati semplici, era la nuova generazione che era stata al fronte... Le tribune erano ricolme di operai che, in Russia, sono sempre memori della loro origine contadina...
A differenza del vecchio Zik, il Comitato esecutivo, aprendo la prima seduta, non riconobbe al Congresso un carattere ufficiale; il Congresso ufficiale si sarebbe aperto il 13 dicembre. In una tempesta di applausi e di proteste furiose, l'oratore dell'esecutivo dichiarò che la presente assemblea era solamente una «conferenza straordinaria». Ma la «conferenza straordinaria» mostrò ben presto i suoi sentimenti verso il Comitato esecutivo eleggendo come presidente Maria Spiridonova, capo della sinistra S.R.
La prima giornata fu quasi interamente occupata da un violento dibattito: si sarebbero riconosciuti i mandati dei delegati dei distretti o solamente quelli dei delegati delle province? Come si era già verificato al Congresso degli operai e dei soldati, una maggioranza schiacciante si pronunciò per la rappresentanza più larga possibile; allora il vecchio Comitato esecutivo abbandonò la sala...
Quasi dall'inizio fu subito evidente che la maggioranza dei delegati era ostile al governo dei Commissari del popolo. Zinoviev, che tentò di parlare a nome dei bolscevichi, fu urlato e, quando lasciò la tribuna in mezzo alle risa, udì qualcuno gridare: «Ecco un Commissario del popolo liquidato!».
— Noi, socialisti rivoluzionari di sinistra, — gridò Nazarev, un delegato di provincia, — ci rifiutiamo di riconoscere questo preteso governo degli operai e dei contadini fino a quando i contadini non vi saranno rappresentati. Per ora c'è solamente una dittatura degli operai:... noi insistiamo per la formazione di un nuovo governo, che rappresenti tutta la democrazia.
I delegati reazionari sfruttarono abilmente questo stato d'animo dichiarando, tra le proteste bolsceviche, che il Consiglio dei Commissari del popolo aveva l'intenzione di imporre la sua volontà al Congresso o di scioglierlo con la forza. Questa dichiarazione fu accolta da urla di indignazione.
Il terzo giorno, Lenin apparve improvvisamente alla tribuna: per dieci minuti un vento di follia soffiò sull'assemblea: «Alla porta! — si gridava. — Non vogliamo ascoltare i vostri Commissari del popolo! Non riconosciamo il vostro governo!».
Lenin era in piedi, perfettamente calmo, fortemente aggrappato con le
due mani al parapetto della tribuna, ed i suoi piccoli occhi osservavano
attentamente il tumulto. Finalmente l'agitazione cominciò a calmarsi, meno che
a destra.
— Non sono qui come membro del
Consiglio dei Commissari del popolo, — disse Lenin, interrompendosi per
lasciare che il rumore si calmasse, — ma come membro del partito bolscevico,
regolarmente delegato a questo Congresso.
E presentò il suo mandato in modo che
tutti potessero vederlo.
— Ma, — continuò con la stessa voce
risoluta, — nessuno negherà che l'attuale governo russo è stato costituito dal
partito bolscevico, — dovette fare una nuova pausa, — dimodoché, praticamente,
la cosa è precisamente la stessa.
A queste parole, un clamore assordante si levò dai banchi della destra, ma il centro e la sinistra, la cui curiosità era stata risvegliata, imposero il silenzio.
L'argomentazione di Lenin fu semplice.
— Ditemi francamente, voi contadini, ai
quali noi abbiamo dato le terre degli agrari, volete adesso impedire che gli
operai esercitino il controllo sulle industrie? Si tratta di una guerra di
classe. I proprietari evidentemente resistono ai contadini e gli industriali
resistono agli operai. Permetterete voi che le file del proletariato si
dividano? Da quale parte sarete voi?
Noi, bolscevichi, siamo il partito del
proletariato, del proletariato contadino, come del proletariato industriale.
Noi, bolscevichi, siamo i difensori dei Soviet contadini, come dei Soviet
degli operai e dei soldati. Non solo noi abbiamo invitato i Soviet contadini a
partecipare al governo, ma abbiamo anche invitato alcuni rappresentanti della
sinistra S.R. ad entrare nel Consiglio dei Commissari del popolo...
I Soviet sono la rappresentanza più
perfetta del popolo, degli operai delle officine e delle miniere, dei
lavoratori dei campi. Chiunque tentasse di abbandonare i Soviet commetterebbe
un atto antidemocratico e controrivoluzionario, ed io vi avverto, compagni
socialisti rivoluzionari di destra, e voi, signori cadetti, che se l'Assemblea
Costituente vorrà tentare la lotta contro i Soviet, noi non glielo permetteremo.
Nel pomeriggio del 25 novembre, Cernov, chiamato dal Comitato esecutivo, arrivò in fretta da Moghilev. Egli era, due mesi prima, considerato un rivoluzionario estremista. Ma, poiché era assai popolare fra i contadini, si fece adesso appello a lui per frenare le pericolose tendenze di sinistra che si manifestavano al Congresso. Al suo arrivo, Cernov fu arrestato e condotto a Smolni. Poi, dopo una breve conversazione, fu rilasciato.
Il suo primo atto fu di rimproverare vivamente ai membri del Comitato
esecutivo di avere abbandonato il Congresso. Acconsentirono allora a
ritornarvi con lui e Cernov fece la sua entrata nella sala, accolto dagli
applausi della maggioranza e dalle urla e dagli scherni dei bolscevichi.
— Compagni, io ero assente. Partecipavo
alla Conferenza della XII Armata per la convocazione di un Congresso di tutti i
delegati contadini degli eserciti del fronte ovest. Sono perciò poco informato
della insurrezione che ha avuto luogo qui...
Zinoviev, scattando, gli gridò:
— Sì, voi siete stato assente... per
qualche minuto
(Violento tumulto. Grida: Abbasso i bolscevichi!).
Cernov riprese:
— L'accusa di aver collaborato a
condurre un esercito contro Pietrogrado è senza fondamento; è completamente
falsa. Da che parte viene questa accusa? Fuori le prove!
Zinoviev:
— Le Isvestia e il Dielo
Naroda, il vostro giornale, ecco le prove.
Il largo viso di Cernov, con gli occhi
piccoli, la chioma svolazzante e la barba grigiastra, arrossì di collera, ma
si dominò e proseguì:
— Ripeto che non so quasi nulla di
quanto è accaduto e che non ho condotto altro esercito all'infuori di questo,
(ed indicò con un gesto i delegati contadini), alla cui presenza qui non sono
certo rimasto estraneo. (Risa e grida: Bravo!).
Al mio ritorno, sono andato a Smolni; non
si è elevata contro di me alcuna accusa di questo genere... Dopo un breve
interrogatorio, ne sono venuto via e tutto è finito. Venga dunque qualcuno
adesso a ripetere questa accusa!
Un tumulto sfrenato si scatenò. I bolscevichi e alcuni S.R. di sinistra,
in piedi, urlavano e minacciavano con i pugni, mentre il resto dell'assemblea
si sforzava di coprire le loro voci.
— È uno scandalo, questa non è una
seduta! — gridò Cernov. E lasciò la sala. La riunione fu rinviata tra il rumore
e il disordine...
Tuttavia la questione della legalità del Comitato esecutivo agitava gli animi. Dichiarando il Congresso «conferenza straordinaria», si contava di impedire le nuove elezioni del Comitato esecutivo, ma era questa un'arma a due tagli. La sinistra S.R. dichiarò infatti che, se il Congresso non aveva alcun potere sul Comitato esecutivo, il Comitato esecutivo non poteva averne alcuno sul Congresso. Il 25 novembre, l'assemblea decise che i poteri del Comitato esecutivo sarebbero stati assunti dalla conferenza straordinaria e che avrebbero avuto diritto di voto solo i membri dell'esecutivo, regolarmente delegati al Congresso.
Il giorno seguente, malgrado la violenta opposizione dei bolscevichi, fu apportato a questa decisione un emendamento secondo il quale tutti i membri del Comitato esecutivo, delegati o meno, avrebbero potuto votare nell'assemblea.
Il 27, cominciò la discussione sulla questione agraria, la quale mise in luce le differenze che separavano il programma bolscevico da quello dei S.R. di sinistra.
A nome della sinistra S.R., Kolcinski tracciò la storia della questione
agraria nel corso della rivoluzione.
— Il 1° Congresso dei Soviet contadini,
— disse, — aveva votato una risoluzione precisa per la consegna immediata delle
grandi proprietà ai Comitati agrari. Ma i capi della rivoluzione ed i borghesi
del governo si erano opposti a risolvere la questione prima della riunione
dell'Assemblea Costituente. Il secondo periodo della rivoluzione, il «periodo
del compromesso», fu caratterizzato dall'entrata di Cernov nel gabinetto. I
contadini credevano fermamente che la soluzione pratica del problema della
terra si avvicinasse, ma, malgrado la decisione imperativa del primo Congresso
contadino, i reazionari ed i «conciliatori», del Comitato esecutivo, impedirono
ogni azione. Questa politica provocò nelle campagne dell'impazienza e soffocò
le aspirazioni dei contadini. I contadini comprendevano il significato esatto
della rivoluzione e volevano passare dalle parole ai fatti...
I recenti avvenimenti non sono semplice
sommossa, un «avventura» bolscevica, ma un vero sollevamento popolare,
accolto con simpatia da tutto il paese.
I bolscevichi hanno, in linea generale,
assunto il solo atteggiamento possibile nella questione della terra ma,
raccomandando ai contadini di impadronirsi delle terre con la forza, hanno
commesso un profondo errore... Fin dai primi giorni essi hanno dichiarato che i
contadini dovevano impadronirsi delle terre con l'«azione rivoluzionaria di
massa». È l'anarchia; il passaggio delle terre può compiersi ordinatamente. Ai
bolscevichi importava solo che i problemi della rivoluzione fossero risolti il
più radicalmente possibile, ma essi non davano alcuna importanza al modo di
risolverli...
Il Decreto sulla terra del Congresso
dei Soviet è identico, nella sostanza, alle decisioni del 1° Congresso
contadino. Perché allora il nuovo governo non ha seguito la tattica indicata da
quel Congresso? Perché il Consiglio dei Commissari del popolo voleva affrettare
la soluzione della questione, affinché l'Assemblea Costituente non avesse più
ragione di occuparsene...
Senza dubbio il governo comprese che
era necessario prendere dei provvedimenti pratici. Ma, senza molta
riflessione, esso adottò i regolamenti dei Comitati agrari, creando così una
strana situazione; perché il Consiglio dei Commissari del popolo aboliva la
proprietà privata, mentre le norme stabilite per i Comitati agrari, avevano
proprio per la base la proprietà privata... Ad ogni modo non è accaduto nulla
di grave perché i Comitati agrari non si preoccupano affatto dei decreti
sovietici ed applicano esclusivamente le proprie norme, che si basano sulla
volontà della grande maggioranza dei contadini...
Questi Comitati agrari non cercano di
dare al problema la sua soluzione legislativa; questo è il compito
dell'Assemblea Costituente... Ma l'Assemblea Costituente sarà animata dal
desiderio di soddisfare la volontà dei contadini russi? Questo non possiamo
affermarlo... Quello di cui siamo certi è che lo spirito rivoluzionario si è
ormai risvegliato nei contadini e che l'Assemblea Costituente sarà
assolutamente obbligata a risolvere la questione della terra, secondo i
desideri dei contadini... L'Assemblea Costituente non oserà passare oltre alla
volontà del popolo...
Dopo Kolcinski, prese la parola Lenin, ascoltato ora con una attenzione
avida:
— In questo momento, noi tentiamo di
risolvere non solo la questione della terra ma tutto il problema della
rivoluzione sociale, e non solo in Russia, ma nel mondo intero. Il problema
agrario non può essere risolto indipendentemente dagli altri problemi della
rivoluzione sociale. Perciò la conquista delle terre provoca la resistenza non
solo degli agrari, ma anche del capitale straniero al quale le grandi
proprietà fondiarie sono legate attraverso le banche...
Il regime della proprietà fondiaria in
Russia comportava uno sfruttamento spaventoso, e la confisca della terra da
parte dei contadini è l'atto più importante della nostra rivoluzione. Ma questo
atto non può essere separato dagli altri atti rivoluzionari, come lo dimostrano
le tappe per le quali la rivoluzione ha dovuto passare. La prima tappa fu lo
schiacciamento dell'autocrazia e della potenza dell'industria capitalista e dei
grandi proprietari, i cui interessi erano strettamente legati. La seconda tappa
fu il consolidamento dei Soviet e la conclusione di un compromesso politico con
la borghesia. L'errore dei socialisti rivoluzionari di sinistra è di non
essersi opposti al compromesso, con il pretesto che essi credevano
insufficiente lo sviluppo della coscienza delle masse.
Se il socialismo non dovesse
realizzarsi se non quando tutti, senza eccezione, avranno raggiunto lo
sviluppo sufficiente, noi non vedremo forse il socialismo prima di cinquecento
anni. Il partito politico
socialista è l'avanguardia della classe operaia; non deve lasciarsi arrestare
dall'inferiorità del livello delle masse, ma deve trascinare le masse
servendosi dei Soviet come strumenti della sua iniziativa rivoluzionaria... Ma
per porsi alla testa degli esitanti, è necessario che i compagni socialisti
rivoluzionari di sinistra cessino essi stessi di esitare.
Già dallo scorso luglio le relazioni
tra le masse popolari ed i «conciliatori» cominciarono a rompersi; eppure
oggi, in novembre, la sinistra S.R. continua a tendere la mano a Avxentiev, che
turlupina il popolo... Se il compromesso non cessa è la fine della rivoluzione.
Con la borghesia non vi è compromesso possibile, bisogna che la sua potenza sia
schiacciata in modo definitivo...
Noi, bolscevichi, non abbiamo
modificato il nostro programma agrario. Non ci siamo rifiutati di abolire la
proprietà della terra e non pensiamo di farlo. Abbiamo adottato i regolamenti
dei Comitati agrari, che non sono affatto basati sulla proprietà privata,
perché ci sforziamo di eseguire la volontà popolare, secondo i desideri del
popolo stesso, per rendere più stretta la coesione tra tutti gli elementi che
lottano per la rivoluzione sociale.
Noi invitiamo i socialisti
rivoluzionari di sinistra ad entrare nella coalizione, ma insistiamo perché essi
cessino di guardare indietro e rompano con i «conciliatori» del loro stesso
partito.
Per quanto riguarda l'Assemblea
Costituente è esatto, come ha detto l'oratore precedente, che il risultato dei
suoi lavori dipenderà dalla pressione rivoluzionaria esercitata dalle masse. Io
aggiungo: abbiate fiducia in questa pressione rivoluzionaria, ma non
dimenticate il vostro fucile!
Lenin diede poi lettura del progetto di risoluzione bolscevico:
I reazionari del Comitato esecutivo non osavano più manovrare apertamente. Tuttavia Cernov parlò parecchie volte con una imparzialità piena di modestia e che accaparrava la simpatia dell'uditorio. Fu invitato a prendere posto nella presidenza... La seconda notte del Congresso fu consegnata al presidente una nota anonima che richiedeva la presidenza onoraria per Cernov. Ustinov la lesse ad alta voce, ma subito Zinoviev scattò, urlando che si trattava di una manovra del vecchio Comitato esecutivo per impadronirsi della direzione del Congresso; in un momento la sala, dalle due parti, si trasformò in un mare muggente di braccia agitate e di visi infuriati... Ciononostante Cernov rimaneva molto popolare.
Durante le discussioni tempestose sulla questione agraria e sulla risoluzione di Lenin, i bolscevichi furono due volte in procinto di lasciare l'assemblea, ma sempre furono trattenuti dai capi.. Ebbi allora l'impressione che il Congresso non trovava la via di uscita.
Nessuno di noi però sapeva che a Smolni, tra la sinistra S.R. ed i bolscevichi, si svolgevano delle trattative segrete. Dapprima i socialisti rivoluzionari di sinistra avevano richiesto un governo che comprendesse tutti i partiti socialisti, rappresentati o no nei Soviet, e che fosse responsabile davanti ad un Consiglio del popolo. Questo avrebbe dovuto essere composto da un numero eguale di delegati delle organizzazioni degli operai e dei soldati e delle organizzazioni contadine e completato con un certo numero di delegati delle Dume municipali e degli zemstvo. Lenin e Trotsky non dovevano farne parte, il Comitato militare rivoluzionario e gli altri organi di repressione dovevano essere sciolti.
Il mercoledì mattina, 20 novembre, dopo una lotta aspra che era durata tutta la notte, si raggiunse un accordo. Lo Zik, che comprendeva 108 membri, veniva aumentato di 108 membri eletti dal Congresso contadino con il sistema della rappresentanza proporzionale, di 100 delegati eletti col suffragio dell'Esercito e della Marina e di 50 rappresentanti dei sindacati (35 dei sindacati panrussi, 10 ferrovieri e 5 postelegrafonici). Qualsiasi rappresentanza delle Dume e degli zemstvo era esclusa. Lenin e Trotsky rimanevano al governo ed il Comitato militare rivoluzionario continuava a funzionare.
Il Congresso si era, frattanto, trasferito alla Scuola imperiale di diritto al n° 6 della Fontanca, sede del Comitato esecutivo dei Soviet contadini.Nel pomeriggio del mercoledì i delegati si riunivano nel grande anfiteatro. Il vecchio Comitato esecutivo si era ritirato e teneva contemporaneamente, in un'altra sala, una seduta ufficiale alla quale partecipavano alcuni delegati malcontenti ed alcuni rappresentanti dei Comitati dell'esercito.
Cernov andava da una sala all'altra, sorvegliando attentamente lo
svolgersi delle discussioni. Aveva saputo che si stava trattando per un accordo
con i bolscevichi, ma non sapeva che era già stato concluso.
Rivolgendosi all'assemblea ufficiosa,
disse:
— Adesso che tutti sono favorevoli a un
governo pansocialista, molti dimenticano il primo ministero, che non era un
governo di coalizione e che comprendeva un solo socialista, Kerenski; fu un
governo molto popolare a suo tempo. Oggi si accusa Kerenski, si dimentica che
egli fu mandato al potere non solo dai Soviet, ma anche dalle masse popolari.
Perché l'opinione pubblica ha cambiato
verso Kerenski? I selvaggi hanno degli dei che pregano e che puniscono quando
uno dei loro voti non è esaudito... Ciò avviene in questo momento... Ieri
Kerenski, oggi Lenin e Trotsky, domani qualche altro...
Noi abbiamo proposto contemporaneamente
a Kerenski ed ai bolscevichi di abbandonare il potere. Kerenski ha accettato;
oggi ha fatto sapere dal suo rifugio che dava le dimissioni da primo ministro.
I bolscevichi si ostinano a conservare il potere, malgrado non sappiano servirsene...
Che i bolscevichi riescano o
falliscano, la sorte della Russia non cambierà. I villaggi russi sanno
perfettamente ciò che essi vogliono e cominciano ad applicare essi stessi i
provvedimenti che credono opportuni... Saranno le campagne che alla fine ci
salveranno...
Mentre Cernov parlava così, Ustinov, nella grande sala, annunciava
l'accordo concluso fra il Congresso contadino e Smolni, suscitando un enorme
entusiasmo tra i delegati. All'improvviso, Cernov apparve e domandò la parola:
— Vengo a sapere, — cominciò, — che un
accordo sta per essere concluso fra il Congresso contadino e Smolni. Esso
sarebbe, innanzi tutto, illegale perché il vero Congresso dei Soviet contadini
non si riunirà che la settimana prossima...
D'altra parte tengo ad avvertirvi che i
bolscevichi non accetteranno mai le vostre richieste...
Una risata immensa lo interruppe. Comprendendo la situazione, abbandonò la tribuna e la sala... Cosi sfumò la popolarità di Cernov...
Nel tardo pomeriggio di giovedì 29 novembre il Congresso si riunì in seduta straordinaria. In una atmosfera di gioia tutti i visi erano sorridenti... Si liquidarono rapidamente gli affari correnti e poi il vecchio Natanson, l'anziano della sinistra S.R., dalla barba bianca, con la voce tremante e le lagrime agli occhi, diede lettura del patto di unione dei Soviet contadini con i Soviet degli operai e dei soldati. Ogni volta che veniva pronunciata la parola «unione», scoppiavano applausi frenetici... Verso la fine Ustinov annunciò l'arrivo di una delegazione di Smolni, accompagnata da rappresentanti dell'Esercito Rosso. Fu accolta da un'ovazione entusiastica. L'uno dopo l'altro, un operaio, un soldato ed un marinaio salirono alla tribuna per salutare il Congresso. Prese quindi la parola Boris Remstein del partito operaio socialista americano:
— Il giorno dell'unione del Congresso dei contadini con i Soviet dei
deputati operai e soldati è uno dei grandi giorni della rivoluzione. Esso avrà
nel mondo intero un'eco clamorosa, a Parigi, a Londra e dall'altra parte
dell'Oceano a New York. Questa unione rallegrerà i cuori di tutti quelli che
lavorano.
Una grande idea ha trionfato.
L'Occidente e l'America attendevano dalla Russia, dal proletariato russo,
qualche cosa di grandioso... Il proletariato del mondo ha gli occhi rivolti
verso la rivoluzione russa ed attende la grande opera che essa sta compiendo...
Sverdlov, presidente dello Zik, venne anch'egli a salutare il Congresso; poi i contadini lasciarono l'edificio alle grida di: «Viva la fine della guerra civile!», «Viva la democrazia unita!».
La notte era già caduta e, sulla neve gelata, scherzava la luce bianca della luna e delle stelle. Sulla riva del canale il reggimento Paolo era allineato in tenuta da campagna, con la musica, che intonò la «Marsigliese». Fra le acclamazioni vibranti dei soldati, i contadini formarono un corteo e inalberarono la grande bandiera rossa del Comitato esecutivo del Soviet contadino panrusso, sulla quale era stata, da poco tempo, ricamata in lettere d'oro la scritta: «Viva l'unione delle masse lavoratrici rivoluzionarie». Altre bandiere la seguivano: quella dei Soviet dei quartieri, quella delle officine Putilov, con la scritta: «Noi ci inchiniamo davanti a questa bandiera, per creare la fratellanza di tutti i popoli!».
Molte torce si accesero, solcando la notte di luci rossastre, mille
volte riflesse dai cristalli di ghiaccio, e svolgenti i loro strascichi fumosi
sul corteo, che avanzava cantando lungo la Fontanca, tra folle stupite e mute.
«Viva l'Esercito Rivoluzionario! Viva
la guardia rossa! Viva i contadini!».
L'immenso corteo percorse la città, ingrossandosi per la strada e
spiegando sempre nuove bandiere rosse con lettere d'oro. Due vecchi contadini,
curvi dal lavoro, marciavano a braccetto con il viso illuminato d'una felicità
fanciullesca.
— Ebbene, — disse l'uno, —
vorrei vederli venire a riprenderci la terra, adesso!
Vicino a Smolni, la Guardia Rossa era allineata dalle due parti della strada
traboccante anche essa di gioia.
L'altro vecchio disse al suo compagno:
— Non sono stanco, mi sembra di aver fatta tutta questa strada volando.
Sulla scalinata di Smolni, un centinaio di deputati operai e soldati, con le loro bandiere, spiccavano in una massa scura nella luce che sprizzava dall'interno, tra le arcate. Come un'onda, essi si precipitarono verso i contadini, serrandoli ai petti e abbracciandoli; poi il corteo, passata la grande entrata, salì gli scalini con un rumore di tuono...
Nella grande sala bianca, lo Zik attendeva, con il Soviet di Pietrogrado al completo ed un migliaio di spettatori nell'atmosfera solenne che accompagna i grandi momenti della storia.
Zinoviev annunciò l'accordo concluso con il Congresso contadino, fra la rumorosa approvazione dei presenti che divenne tempestosa quando la musica risuonò nei corridoi e l'avanguardia del corteo penetrò nella sala. La presidenza si alzò per far posto sul palco alla presidenza del Congresso contadino. I diversi membri si abbracciarono. Dietro ad essi le due bandiere furono incrociate sul muro bianco, sotto la cornice vuota dalla quale era stato strappato il ritratto dello zar...
Poi si aprì la seduta trionfale. Dopo alcune parole di benvenuto
pronunciate da Sverdlov, Maria Spiridonova, magra, pallida, con gli occhiali ed
i capelli tirati, l'aspetto di una maestra della Nuova Inghilterra, la donna
più amata e più potente della Russia, salì alla tribuna:
— Davanti agli operai di Russia, si aprono ormai orizzonti che la storia non ha
mai conosciuto... Tutti i movimenti operai del passato sono finiti con la
sconfitta. Il movimento attuale è internazionale ed è per questo che è
invincibile... Non vi è forza al mondo che potrà spegnere la fiamma della rivoluzione.
Il vecchio mondo crolla, il nuovo comincia...
Dopo la Spiridonova, parlò Trotsky, pieno di fuoco:
— Vi do il benvenuto, compagni contadini! Voi non siete qui invitati, ma
i padroni di questa casa, dove batte il cuore della rivoluzione. La volontà di
milioni di operai è concentrata in questa sala. Ormai la terra di Russia non
conosce più che un solo padrone, la grande unione degli operai, dei soldati e
dei contadini...
Poi, con un tono mordente e sarcastico, parlò dei diplomatici alleati,
sdegnosi ancora della proposta russa di armistizio che le potenze centrali
avevano accettato
— Oggi nasce una umanità nuova.
In questa sala, noi giuriamo agli operai di tutti i paesi di rimanere, senza
debolezze, al nostro posto rivoluzionario. Se noi soccomberemo, soccomberemo
difendendo la nostra bandiera...
Krilenko espose la situazione sul fronte dove Dukonin preparava la
resistenza contro il Consiglio dei Commissari del popolo:
— Che Dukonin e i suoi complici
sappiano che noi saremo senza pietà per coloro i quali vogliono sbarrare la
strada della pace.
Dibenko salutò l'assemblea a nome della flotta; e Krucinski, membro del
Vikiel, dichiarò:
— Adesso che l'unione di tutti i veri
socialisti è realizzata, l'esercito intero dei ferrovieri si mette agli ordini
della democrazia rivoluzionaria.
L'uno dopo l'altro seguirono Lunaciarski, che aveva le lagrime agli
occhi, Proscian, che parlò a nome
della sinistra S.R. ed infine Sakarascvili che, a nome del gruppo degli
internazionalisti unificati, formato dai membri dei gruppi Martov e Gorki,
dichiarò:
— Noi abbiamo lasciato lo Zik a
causa della politica intransigente dei bolscevichi e per obbligarli alle
concessioni necessarie per realizzare l'unione di tutta la democrazia
rivoluzionaria. Adesso che l'unione è fatta, noi riteniamo che sia un sacro
dovere riprendere i nostri posti nello Zik... Noi dichiariamo che tutti
quelli che hanno lasciato lo Zik devono ritornarvi.
Stakov, vecchio contadino, venerando membro della presidenza del
Congresso contadino, si inchinò verso i quattro angoli della sala e disse:
— Vi rivolgo tutti i miei voti in
occasione del battesimo della nuova vita e della nuova libertà russa!
Gronski, a nome dei socialdemocratici polacchi, Skripnik a nome dei Comitati d'officina, Fifonov, a nome delle truppe russe di Salonicco, e molti altri ancora si susseguirono alla tribuna, lasciando parlare il proprio cuore con l'abbondante eloquenza delle speranze soddisfatte...
A tarda ora della
notte, fu votata all'unanimità la risoluzione seguente:
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Ultima modifica 4.2.2004