[ Archivio di Bucharin ]
[ Indice de L'A.B.C. del Comunismo ]
103. Le condizioni dell'agricoltura
in Russia prima della rivoluzione.
104. Le condizioni agricole dopo la rivoluzione.
105. Perché l'avvenire appartiene alla grande coltivazione
socialista.
106. L'azienda agricola sovietica.
107. L'azienda agricola nelle città.
108. Le comuni e gli artel.
109. La coltivazione collettiva della terra.
110. Le cooperative agricole.
111. La semina delle terre incolte organizzata dallo Stato; la
mobilitazione delle forze agricole; i depositi delle macchine in affitto; i
miglioramenti; la coltivazione su nuove terre.
112. L'aiuto ai contadini
113. L'unione dell'industria con l'agricoltura
114. Il Partito comunista e la classe contadina
Prima della rivoluzione, la coltivazione agricola veniva eseguita soprattutto dai contadini. Dopo la rivoluzione d'ottobre, con la liquidazione della grande proprietà fondiaria, essa è diventata una coltivazione di piccoli proprietari rurali. In queste condizioni è molto difficile per il Partito comunista vincere la sua lotta per la grande coltivazione collettiva. Ma questa battaglia è già cominciata e, anche nel momento più difficile, dà già qualche risultato.
Per chiarire le condizioni in cui i comunisti debbono realizzare il loro programma nei villaggi, bisogna assolutamente fornire qualche cifra sulla coltivazione agricola e sui cambiamenti apportati dalla rivoluzione.
Fino alla rivoluzione, la proprietà fondiaria, nella Russia europea si divideva così:
Terre appartenenti allo Stato |
138.086.168 desiatin |
Terre appartenenti ai contadini (dopo l'abolizione della servitù della gleba, 1861) |
138.767.587 " |
Terre appartenenti a privati e ai diversi enti |
118.332.788 " |
Quasi tutte le terre dello Stato sono coperte da foreste, o sono attualmente inadatte alla coltivazione. Quanto alle terre dei privati o degli enti esse si ripartivano così:
Ai proprietari rurali |
101.735.343 desiatin |
Date in appannaggio |
7.843.115 desiatin |
Alla Chiesa |
1.871.858 desiatin |
Ai conventi |
733.777 desiatin |
Alle città |
2.042.570 desiatin |
Ai cosacchi (cosacchi del Don, del Kuban e degli Urali) |
3.459.240 desiatin |
A diversi |
646.885 desiatin |
Per quel che riguarda le terre date ai contadini, esse erano ripartite, secondo le statistiche del 1905, fra 12.277.355 famiglie, cioè ciascuna possedeva 11,37 desiatin. Ma questa media può ingannare: mentre nelle province centrali la maggior parte dei contadini possedeva molto meno, lotti più considerevoli (anche se pochi effettivamente coltivabili) esistevano nelle regioni periferiche. In realtà, gli antichi servi, che costituiscono la maggioranza dei nostri attuali contadini, avevano ricevuto, per ogni azienda familiare, in media 6,7 desiatin. In qualche provincia, questa cifra non raggiungeva nemmeno la metà. Nel 1916 il numero delle proprietà contadine superava già i 15 milioni (15.492.202); la superficie totale di terre a disposizione dei contadini, invece, era aumentata solo molto poco. Più che mai la terra mancava e la miseria cresceva.
Ma poiché le terre statali si prestavano male alla coltivazione, i contadini hanno potuto ingrandire la loro proprietà solo a spese del gruppo, sopra definito "dei privati e degli enti".
I privati, in primo luogo, dovevano essere spogliati della loro terra, i proprietari fondiari possedevano 53.169.008 desiatin: commercianti, contadini ricchi ed anche società e associazioni di tipo borghese e accaparratore. I proprietari rurali, che avevano più di 20 desiatin ciascuno, possedevano in tutto 82.841.413 desiatin. Le associazioni ne avevano 15.778.677. In questa direzione partì il primo assalto della rivoluzione contadina. In quanto agli enti, sono stati soprattutto i beni della Chiesa, dei conventi e in parte quelli dati in appannaggio, a passare in mano ai contadini.
La proprietà privata, soprattutto quella dei grossi proprietari fondiari, era, prima della Rivoluzione, completamente indebitata. Aveva più di 60 milioni di desiatine ipotecate per la somma di 3.497.894.600 rubli. Insomma, le banche russe e straniere erano le vere proprietarie di questa terra. Ciò spiega perché ogni specie di partito conciliatore, i socialisti rivoluzionari in testa, dopo aver reclamato a gran voce l'assegnazione gratuita di tutte le terre ai contadini, vigliaccamente si sottrassero e differirono l'ora della confisca, appena fu necessario realizzarla. Solo il Partito comunista bolscevico, che aveva rapporti con il capitalismo soltanto per abbatterlo, poteva, a differenza dei riformisti, sostenere fino in fondo la rivoluzione contadina diretta contro i grossi proprietari. Questa rivoluzione ha avuto la sua espressione legislativa nel decreto sulla terra presentato dal Partito comunista, e votato dal II Congresso dei Soviet.
Con questo decreto e con la fondamentale legge sulla terra, emanata dal II Congresso, la proprietà privata della terra viene soppressa; tutte le terre della repubblica sono a disposizione di chiunque voglia coltivarle con il proprio lavoro (la coltivazione della terra non è limitata dalla nazionalità). La terra viene distribuita ugualmente fra tutti gli abitanti in base alle personali possibilità di coltivazione. Inoltre, secondo la legislazione sull'organizzazione agricola socialista, ogni proprietà della repubblica è stata dichiarata proprietà di tutto lo Stato operaio e contadino, che ne dispone in modo sovrano.
Per effetto di questa legislazione rivoluzionaria, le condizioni agricole della Russia sono mutate radicalmente, e ancora continuano a subire ogni sorta di cambiamento. Innanzitutto è stata soppressa, su tutto il territorio della Russia, la grossa e media proprietà contadina. La grande proprietà è stata portata al livello della media proprietà contadina. D'altra parte i bisognosi, i contadini a cui mancava la terra, dispongono ora di lotti, la cui estensione si è avvicinata alla media normale. E conviene aggiungere che essi hanno frequentemente accresciuto le loro scorte, vive e morte, saccheggiando i grandi proprietari, oppure persino cercando d'ottenere eccessivi vantaggi. Quanto al pareggiamento delle proprietà nei comuni e nelle province, esso è lontano dall'essere compiuto e non si potrà ultimarlo in poco tempo.
Adesso non possono ancora stabilirsi i risultati definitivi della Rivoluzione nelle campagne, ma in genere tutta la terra lavorabile della grande e media proprietà è passata nelle mani dei contadini. Il potere dei Soviet è riuscito a conservare solo 2 milioni di desiatine di terra, come demanio sovietico. I contadini hanno occupato anche una parte delle terre che erano appartenute alle città. Si sono impadroniti pure delle terre della Chiesa, dei conventi e, in parte, di quelle date in appannaggio. Nelle mani dei contadini sono passate, in tutto, 40 milioni di desiatine di terre, un tempo private.
A disposizione del potere dei Soviet sono rimaste, oltre al demanio sovietico ed alle terre dei proprietari di zuccherifici, quasi tutte le terre che erano appartenute allo Stato e le foreste private nazionalizzate.
Così, il Partito comunista russo si trova a lottare per il socialismo nelle condizioni più ingrate. La maggior parte delle terre lasciate a disposizione dello Stato sono incoltivabili. Quasi tutto il suolo lavorabile del paese si trova in mano ai piccoli proprietari rurali indipendenti.
Ma, a dispetto delle cattive condizioni della socializzazione della coltivazione agricola in Russia, malgrado la resistenza ostinata dei proprietari piccolo-borghesi, l'avvenire in Russia è della grande coltivazione socialista.
Il sistema capitalistico ha vinto la piccola azienda agricola e la piccola industria. Ma bisogna aggiungere che si è impadronito più facilmente e rapidamente dell'industria che dell'agricoltura. L'ordinamento sociale comunista è più vantaggioso e più produttivo di quello capitalistico e, a maggior ragione, di quello della piccola proprietà contadina. Se la libbra è più pesante del grammo e il pud più della libbra, chiaramente il pud peserà più del grammo. A questo punto è indispensabile dimostrare, nel modo più evidente, quanto detto.
Innanzitutto, nella società socialista tutta la terra della Repubblica deve essere divisa in modo tale che in ogni distretto ed in ogni provincia venga coltivata a cereali, legumi, foraggi e piante industriali (lino, canapa, barbabietole, girasoli, ecc.) tenendo conto della qualità del suolo. L'agronomia dovrà organizzare tutto ciò.
I nostri contadini hanno fatto spesso il contrario: seminano grano nel terreno che fornisce un cattivo raccolto, e dove avrebbe potuto attecchire perfettamente il lino; o meglio, seminano la segale là dove il frumento avrebbe potuto dare ottimi risultati.
Attraverso questo piano scientifico di parcellizzazione delle terre, la produzione aumenterà, anche se i procedimenti di coltivazione non varieranno. Solo nella grande e media proprietà (e più facilmente nella grande che nella media) si può introdurre il sistema delle rotazioni. Qui, variando le colture, si raggiunge il massimo rendimento, mentre il nostro contadino, disponendo solo di tre campi, ne lascia un terzo incolto. Egli non potrebbe agire diversamente, data la piccola quantità e il frazionamento del suo terreno. Nelle grandi aziende contadine non va perduto nemmeno un pezzetto di terra. Invece i nostri contadini, in tutta la Russia, sprecano centinaia di migliaia di desiatine solo per delimitare i confini. Secondo miei calcoli, essi perdono in questo modo da 60 a 80 milioni di pud di grano.
La fertilità del suolo deriva principalmente dal concime. Una grande azienda (che può anche fare a meno di un gran numero di cavalli) è in grado di allevare numeroso bestiame da cui può ricavare molto concime naturale. Le grandi aziende contadine possono anche acquistare, più facilmente, fertilizzanti artificiali, o persino produrne parecchie specie, cosa che non è possibile per le piccole aziende. La cosa più difficile da fare economizzando lavoro è l'aratura, che può essere eseguita più rapidamente, profondamente e facilmente con il trattore, di cui non ci si può servire nella proprietà divisa in piccoli lotti. Parimenti, è più vantaggioso impiegare un gruppo di 8 o 10 trattori invece di uno solo.
È lo stesso per le grandi macchine, cioè quelle che fanno risparmiare all'uomo del lavoro. La trebbiatrice e la falciatrice a vapore, come gli altri attrezzi agricoli perfezionati, sono utilizzabili solo nelle grandi imprese.
Ecco gli strumenti più impiegati e in quali condizioni sono più redditizi:
L'aratro tirato da cavalli su una terra di |
27 desiatin |
Le trebbiatrici, le falciatrici, le seminatrici, in serie |
63 desiatin |
Le trebbiatrici a vapore |
225 desiatin |
L'aratro a vapore |
900 desiatin |
Il solo impiego dell'aratro a vapore aumenta di un terzo la fertilità del suolo.
Considerando soltanto la forza equina, il vantaggio della coltivazione su vasta scala rispetto a quella su piccola è nettissimo: in una grande impresa ogni cavallo lavora una più grande quantità di terra. Il suo rendimento aumenta, secondo certi calcoli, della metà, o persino dei due terzi.
Solo nelle grandi aziende agricole ci si può servire dell'elettricità. Alcune grosse scuderie e stalle sono preferibili a centinaia di piccole. Il massimo rendimento nell'allevamento del bestiame è raggiunto nelle grandi aziende.
Ma la maggiore economia si fa nel lavoro umano; è possibile diminuire della metà o dei due terzi la giornata lavorativa, pur aumentando tre o quattro volte la produttività della terra.
In base all'ultimo censimento, tutta la terra coltivabile in Russia (nel 1916), ammonta a 71.430.000 desiatine. Supponendo che tutta questa superficie venga lavorata una volta l'anno (ed ogni coltivatore sa che ciò non è vero), i contadini dovrebbero mobilitare, per questo lavoro, l'intera forza umana, 20 milioni di uomini, e tutta quella animale. Invece, lavorando questa terra con degli aratri tirati da trattori (che possono arare da otto a dieci desiatine al giorno), basterebbero un milione di uomini, cioè venti volte meno.
Se, invece di cento pasti in cento cucine, si preparasse un solo pasto collettivo in una cucina comune, 90 cuochi su 100 diventerebbero inutili e il loro lavoro potrebbe essere utilizzato altrove.
Il Partito comunista deve dunque lottare attivamente per stabilire nell'agricoltura un sistema più razionale, cioè il sistema comunista, che solo può liberare la campagna dalle perdite di tempo, così funeste nelle minuscole aziende, e infine dalla barbara maniera di nutrire la gente.
Quale via dovrà seguire il Partito comunista per raggiungere questo grande obiettivo? Ce ne sono parecchie. Cominciamo dalla più diretta.
Nel 1917, al tempo della presa di possesso della grande proprietà privata da parte dei contadini, in molte aziende modello ci si impadronì del bestiame di razza e del migliore materiale agricolo, che poi vennero sprecati. Tuttavia riuscimmo a salvare una parte di queste proprietà, che vennero occupate in tempo dai Soviet. Esse furono chiamate "fattorie sovietiche", nelle quali vennero incorporate anche le proprietà che non potevano essere interamente divise tra i contadini, già provvisti di una sufficiente quantità di terra.
Le aziende sovietiche costituiscono l'unico punto di partenza possibile di un sistema agricolo socialista, con tutti i suoi vantaggi. Solo grazie a loro possiamo veramente mostrare ai contadini tutto il vantaggio della grande coltivazione sociale della terra.
Soltanto attraverso queste aziende abbiamo la possibilità di mettere in evidenza la superiorità del sistema delle rotazioni, e i vizi di quello dei tre campi. Solo in esse possiamo far funzionare tutte le macchine agricole, anche le più complicate. Qui e soltanto qui, è possibile proteggere ed accrescere il bestiame di rizza. Con l'incrocio delle razze noi arriveremo a migliorare il bestiame dei contadini. Fra le imprese sovietiche noi potremmo anche creare delle fattorie modello e migliorare le sementi selezionandole. Già ora speciali macchine cercano di rendere più buono, per tutta la popolazione circostante, il grano da seminare. Nelle fattorie sovietiche, vengono organizzate scuole d'agricoltura, corsi d'agronomia, esposizioni, ecc. Ci si occupa anche dell'istruzione dei capiofficina di quei reparti d'attrezzatura che lavorano non solo per i bisogni degli stabilimenti, ma anche per quelli delle campagne vicine.
Il Partito comunista deve aumentare, nei limiti del possibile, la quantità di fattorie sovietiche, l'estensione delle loro terre (pur tutelando gli interessi della classe contadina). I Soviet cercano di riunire sul loro suolo i campioni delle migliori razze di bestiame della repubblica; d'organizzare la trasformazione tecnica più perfezionata dei prodotti agricoli; d'evitare la burocrazia e di combattere la cattiva gestione, che consiste nell'occuparsi unicamente dei bisogni dell'azienda e dei suoi operai, senza dar niente allo Stato sovietico; di creare uno stato maggiore di lavoratori qualificati, capaci non solo d'esercitare il controllo operaio, ma anche d'amministrare ogni proprietà; d'interessare la popolazione circostante alle fattorie sovietiche, ai loro metodi, agli scopi da loro perseguiti; di condurre i contadini a considerarle proprietà di tutti e le uniche capaci di difendere la causa dell'intero popolo lavoratore della Russia. Nel 1919, le fattorie sovietiche erano 3.536 e disponevano (senza contare le foreste) di 2.170.000 desiatine di terre coltivate.
Durante la terribile crisi alimentare, che è una delle conseguenze della guerra e della Rivoluzione, un'azienda agricola organizzata sistematicamente dalle città stesse assume un'enorme importanza per difendere dalla fame la popolazione urbana. Tale azienda comincia ad organizzarsi e le sue prospettive future sono incoraggianti. Uno dei problemi immediati per ogni municipio è quello d'assicurare ad ogni città un terreno sufficiente ad organizzare una grande azienda agricola. Prima della Rivoluzione, più di due milioni di desiatine di terreno appartenevano alle città. La maggior parte di questa terra, occupata da case, piazze, parchi e giardini, resta in possesso della città. Ma la parte arabile è andata ai contadini e i cittadini ne sono rimasti privi. È indispensabile restituire a loro questo terreno ed espropriare anche tutte le terre circostanti, quando sono necessarie per formare un'impresa agricola vasta e ben organizzata.
In parecchie città, già nel 1919, i Soviet sono riusciti a gestire l'orticoltura ed a fornire la quantità di prodotti necessari a nutrire tutta la popolazione urbana per un anno intero. Bisogna insistere su questa via. Ogni città deve disporre di un terreno sufficiente a produrre i legumi indispensabili a tutti i suoi abitanti. È egualmente essenziale che ogni città possieda una grande stalla bovina, che fornisca il latte almeno per i bambini e per i malati e, di conseguenza, abbia il terreno sufficiente per pascolare le bestie. È pure possibile, attraverso una buona azienda agricola urbana, fornire i lavoratori non solo di patate e di cavoli, ma anche di legumi secchi. Si possono mantenere in comune tutti i cavalli delle città e realizzare così più facilmente la nazionalizzazione dei trasporti. A parte i capitali, il predetto programma (se non si mira alla meta utopistica di fornire il grano a tutta la popolazione urbana) può essere realizzato l'anno prossimo, come dimostra l'esperienza, in tutte le città della repubblica.
Ma le fattorie sovietiche cittadine hanno un'altra importanza: servono innanzitutto, per il completo impiego dell'immensa quantità di concime fornito dalle città sotto forma di immondizie domestiche, rifiuti vari, escrementi, ecc. Questo concime va, generalmente, quasi tutto perso. Inoltre le fattorie sovietiche cittadine possono contribuire largamente ad unire l'industria all'agricoltura. Nei prossimi anni una parte della popolazione urbana potrà partecipare ai lavori dei campi, nelle terre della grande azienda agricola cittadina, senza far torto all'industria.
Le fattorie sovietiche rurali e quelle cittadine debbono, non solo rappresentare le aziende modello, ma anche contribuire ad attenuare la crisi alimentare. L'esperienza ha provato che, nel momento più critico, prima del nuovo raccolto, quando i contadini non avevano o avevano appena cominciato a battere il grano, erano le fattorie sovietiche che aiutavano il ministero dell'alimentazione ad uscire da una pericolosa situazione. Nel 1918 e nel 1919, il primo grano del nuovo raccolto proveniva dalle fattorie sovietiche. In futuro questo ruolo non può che accentuarsi. Utilizzando tutto il terreno delle fattorie sovietiche, la repubblica è in grado di fornire la metà del pane necessario ai lavoratori urbani e di diminuire, così, la sua dipendenza rispetto alle consegne delle campagne.
L'azienda sovietica può ingrandirsi solo attraverso la terra incolta delle Province di frontiera o le terre statali, che possono diventare coltivabili per mezzo di miglioramenti (prosciugamenti, dissodamenti, ecc.). Riguardo alla nostra agricoltura in generale, essa potrà divenire socialista soltanto quando lo diverrà l'agricoltura contadina. Nelle fattorie sovietiche i contadini vanno a vedere i vantaggi offerti da una grande coltivazione collettiva. Essi potranno ottenerli solo raggruppandosi in comuni o in artel. Nella società capitalista, i progressi della grande proprietà contadina si realizzano unicamente a spese del piccolo proprietario. Nella società socialista, una grande proprietà può sorgere dalla fusione di numerose piccole proprietà.
Fra i contadini, le parole "comune" ed "artel" hanno lo stesso significato. Molte comuni si chiamano "artel" perché il contadino non ama la parola "comune" ed ha paura d'impiegarla persino quando ha realmente realizzato una comune. L'unica differenza fra comune ed artel è che l'artel rappresenta solamente un'unione per la produzione (unione per il lavoro), mentre la comune costituisce un'unione per la produzione e per il consumo (cioè insieme per il lavoro, lo scambio e il consumo).
Il numero di comuni e di artel aumenta rapidamente nella Russia sovietica. Ecco le ultime cifre dell'autunno 1919:
|
Numero |
Terre coltivabili |
Comuni |
1.901 |
150.000 desiatin |
Artel |
3.698 |
480.000 desiatin |
Unioni di compagni per coltivare la terra in comune |
688 |
Queste cifre provano che il movimento in favore delle comuni e degli artel cresce e si allarga. Ma queste cifre ci mostrano pure il lato debole di questo sistema. In primo luogo, l'estensione media del terreno delle comuni non è grande. Vediamo la piccola proprietà non diventare grande, ma appena media., Nei casi più favorevoli supera appena la media. Così la comune non può arrecare né ai suoi partecipanti, né alla popolazione circostante, i vantaggi della grande azienda contadina. Su una distesa di qualche desiatina, non si possono utilizzare tutte le macchine agricole e non si può applicare il sistema della rotazione. Ma anche quel poco che si ricava da questo sistema medio, ha una grandissima importanza. Si trae vantaggio dalla divisione del lavoro; parte delle donne è dispensata dai lavori domestici, e porta, così, il suo aiuto nei lavori dei campi. Appare la possibilità di fare a meno di una certa quantità di cavalli, tutti i lavori vengono eseguiti in tempo, la terra è coltivata meglio e il raccolto diventa maggiore di quello dei piccoli appezzamenti contadini.
Il risparmio di forza umana è provato dal fatto che la maggioranza delle comuni intraprendono una serie di lavori di carattere non agricolo: costruiscono mulini, organizzano laboratori d'industria domestica, di riparazione, ecc. Le comuni possono muovere, il secondo passo verso il socialismo soltanto se si uniscono. Tale scopo può essere raggiunto con l'unione di due comuni vicine, o con l'ammissione in una comune di nuovi membri, scelti fra la popolazione rurale attigui, o con la fusione fra comuni e fattorie sovietiche.
Il compito più importante del Partito comunista, in questo momento, è quello d'elevare la produzione agricola contadina fino al livello dell'economia media della comune. Si può affermare, senza timore, che, per questa via, potremo raggiungere una più alta produttività. Lo Stato proletario deve accelerare questa realizzazione non solo con una propaganda metodica a parole e a fatti (le fattorie sovietiche), ma anche mettendo a disposizione delle comuni nascenti tutti i vantaggi materiali (sostegno finanziario; fornitura di sementi, bestiame, attrezzi e tecnici).
La comune non solo è il gruppo di lavoro più perfetto, ma anche il miglior procedimento per operare la distribuzione dei mezzi di sussistenza. L'artel rappresenta soltanto un'unione per il lavoro. La coltivazione collettiva della terra costituisce un'unione ancora meno compatta, più liberale, se si vuole, più accidentale dell'artel. Una comunità agricola, che non può costituirsi in artel, né in comune, a causa di dissensi interni, può tuttavia arrivare alla coltivazione collettiva della terra, senza dar luogo ad ulteriori legami. Il risultato è che tutto resta come prima, eccetto questa sola importante circostanza: la terra comune non verrà suddivisa in piccoli appezzamenti, ma sarà coltivata da tutta la comunità. Ogni casa baderà al suo orto; ogni piccola proprietà resterà intatta, soltanto i cavalli e le macchine saranno concessi, per un po' di tempo, ad ogni casupola.
Il Comitato Centrale Esecutivo ha previsto il caso di questa forma piuttosto primitiva d'economia collettiva, nei suoi decreti riguardanti l'amministrazione socialista della coltivazione agricola. I vantaggi principali di questo tipo d'organizzazione sono che il contadino conserva la sua libertà d'azione, salvo che per il lavoro dei campi, e acconsente più facilmente a tale cooperazione, perché la sua indipendenza non è minacciata. Peraltro, questa coltivazione collettiva presenta già considerevoli vantaggi: la scomparsa delle delimitazioni e la possibilità delle rotazioni, l'impiego completo degli strumenti per arare, l'aiuto alle famiglie senza operai né bestiame, ecc.
Ci si può aspettare che la coltivazione collettiva della terra, che rappresenta il primo passo verso l'amministrazione collettiva dell'agricoltura, riceva, nelle nostre campagne, la più vasta applicazione. Questa forma di coltivazione, secondo le nostre informazioni, è stata attuata in molte parti, già nel 1919. Alcune grandissime comuni sono state divise in decine di gruppi e coltivano la terra in comune. In parecchi casi la terra delle comuni è stata coltivata in questo modo.
Già prima della rivoluzione, la lavorazione cooperativa di diversi prodotti agricoli si era molto estesa fra i contadini. Bisogna ricordare gli artel per la produzione del burro e del formaggio, molto diffusi nelle province del nord e dell'alto Volga. Ci si possono aggiungere anche le società di macerazione del lino, quelle che preparavano la melassa, che essiccavano la frutta, che pressavano il fieno, ecc. Il potere dei Soviet le appoggia in tutti i modi. Il Partito comunista deve spingere i lavoratori delle campagne a formare queste cooperative, a svilupparle, a migliorarne la produttività e, soprattutto, ad opporsi ai tentativi del piccolo capitale di trincerarsi dietro questi artel nella sua lotta contro il potere sovietico e la grande coltivazione socialista.
Per effetto della guerra e della conseguente terribile disorganizzazione, una grande quantità di terra è rimasta incolta. Lo Stato sovietico non può permettere che delle terre restino incolte proprio quando la crisi alimentare si fa sentire in modo così crudele nelle città e nelle province improduttive. Perciò il potere sovietico deve seminare le terre incolte, senza distinzione di proprietario. Questa misura ha una grandissima importanza, soprattutto nei territori che sono stati teatro della guerra civile; qui, infatti, tutti i grossi agricoltori hanno lasciato le loro terre e sono passati al nemico. Così, pure la raccolta del grano, abbandonato dai suoi proprietari, deve essere fatta dallo Stato.
In Russia si può risollevare l'agricoltura disorganizzata solo tramite misure decisive e rivoluzionarie. Una di queste è la mobilitazione delle forze agronomiche, cioè il servizio obbligatorio di tutti i tecnici agronomi. Essi sono pochi in Russia. Ma la loro mancanza si fa sentire ancor più, perché è enorme il lavoro necessario per riorganizzare l'agricoltura e risollevare la sua produttività, e perché nelle nostre campagne tutto è da trasformare. La mobilitazione delle forze agronomiche non è altro, per così dire, che la socializzazione delle conoscenze agronomiche, che solo lo Stato può impiegare nel modo più efficace.
La guerra imperialista ha impedito alla Russia d'importare dall'estero macchine agricole. La nostra industria non ha mai soddisfatto le richieste dell'agricoltura e la maggior parte di queste macchine, soprattutto le più costose e le più complicate, ci venivano dalla Germania, dalla Svezia e dall'America. Inoltre abbiamo dovuto ridurre al minimo la nostra produzione di macchine in seguito alla carenza di metallo e di carbone. Tutto ciò ha causato una grande insufficienza d'attrezzature agricole.
In circostanze così gravi la razionale ripartizione dell'attrezzatura e la sua completa utilizzazione sono della più grande importanza. Tale impiego è impossibile se si conserva la proprietà degli strumenti agricoli; parte del tempo la macchina resta inattiva presso il suo proprietario, mentre i vicini non hanno di che lavorare e mietere.
Per aiutare i più poveri d'attrezzatura agricola e perché venga utilizzata nel miglior modo possibile, essa non viene data in completa proprietà, ma messa a disposizione tramite le stazioni d'affitto di macchine agricole. In altre parole, l'attrezzatura destinata ai contadini, non viene loro venduta, ma distribuita per zone (villaggi, comuni, distretti) e messa a disposizione, per un certo periodo di tempo, di chi ne ha bisogno, dietro pagamento di una data somma per coprire le spese. Questi depositi di macchine si chiamano uffici di noleggio. Qui il materiale viene custodito, messo in ordine, pulito dopo il suo uso e, nelle località bene amministrate, persino riparato. Questi depositi sono stati costruiti e già funzionano, ma sono ancora poco numerosi. Il potere sovietico deve, fare in modo che essi racchiudano tutte le macchine agricole senza eccezione, soprattutto quelle più complesse. Ciò assicura il pieno rendimento di queste macchine, senza parlare dell'aiuto arrecato a chi ne ha bisogno e non dispone dei mezzi per comperarle. A questi depositi deve far ritorno tutta l'attrezzatura presa dagli incettatori. Questo sistema, largamente stabilito, di fornitura di macchine agricole da parte degli uffici di noleggio ci condurrà, lentamente ma sicuramente, alla nazionalizzazione dell'attrezzatura agricola più importante, aiuterà l'agricoltura e ne affretterà la socializzazione.
Nel programma agrario del potere proletario i miglioramenti debbono occupare un posto importante. Il potere sovietico dispone di alcuni milioni di desiatine di terre, che attualmente sono poco adatte alla coltivazione, ma che possono divenirlo dopo alcuni lavori di dissodamento, drenaggio, e prosciugamento (attraverso le canalizzazioni sotterranee, l'irrigazione artificiale, ecc.). Se limitate sono le possibilità d'ingrandimento delle fattorie sovietiche per quel che riguarda le terre già coltivate, altrettanto illimitate sono le distese di terre incolte, che possono essere strappate alla natura dalla giovane agricoltura socialista.
Lavori per migliorare il suolo. Ecco uno dei problemi principali che il potere sovietico deve risolvere, e per la sua soluzione bisogna utilizzare tutti gli strati sociali parassitari.
Politica di coltivazione di nuove terre. Il nostro programma non contiene questo capitolo, ma è utile analizzarlo, perché presto o tardi il potere sovietico sarà obbligato a rivelare quale politica di colonizzazione intenda seguire. Malgrado la confisca e la divisione delle grandi proprietà, la mancanza di terra si fa terribilmente sentire ancora in molte province. Eppure noi possediamo enormi terreni incolti nelle province di frontiera. Nel prossimo futuro la colonizzazione di questi luoghi diverrà assolutamente indispensabile. Lo Stato dovrà, non solo collocare i contadini su piccoli appezzamenti separati per fondarvi piccole aziende, ma anche preparare tutto il necessario per organizzare una coltivazione socialista su vasta scala (dei fabbricati collettivi, il terreno comune diviso per le rotazioni, delle macchine agricole perfezionate, ecc.).
Le fattorie sovietiche, come le comuni, gli artel e tutte le misure adottate possono far di nuovo aumentare la produttività del lavoro agricolo e la fertilità del suolo attraverso l'organizzazione della grande coltivazione sociale del terreno. Questa via è la sola che ci condurrà sicuramente e velocemente in porto. Ma, per quanto grandi saranno i nostri successi nell'organizzazione delle fattorie sovietiche e comuniste, le piccole proprietà contadine continueranno ad esistere ancora per molto tempo, rimanendo in Russia, la forma dominante dell'agricoltura, sia per la quantità di terreno coltivato che per quella dei prodotti raccolti. Si impone dunque il problema di aiutare queste piccole aziende contadine ad aumentare la produttività del suolo, anche se rimangono chiuse nei limiti piccolo-borghesi.
Il nostro programma contempla tutta una serie di misure che possono essere adottate dal potere sovietico per aiutare i piccoli contadini. Ecco questi provvedimenti:
In primo luogo, l'aiuto nella delimitazione. Il male essenziale delle nostre campagne, contro cui sempre più lottano i contadini, è lo spezzettamento dei campi e la loro lontananza. Gli orti di una collettività sono spesso situati sui confini di quelle vicine. Alcuni appezzamenti distano fra loro 7 o 10 verste (1 versta = m. 1067) e restano incolti. Per rimediare a questo stato di cose i contadini si sono riuniti in nuovi casali, modificando così la vecchia ripartizione delle terre, impossibile da mantenere dopo la confisca delle grandi proprietà. Nella misura in cui queste nuove aziende agricole sono destinate a lottare contro la divisione in appezzamenti e favoriscono una coltivazione di livello superiore, cioè nella misura in cui i contadini hanno bisogno di un aiuto per la divisione delle terre, il potere sovietico deve assisterli con i suoi agronomi e con i suoi geometri.
Il contadino russo, impiega per la semina lo stesso grano che bisogna macinare. Eppure il raccolto sarebbe molto migliore se, in eguali condizioni, la semina fosse fatta con grano di alta qualità, che può essere fornito ai contadini soltanto dallo Stato. Solo lo Stato può acquistarlo all'estero o mettere a loro disposizione le piccole riserve di sementi selezionate dalle fattorie sovietiche.
Il bestiame dei contadini è fortemente diminuito e peggiorato. Il suo miglioramento è assolutamente necessario. Eppure tutto ciò che resta del bestiame di razza si trova nelle fattorie e proprietà sovietiche, o a disposizione degli organi statali. Attraverso la costruzione di stazioni di monta collettiva nelle fattorie sovietiche, o la distribuzione di animali da riproduzione in diverse località, lo Stato può essere di grande aiuto per l'allevamento del bestiame che si trova in una situazione critica.
Tutta una serie di cognizioni agronomiche molto importanti sono totalmente ignote alla grande maggioranza dei nostri contadini. Soltanto la loro diffusione aiuterà a migliorare la coltivazione della terra. A parte le conferenze agronomiche tenute dai tecnici sovietici nei distretti agricoli, bisogna organizzarne anche nelle fattorie sovietiche, è necessario creare dei corsi stagionali, promuovere una letteratura popolare agronomica, ecc.
Oltre a diffondere le scienze agronomiche, il potere sovietico deve fornire anche un aiuto tecnico diretto. Malgrado tutta la nostra insufficienza di personale specializzato in campo agricolo, la sua mobilitazione ha raggiunto il suo scopo, nel senso che l'agronomia, che prima serviva solo ai grandi sfruttatori agrari, ora lavora per i contadini. Oltre alla creazione di numerosi corsi e scuole agronomiche, sono necessari anche corsi speciali per i contadini meglio dotati delle comuni e degli artel, affinché si formi, fra la classe contadina, un'avanguardia di coltivatori coscienti.
In questo momento assume una grandissima importanza per i contadini la possibilità di riutilizzare l'attrezzatura usata. Non esistono piccole officine in grado attualmente, data la scarsità di ferro, di riparare tutta l'attrezzatura necessaria. Solo lo Stato può organizzare convenientemente questo lavoro in modo sia di far aumentare il numero delle officine annesse alle fattorie sovietiche, sia di creare tutta una serie di officine, razionalmente distribuite, e dedite unicamente alla riparazione dell'attrezzatura agricola.
Milioni di desiatine di terra lavorabile sono incolte, eppure il loro miglioramento è possibile. Ciò non viene fatto, innanzitutto perché l'esecuzione di tali lavori trascende la forza di cui dispone una sola collettività, e poi perché i contadini non possiedono un'adeguata istruzione. In questo campo l'aiuto dello Stato proletario può essere determinante e, malgrado la guerra civile, già si manifesta in molte regioni.
Nel periodo 1901-1910, ogni desiatina forniva il seguente raccolto medio:
Segale |
Orzo |
Frumento |
Avena |
Patate |
|
Danimarca |
120 |
158 |
183 |
170 |
- |
Olanda |
111 |
176 |
153 |
145 |
1.079 |
Inghilterra |
- |
127 |
149 |
118 |
908 |
Belgio |
145 |
179 |
157 |
161 |
1.042 |
Germania |
109 |
127 |
130 |
122 |
900 |
Turchia |
98 |
117 |
98 |
105 |
- |
Francia |
70 |
84 |
90 |
80 |
563 |
Stati Uniti |
67 |
93 |
64 |
74 |
421 |
Russia |
50 |
51 |
45 |
50 |
410 |
Così, benché il nostro suolo sia ben più fertile di quello dei paesi occidentali, noi occupiamo l'ultimo posto nella produttività della terra. Da ogni desiatina ricaviamo tre volte e mezzo meno avena del Belgio e della Danimarca, quattro volte meno frumento della Danimarca, e tre volte meno dell'Inghilterra e della Germania, tre volte meno orzo del Belgio; persino in Turchia, una desiatina fornisce il doppio di cereali della nostra coltivazione agricola. Bisogna aggiungere che la produttività delle nostre terre è ancora più bassa delle cifre sopra ricordate, giacché quella delle grandi proprietà è, da 1/5 a 2 volte e 1/2, più alta di quella delle aziende contadine.
Se noi abbandoniamo i vecchi procedimenti dei nostri nonni ed adottiamo metodi agricoli più moderni, la classe contadina può dunque arrivare a rendimenti 2 o 3 volte superiori.
La crescita delle città, causata dalla separazione dell'industria dall'agricoltura e dal predominio economico dell'industria, ha assunto, nell'ultima fase del capitalismo, un carattere enormemente diffuso. Le migliori forze delle campagne si trasferivano in città. La popolazione urbana aumentava, non solo più rapidamente di quella rurale, ma anche a spese di quest'ultima. Nella maggioranza degli Stati capitalisti la popolazione rurale è diminuita, mentre alcune città hanno raggiunto una mostruosa estensione. Tutto ciò ha generato una situazione altrettanto pericolosa sia per le città che per le campagne. Fra i principali inconvenienti, bisogna citare: lo spopolamento delle campagne, il loro barbaro allontanamento dalla civilizzazione urbana, il divorzio fra abitante urbano e natura, la sua separazione dal salutare lavoro agricolo e la conseguente degenerazione della popolazione urbana; la difficile installazione nelle città di certi rami industriali che trasformano i prodotti agricoli, il considerevole impoverimento del suolo, provocato dal fatto che la città non restituisce alla campagna, sotto forma di concime, ciò che prende sotto forma di prodotti alimentari.
Il riavvicinamento della città alla campagna, l'unione fra industria e agricoltura, la partecipazione degli operai industriali ai lavori agricoli: ecco i compiti più urgenti del comunismo in questo campo. Si è già fatto qualche passo in questa direzione, con la distribuzione alle imprese ed agli enti cittadini di decine di migliaia di desiatine, con il trasporto di operai urbani nelle fattorie sovietiche, con la creazione presso fabbriche ed officine di orti suburbani, con l'organizzazione di sabati comunisti agricoli, con la mobilitazione d'impiegati sovietici per i lavori degli orti municipali, ecc. Il Partito comunista sta avanzando sulla strada dell'unione fra industria ed agricoltura, strada che finirà per ricondurre in campagna l'eccesso di popolazione urbana.
Abbiamo parlato nel nostro programma agrario di ciò che si è voluto realizzare nell'agricoltura. Dobbiamo adesso esaminare come attuarlo, su quali elementi appoggiarci, con quali mezzi portare dalla nostra parte la maggioranza contadina o, almeno, ottenere la sua neutralità.
Nella lotta per prendere possesso della grande proprietà rurale, il proletariato urbano era seguito da tutta la classe contadina, ivi compresi i grossi fittavoli. Ciò spiega il successo della rivoluzione d'ottobre e la caduta del governo provvisorio borghese, che tirava per le lunghe la liquidazione della grande proprietà rurale. Ma il decreto della socializzazione della terra, con la sua divisione egualitaria, ha gettato gli sfruttatori delle campagne nel campo della controrivoluzione. Essi hanno perso una parte della terra acquistata prima della Rivoluzione, ed anche quella che prendevano in affitto dai contadini bisognosi. Hanno così perso tutto ciò di cui erano riusciti ad impadronirsi durante il saccheggio delle grandi proprietà. Hanno, infine, perso la possibilità d'ingaggiare lavoratori salariati. I kulak avrebbero potuto prendere il posto dei grandi proprietari rurali, se la nostra rivoluzione si fosse fermata nei limiti democratici e borghesi. Essi formano una casta che, per la sua stessa essenza, rappresenta un mortale nemico dell'organizzazione socialista dell'agricoltura, e pretendono di sviluppare il nostro sistema agricolo sul tipo di quello danese o americano. Senza il potere proletario e la sua politica socialista, sul suolo liberato dal grosso proprietario si sarebbe sviluppata, con sorprendente rapidità, l'azienda borghese media, con l'impiego di lavoro salariato, una migliore tecnica agricola, e anche con un enorme afflusso di contadini semiproletari. Il kulak è entrato nella rivoluzione con le speranze e le prospettive più rosee, ma ne è uscito leso persino nella sua proprietà anteriore alla rivoluzione. Gli sfruttatori rappresentano, dunque, fino alla loro totale scomparsa, i nemici più accaniti dello Stato proletario e della sua politica agricola. Per quanto li riguarda, essi, a causa delle loro tendenze controrivoluzionarie, non possono non aspettarsi, da parte del potere sovietico, una lotta senza quartiere; non possono non attendersi la loro metodica espropriazione e la loro mobilitazione per i lavori pubblici, soprattutto per quelli che riguardano il miglioramento delle terre contadine e di quelle statali.
In Russia la grande maggioranza della classe contadina è formata di medi proprietari. Questi sono entrati in possesso della loro terra con l'aiuto del proletariato urbano e, solo con il suo aiuto, possono difenderla nella lotta contro la spinta controrivoluzionaria. Allo stesso modo, soltanto unendosi al proletariato, seguendolo e lasciandosi guidare da lui, la classe contadina può liberarsi dall'oppressione dei capitalisti internazionali, dei briganti imperialisti, dall'ossessione del pagamento dei miliardi di debiti zaristi e dalle difficoltà dei cambiamenti governativi. Solo così, l'unione con il proletariato socialista le permetterà di passare, senza miseria, né sofferenza, né rovine, dalla piccola azienda agricola, condannata in ogni caso a scomparire, alla grande azienda collettiva, molto più vantaggiosa, molto più produttiva.
Ma la ristretta mentalità del proprietario medio lo convince ad unirsi al ricco proprietario; vi è spinto soprattutto dall'obbligo di dividere il sovrappiù del suo pane con l'operaio della città, senza la speranza di ricevere immediatamente in cambio nessun manufatto. Il Partito comunista deve sforzarsi di allontanarlo dal grande contadino sfruttatore, che è solo un agente del capitalismo internazionale. Il nostro partito ha pure il compito di provare a questa classe contadina media che solo degli interessi passeggeri ed immediati possono trascinarla verso gli sfruttatori agrari e la borghesia, mentre i suoi interessi duraturi ed essenziali le impongono, in quanto classe lavoratrice, di allearsi con il proletariato urbano. Infine, pur combattendo per l'organizzazione socialista dell'agricoltura, non dobbiamo irritare i contadini medi con i nostri prematuri provvedimenti, né spingerli, con la nostra imprudenza, a resistere in tutti i modi al raggruppamento nelle comuni e negli artel. In questo momento il comunismo, in Russia, deve soprattutto indurre gli operai ed i contadini a convincersi della necessità di spazzar via la controrivoluzione. Una volta eseguito questo compito, non esisteranno più ostacoli insuperabili per l'organizzazione socialista dell'agricoltura. Quanto agli strati poveri del proletariato e del semiproletariato delle campagne, essi non hanno mai smesso di rappresentare l'elemento essenziale della dittatura proletaria, anche dopo aver visto la loro condizione materiale raggiungere quella del contadino medio. Grazie a loro il potere sovietico è riuscito a sconfiggere sul serio i ricchi fittavoli, e a separare da questi la classe media. Con l'aiuto dei più poveri, impregnati di spirito comunista, il potere dei Soviet ha potuto anche attuare la mobilitazione generale dei contadini, nei momenti più decisivi della guerra. E sono stati ancora loro che hanno fornito il più grande numero di membri alle comuni ed agli artel e che hanno contribuito ad applicare i decreti agricoli e gli altri decreti del potere sovietico.
Il compito più urgente del Partito, rispetto ai contadini poveri, deve essere quello di mettere di nuovo insieme le loro unità disperse in seguito allo scioglimento dei Comitati dei contadini poveri. È sul terreno della produzione che si riuniranno nel modo più sicuro, e raggiungeranno, attraverso l'acquisizione di migliori metodi di coltivazione, una più grande influenza nel paese. Questo obiettivo sarà raggiunto ancor meglio inglobando tutto il proletariato nelle comuni e negli artel agricoli.
Dall'essere un buon agricoltore il contadino speculatore ricava la sua forza. La sua cultura è la migliore fra le culture piccolo-borghesi. Riunendosi in comuni, il contadino povero produrrà meglio del contadino medio, diventerà persino più forte dei contadini ricchi. Su questa base economica, sulla superiorità del membro della comune rispetto al piccolo proprietario, può fondarsi la dittatura del proletariato nelle campagne. Ma essa non sarà più la dittatura dei poveri, né quella dei sanculotti e dei "parassiti", come la chiamavano, non senza ragione, i pezzi grossi dei villaggi al tempo dei Comitati dei contadini poveri; sarà, invece, il dominio dell'avanguardia, che avrà superato di due secoli la maggioranza della classe contadina.
Ma riunire nelle comuni tutto il proletariato delle campagne è un compito estremamente difficile. Bisogna creare delle unioni professionali del proletariato più povero, fino a quando non si sarà rotto con la piccola azienda contadina. Queste unioni dei poveri debbono continuare a lottare contro gli eccessivi profitti dei contadini agiati, lotta che non è stata portata a termine dai Comitati dei contadini poveri. Esse dovranno allacciare relazioni economiche con lo Stato, al quale i poveri dovranno fornire un certo lavoro, e riceverne in cambio differenti prodotti in condizioni migliori, e tutto l'aiuto economico necessario. Esiste in Russia una considerevole quantità di queste unioni, che hanno, però un carattere locale, temporaneo o accidentale.
Bisogna saldare queste organizzazioni in unità più importanti. Un grande avvenire attende queste unioni di poveri nelle province poco produttive (preparazione di resine, distillazione del catrame, abbattimento degli alberi, lavorazione del legno, ecc.).
Il compito del Partito comunista, nei confronti del proletariato rurale, è quello di unirlo più strettamente al proletariato urbano, di fargli perdere le sue abitudini piccolo-borghesi e le sue speranze irrealizzabili di coltivazione individuale, e di creare, ovunque esista un insieme di poveri, dei gruppi di comunisti e di simpatizzanti. Ogni operaio deve divenire membro di una comune, ogni membro della comune, comunista.
Ultima modifica 2.1.2003