Il 15 Agosto 1936, la stampa annunciò che il caso del “centro unificato trotzkista-zinovievista era stato affidato al collegio militare della corte suprema. L’accusa sosteneva che il centro trotzkista-zinovievista era stato creato nel 1932 su input di Trotzky e Zinoviev, e che lo scellerato omicidio di Kirov, del 1 Dicembre del 1934, era stato organizzato direttamente da Trotzky, Zinoviev e il suddetto centro”.
Da quel giorno la stampa ha iniziato a pubblicare risoluzioni provenienti da “assemblee di lavoratori” nelle quali non solo si dava per assolutamente provata la colpa degli imputati, ma si stabiliva in anticipo anche il verdetto della giuria. Scriveva la Pravda: “Il fetore sotterraneo dei banditi del caso Trotzky-Zinoviev-Kamenev alita su di noi…I serpenti strisciano su ciò che per noi e più prezioso. Ora conosciamo il legame degli zinovievisti con l’organizzazione controrivoluzionaria estera di Trotzky e con esponenti della polizia segreta nazista (Gestapo). Nessuna pietà, niente misericordia per i nemici del popolo che hanno cercato di privare il popolo del loro leader.”
Simili frasi, a commento dell'imminente processo, venivano pronunciate anche da ben noti scrittori, scienziati, attori e altri personaggi “eccellenti”.
Gli imputati comprendevano due gruppi distinti di personalità. Il primo gruppo era composto da undici eminenti bolscevichi che, nel 1926-27 avevano partecipato al blocco dell'opposizione unificata. Il secondo gruppo era formato da giovani membri del Partito Comunista Tedesco emigrati in URSS. All'inizio degli anni trenta tre di loro avevano fatto parte dell'Opposizione di Sinistra Tedesca, erano quindi stati espulsi dal partito, e, in seguito, dopo la ritrattazione rituale, riammessi al partito. Dopo il loro arrivo in URSS, tutti e cinque gli emigrati avevano lavorato per l'apparato Sovietico o per Comiziante, pubblicando infuocati articoli anti-trotzkisti.
Riassumendo quanto riportato dai giornalisti stranieri presenti al processo, Sedov scrisse: “ Gli anziani seduti, schiantati del tutto, depressi, rispondono con voce soffocata, celando malamente il pianto. Zinoviev è magro,incurvato, capelli bianchi e guance infossate. Mrachkovsky tossisce sangue, viene sostenuto dalle mani dei compagni quando sviene. Tutti loro appaiono uomini esausti, braccati. Gli altri, i giovani, sono sicuri di sé, disinvolti, visi curati, allegri, sembrano a una festa di compleanno. Con malcelato piacere parlano dei loro legami con la Gestapo e di altre incredibili storie.
L'accusa sottolineava che il processo del 1935, non aveva potuto produrre prove che dimostrassero che i capi dell'opposizione di Zinoviev avevano dato direttive per l'assassinio di Kirov e che erano a conoscenza della sua preparazione. Questo veniva spiegato con il fatto che coloro che avevano avuto parte diretta nella preparazione dell'assassinio di Kirov, oltre a quello di altri capi, avevano maliziosamente, nascosto simili informazioni. A parte questo aspetto, non c'era alcuna continuità tra il processo “Zinoviev” del 1935 e il processo dei sedici. Solo quattro dei diciannove condannati al primo processo vennero portati alla sbarra nel nuovo processo. Gli uomini restanti non vennero citati nemmeno come testimoni. Al processo del 1936, oltre al “Centro Unito Trotzki- Zinoviev, si faceva riferimento a un “Centro Di Mosca”, ma i suoi componenti non avevano niente in comune con coloro che erano stati condannati, sempre come appartenenti a un “Centro Di Mosca”, nel Gennaio del 1935. Il Nuovo “Centro Di Mosca” era accusato di aver preparato degli attentati terroristici contro Stalin e Voroshilov, sulla base di una lettera di Trotzki scritta con l'inchiostro simpatico e portata dall'estero dalla sorella di Dreitser. Dopo aver avuto la lettera Dreitzer la spedì a Mrachowsky in Ksazakistan, il quale, dopo aver riconosciuto la scrittura di Trotzki e l'autenticità della lettera,” per motivi di segretezza cospirativa”, la bruciò immediatamente. Vyshinsky, senza fornire neanche una prova, accusò anche Smirnov di aver ricevuto la lettera: “Sono profondamente convinto che conoscevate questa lettera, anche se eravate imprigionati in un isolamento politico”.
Secondo gli investigatori, l'attività di Trotzki si era svolta in un clima di massima segretezza. Ciò nonostante, Vyshinsky, nella sua requisitoria, era riuscito a trattenersi dallo scovare tracce di propaganda terroristica anche negli scritti pubblici di Trotzki. Così proclamò che “Nel Marzo del 1932, in un impeto controrivoluzionario, Trotzki pubblicò una lettera aperta dove chiedeva la rimozione di Stalin”.
Vyshinsky si riferiva ad una lettera al Presidio del Comitato Centrale che Trotzki che aveva pubblicato quando era stato privato della cittadinanza Sovietica, limitandosi all'estrapolazione di solo due parole, senza riferimenti al contesto in cui la lettera era stata scritta. In ogni modo, l'appello di Trotzki non era rivolto ai suoi seguaci, ma alle più alte autorità dello stato Sovietico. “Stalin vi ha condotto in un vicolo cieco”, scriveva Trotzki, “ Voi non potete percorrere la strada maestra senza prima liquidare lo stalinismo. Dovete dare fiducia alla classe operaia; dovete dare all'avanguardia della classe operaia la possibilità, per mezzo della libera critica, dall'alto e dal basso, di rivedere l'intero sistema, rimuovere i detriti accumulati. Si deve finalmente realizzare l'insistente ultimo consiglio di Lenin: “Rimuovere Stalin.”
Lo slogan “rimuovere Stalin” era stato ampiamente usato dai due raggruppamenti di opposizione degli inizi degli anni trenta, nati intorno a Riutin e ad A. P. Smirnov-Eismont. I delegati del diciassettesimo congresso del partito che avevano cancellato in nome di Stalin dalla scheda durante il voto segreto si erano mossi nello spirito dell'appello di Trotzki. “Rimuovere Stalin”, voleva dire allontanare Stalin dal potere usando i mezzi statutari del partito, aveva spiegato Trotzki, non certo eliminandolo fisicamente.
Per sottolineare l'interpretazione che identificava i termini “rimuovere” ed “eliminare”, Vyshinsky ha fatto dire a Goltzman, che durante una conversazione avuta con Trotzki, questi aveva ripetuto l'espressione “rimuovere Stalin”. Allora Vyshinsky gli chiese il vero significato della parola “rimuovere”. Al che Goltzman rispose obbediente, che l'unico modo di rimuovere Stalin era assassinarlo.
Una settimana dopo la fine del processo, il mondo intero apprendeva che, l'incontro in cui erano state pronunciate le parole in questione non era mai avvenuto. Secondo le risultanze del processo, Goltzman era l'unico tra i vecchi bolscevichi ad aver incontrato Trotzki all'estero. Il luogo del presunto incontro era Copenaghen, dove, nel 1932, Trotzki aveva tenuto una conferenza e soggiornato una settimana. Secondo la sua testimonianza, Goltzman era stato accompagnato da Sedov all'Hotel Bristol, dove aveva incontrato Trotzki. Pochi giorni dopo la pubblicazione degli atti del processo, il giornale “Danish Social-Democratic” pubblicava un articolo, subito rilanciato dalla stampa mondiale: L'Hotel Bristol era stato demolito nel 1917.
Secondo Orlov, questa cantonata era dovuta alla confusione che regnava tra gli investigatori. Quando si è iniziato al lavorare sulla versione dell'incontro Goltzman-Trotzki, ancora non era stato deciso su dove questo incontro avrebbe avuto luogo: in Danimarca o in Norvegia, dove Trotzki si era trasferito a metà del 1935. Molchanov ordinò agli investigatori di chiedere al Commissario del Popolo per gli Affari Esteri i nomi degli alberghi sia ad Copenaghen che a
Oslo, dove c'era realmente un Hotel Bristol. Quando si è deciso per l'incontro a Copenaghen, un assistente di Molchanov ha erroneamente mantenuto il nome dell'Hotel Bristol, che apparteneva alla variante “Norvegese” dell'incontro.
Nessun documento, nessun materiale di prova è stato portato al processo. Tutte le accuse erano basate esclusivamente sulle calunnie e sulle autocalunnie dei testimoni e degli accusati. G.S. Liuskov, uno degli investigatori del processo, fuggì all'estero e rilasciò una dichiarazione: “Al processo tenutosi nell'agosto del 1936, sia l' accusa che Trotzki, tramite Oberg, si era legato alla Gestapo, sia l'accusa a Zinoviev e Kamenev di essersi legati al cosiddetto “Centro della Destra”, tramite Tomsky, Rykov e Bucharin, erano inventate di sana pianta. Zinoviev, Kamenev,Tomsky, Rykov, Bucharin, sono stati giustiziati in quanto nemici di Stalin che volevano ostacolare la sua politica. Stalin ha approfittato dell'opportunità che gli si è presentata con l'affare Kirov, per liberarsi da tutte queste persone, ricorrendo alla fabbricazione di accuse di complotti antistalinisti all'estero, di spionaggio, di terrorismo. In questo modo Stalin si è liberato di tutti i suoi oppositori politici e di quelli che avrebbero potuto diventare suoi oppositori politici in futuro. Coi suoi metodi perfidi, Stalin è riuscito a distruggere anche gente molto esperta.”
Nelle sue risposte alla Commissione di Controllo del Partito nel 1956, la Safonova descrisse questi “perfidi metodi”, sostenendo che gli investigatori, nell'estorcere le false testimonia. “Si, è con questa premessa - che era interesse del partito che noi rispondessimo dell'assassinio di Kirov anche con la nostra testa – che noi arrivammo a dire falsa testimonianza, non solo io ma anche tutti gli altri accusati...Questo è quanto accadde durante gli interrogatori nella fase istruttoria. Al processo la situazione era ancora più delicata, in quanto era prevista la presenza di molti giornalisti stranieri che avrebbero potuto usare le nostre testimonianze per attaccare lo stato sovietico: sapendo questo nessuno di noi poté dire la verità”.
La Safonova, che al processo aveva giocato uno dei ruoli più vergognosi, stava arbitrariamente estendendo a tutti gli altri altri imputati la propria condotta e le sue motivazioni “patriottiche”. In realtà, i Vecchi Bolscevichi non potevano non rendersi conto che le accuse a cui venivano sottoposti, non avrebbero aumentato ma bensì leso il prestigio dell'URSS, del bolscevismo e della Rivoluzione d'Ottobre. È da notare che nessuno tra i principali imputati ha accettato di “confessare” legami con la Gestapo. Scrisse Trotzki commentando quest'aspetto del processo: “Dai loro dialoghi col procuratore riguardanti la Gestapo non è difficile ricostruire ciò che avveniva dietro le quinte del processo. Per esempio, Kamenev potrebbe aver detto, “volete infangare e distruggere Trotzki. Potremmo aiutarvi. Siamo disposti a presentare Trotzki come organizzatore di atti terroristici. La borghesia non si berrà simili accuse, e non solo la borghesia. Bolscevichi!...terrore!...omicidi!...sete di potere!...sete di vendetta!...hanno un minimo di verosimiglianza, ma nessuno potrebbe mai credere che Trotzki o noi (Kamenev, Zinoviev, Smirnov e altri) abbiamo avuto legami con la Gestapo. Andando oltre la verosimiglianza, rischiate di compromettere l'accusa di terrore, che, come sapete, non è certo fondata sulla roccia. Inoltre, le accuse di legami con la Gestapo ricordano troppo le calunnie contro Lenin e contro lo stesso Trotzki nel 1917...”
Su un altro punto, tutti gli imputati di una certa notorietà politica sono stati irremovibili: confessare che il centro, una volta conquistato il potere, aveva intenzione di eliminare tutti gli esecutori materiali degli atti di terrorismo. Quando Vyshinsky propose a Zinoviev di condividere la testimonianza di Reingold su questo punto, rispose: “questo è Giulio Verne...Questi sono le novelle delle mille e una notte”. Vyshinsky, nella sua requisitoria, ripete queste parole e aggiunse: “E l'assassinio del segretario di Zinoviev, Bogdan, che cos'era? Anch'esso una favola?.
Vyshinsky stava toccando uno dei punti più sordidi del processo: l'ex segretario di Zinoviev si era ucciso dopo essere stato espulso dal partito nelle purghe del 1933. Il suo suicidio fece una grande impressione nel partito. Ora veniva presentato come omicidio commesso dai suoi stessi compagni. Basando la sua accusa sulla testimonianza di Pikel,Vyshinsky disse: “Zinoviev e Kamenev hanno portato Bogdan al suicidio mettendolo di fronte a un dilemma; commettere atti terroristici o suicidarsi”.
Tali accuse e confessioni, potevano essere accettate solo da persone che, per dirla con Trotzki, si trovavano in uno stato di “idiozia totalitaria”. E solo simili persone potevano credere alle sparate isteriche di Vyshinsky quando dichiarava: “Nei sotterranei bui, Trotzki, Zinoviev e Kamenev lanciano gli infami appelli: Cacciatelo!Uccidetelo! La macchina clandestina comincia a funzionare. Si affilano i coltelli, si caricano le pistole e si preparano le bombe. si preparano e si redigono i documenti falsi. Si entra in contatti segreti con la polizia segreta tedesca, si sistemano le sentinelle, ci si allena al tirassegno e alla fine si prende la mira e si uccide...Questi non hanno solo parlato di uccidere, hanno preso la mira e hanno assassinato”.
Per l'unico assassinio di cui si era trattato al processo, quello di Nikolayev, a seguito del quale dozzine di persone erano già state giustiziate, nessuna prova documentale era stata presentata alla corte. L'unica pistola menzionata al processo apparteneva a Lurie, ma essa, secondo la testimonianza di Lurie, gli era stata rubata insieme alla valigia che aveva lasciato nella sala bagagli della stazione.
I “giovani” emigrati politici provarono a rimediare alle “debolezze” delle accuse e dell'istruttoria. Essi erano accusati di essere diretti emissari di Trotzki, mandati in URSS con l'ordine di uccidere quanti più dirigenti possibile.
Fritz David e Berman Yurin testimoniarono che avevano ricevuto tali direttive personalmente da Trotzki. Olberg e i Lurie, secondo la loro stessa testimonianza, erano stati inviati a compiere attività terroristica da Trotzki, ma questi non li aveva nemmeno degnati di uno sguardo.
I “giovani” accusati furono esaurienti nel parlare degli attentati da loro pianificati, naturalmente senza successo. Così, Berman Yurin e Fritz David, testimoniarono che intendevano organizzare un attentato a Stalin durante i lavori dell'Ottavo Plenum del Comitato Esecutivo del Comintern, ma il “piano era fallito”, perché Fritz David non era riuscito a procurare un invito a Berman-Yurin, il quale avrebbe dovuto sparare a Stalin. Fritz David dava anche un'altra spiegazione del “fallimento”: “Il piano fallì perché Stalin, all'Ottavo Plenum, non era presente”.
A questo punto, i cospiratori, seguendo la direttiva di Trotzki di eseguire l'atentato durante “un forum internazionale”, decisero di uccidere Stalin al Settimo congresso del Comintern. Ma anche questo piano fallì, in quanto, anche questa, volta Berman-Yurin non aveva potuto procurarsi un invito, mentre Fritz David non poté eseguire l'atto terroristico, essendo seduto troppo lontano dal tavolo della presidenza.
La stessa “affidabilità” era riscontrabile in un altro aspetto della testimonianza di Olberg, secondo la quale, già da prima del suo arrivo a Gorki, dal direttore dell'istituto pedagogico erano state organizzate delle “squadre d'attacco”, per cui ad Olberg non restava che lavorare a un piano d'attacco. Il piano prevedeva che insegnanti e studenti dell'istituto avrebbero compiuto un attentato terroristico durante la loro partecipazione alle manifestazione del primo Maggio a Mosca, ma ciò fu reso impossibile dall'arresto di Olberg.
Dettagli non menzionati al processo su “esercitazioni terroristiche”, vennero forniti da giornalisti compiacenti(in questi casi nessuna fantasia era considerata eccessiva). Così, l'articolo di Rovinsky, pretenziosamente intitolato”Le Mille e Una Notte e le Spie di Trotzki e della Gestapo”, sosteneva che Olberg non aveva solo organizzato attentati terroristici “ma anche addestrato cecchini, granatieri,insomma, tutto ciò che gli veniva chiesto dai suoi maestri, Trotzki e la Gestapo, la cui attività era inestricabilmente intrecciata”.
Una catena ininterrotta di fallimenti, stando alle carte del processo, aveva accompagnato l'attività dei due Lurie. N. Lurie formò un gruppo di tre persone per un attacco a Voroshilov. Questa troica monitorò accuratamente gli spostamenti del “primo maresciallo”. Ma la sua auto “passava sempre troppo veloce, ed era inutile sparare a una macchina che correva a quella velocità”. A Luglio del 1933 N. Lurie andò a Chelyabinsk per svolgervi la sua attività di medico. Qui si mise a preparare un attentato terroristico contro Kaganovich e Ordzhonikidze nel caso avessero visitato la fabbrica di trattori. Benchè nessuno dei due visitò Chelyabinsk, nella sentenza si afferma: “N. Lurie ha progettato di attentare alla vita dei compagni Kaganovich e Ordzhonikidze”. Infine, N. Lurie su ordine di M. Lurie arrivò nel 1936 a Leningrado, dove organizzò un attentato contro Zhdanov alla manifestazione del Primo Maggio, tuttavia, il piano fallì, in quanto la sua colonna era molto distante dal podio.
Tutti i tentativi fatti dai terroristi di approfittare dell'aiuto dei servizi segreti tedeschi fallirono senza eccezione. In una lettera segreta al Comitato Centrale si stabiliva che i terroristi, "hanno avuto accesso all'ambasciata tedesca a Mosca, e, naturalmente, usato i suoi servizi". A conferma di questo veniva presentata solo la testimonianza di N. Lurie. Era previsto che il suo gruppo avrebbe dovuto ricevere “esplosivo” dall'ambasciata tedesca, ma, a causa della sua partenza per Chelyabinsk , non poté andarci neanche una volta.
Dello spirito “di idiozia totalitaria” erano pervasi anche i resoconti su come i terroristi finanziavano la loro attività “rubando il pubblico denaro”. Come “prova fattuale” venne presentato il trasferimento di trentamila rubli fatto da Arkov, “doppiogiochista mascherato” e presidente della banca di stato dell'URSS, a favore del trust guidato da Evdokimov e Fedorov (quest'ultimo era uno dei più eminenti “Zinovievisti” di cui si fece menzione al processo). In aggiunta, la lettera al Comitato Centrale sosteneva che i terroristi avevano pianificato una serie di rapine. A conferma veniva citata la testimonianza di un certo “Laurentiev, Trotzkista”, il quale aveva confessato che quattro membri del suo gruppo erano stati licenziati dal lavoro per potersi “dedicare interamente allo svolgimento dell'attività terroristica” e procacciarsi le necessarie risorse. Per ottemperare all'impegno decisero sulle prime di una rapinare il soviet di un villaggio. Dopo che il piano della rapina sfumò, andarono ad Arzamas con lo scopo di assaltare i cassieri che prelevavano denaro dalla banca. Comunque, anche “questa rapina non ebbe luogo perché non si presentarono le circostanze adeguate”.
La lettera segreta del Comitato Centrale e la sentenza finale menzionavano decine di nomi di membri di gruppi clandestini operanti su istruzioni del “centro unificato” in diverse città. Anche se durante il processo non si era parlato di attacchi contro Kosior e Postiscev, nella sentenza si affermava che il “centro”, attraverso gruppi subordinati, stava preparando un attentato anche contro costoro.
Non tutti gli accusasti hanno confessato di aver partecipato ad attività terroristiche. Queste accuse sono state categoricamente respinte da Glotsman e Smirnov, gli unici imputati ad essere stati effettivamente in contatto, tramite Sedov, con Trotzki all'inizio degli anni trenta.
Nella fase istruttoria, solo il 13 agosto, cioè un giorno prima della conclusione dell'indagine, gli investigatori riuscivano ad ottenere da Goltsman la confessione che Sedov gli aveva dato la “direttiva” di uccidere Stalin, come unico modo di cambiare la situazione in Unione Sovietica.
Smirnov disse al processo che, sì, Sedov gli diede un “direttiva terroristica”, ma che comunque esprimeva l'opinione personale di Sedov e non un ordine da parte di Trotzki. Questa testimonianza minava l'impianto dell'accusa: è chiaro che uno dei più vecchi bolscevichi non avrebbe potuto accettare una “direttiva” proveniente da un giovanotto che difficilmente avrebbe potuto rappresentare un'autorità per lui.
Nonostante tutti gli sforzi del procuratore e dalla Safonova, che implacabili calunniarono Smirnov al processo, questi rifiutò per tutto il dibattimento di condursi come sarebbe piaciuto a Vyshinsky. Per questo le sue risposte al procuratore, nelle trascrizioni pubblicate non vennero pubblicate completamente, ma in sintesi riassuntiva. Da quanto possiamo leggere, hanno ottenuto meno di quanto avrebbero voluto da Smirnov: si è limitato a definire Trotzki, “un nemico che sta dall'altra parte della barricata”, e ha confessato di essersi incontrato con Sedov, a Berlino nel 1931. Così si sintetizzava: “ Durante interrogatorio di circa tre ore, Smirnov ha tentato in ogni modo di sfuggire alle questioni postegli dal compagno Vyshinsky: ha tentato di sminuire il suo ruolo e negare ogni attività terroristica contro il partito e i capi del governo”.
L'esempio di come Smirnov, durante l'interrogatorio, parlava dell'esistenza del centro, venne pubblicata in questa forma:
Ancora una volta Smirnov tenta di respingere ogni responsabilità riguardo alla partecipazione al lavoro del “centro”.
Vyshinsky: Quando lasciaste il centro?
Smirnov: Non l'ho mai lasciato in quanto non c'era niente da lasciare.
Vyshinsky: Il centro esisteva?
Smirnov: Di quale centro state parlando?...
Dopo queste dichiarazioni che rischiavano di demolire l'intero impianto accusatorio,Vyshinsky ha successivamente interpellato, uno di seguito all'altro, Mrachowsky, Zinoviev, Yevdokimov e Bakaev con la domanda: “Il centro esiste”?
Gli hanno risposto tutti con il monosillabo sì. Solo a quel punto Vyshinsky fu in grado di tornare su Smirnov, dicendogli: “Com'è che potete continuare a sostenere che il centro non è mai esistito?” Così prosegue la sintesi: Smirnov prova a cavillare una volta di più, sostenendo che il centro non è mai esistito, ma, le testimonianze di Zinovev, Ter-Vaganian e Mrachowsky evidenziano le sue menzogne.
Quando altri accusati hanno “confermato” che Smirnov era alla guida della fazione trotzkista della cospirazione, e di essere il rappresentante di Trotzki in URSS, Smirnov ha risposto sarcasticamente : “Volete un leader? Prendete me”.
Infine, per quanto riguarda l'ultima parola di Smirnov, viene riportato questo passo "così come durante l'indagine preliminare e giudiziaria, ha continuato a negare ogni responsabilità per i crimini commessi dal Centro Trotsky-Zinoviev dopo il suo arresto," (anche se dal 1 Gennaio 1933 Smirnov era in prigione, Vyshinsky insisteva che dal carcere comunicava con i suoi sostenitori e ha dato loro una direttiva).
Gli altri imputati tra i Vecchi Bolscevichi si sono dimostrati più collaborativi, ma solo nella parte riguardante la diffamazione di Trotzki. Zinoviev e Kamenev hanno diligentemente ripetuto tutte le più terrificante definizioni del "trotskismo" inventate da Stalin, fino a dichiarare che il trotskismo era una variante del fascismo.
Se Stalin, in vista del processo riuscì a seminare discordia tra Kamenev e Zinoviev, ancora più facile fu spingerli a scagliarsi contro Trotski. Un episodio accaduto nel 1932 ebbe un ruolo fondamentale nell'alimentare l'odio. Dopo che la stampa estera aveva parlato della preparazione di un attentato terroristico contro Trotski da parte della Guardia Bianca guidata dal generale Turkul, Trotski spedì una lettera segreta al Politburo e alla Commissione di Controllo, in cui esprimeva la certezza che queste azioni dei Biachi emigrati erano ispirate da Stalin. A questo proposito Trotski scriveva: “La questione di un possibile uso del terrorismo contro lo scrivente fu posta da Stalin molto tempo prima del generale Turkul. Nel '24/'25, in un incontro ristretto, Stalin soppesò i pro e i contro. Gli argomenti per il pro erano chiari ed evidenti. Il principale argomento contro era rappresentato dai molti giovani e generosi trotskisti che avrebbero potuto rispondere con attacchi contro-terroristici. Questa informazione mi è stata data sia da Zinoviev che da Kamenev.”(Nel 1935 Trotski, nel suo diario, fornì ulteriori dettagli dei racconti di Zinoviev e Kamenev sulle discussioni che i due ebbero con Stalin sulla possibilità di un simile attentato terroristico).
Ricevuta questa lettera, Stalin chiese a Shkiryatov e Yaroslavsky di mostrarla a Zinoviev e Kamenev. Questi scrissero immediatamente una lettera al Comitato Centrale, in cui quanto scritto da Trotski veniva definito "fantasia abominevole" e "calunnia ripugnante per screditare il nostro partito". Anche per questo al processo confermarono tutte le accuse contro Trotski.
Per quanto riguarda le accuse di terrorismo mosse direttamente a loro, le testimonianze di Zinoviev e Kamenev si caratterizzarono per la loro estrema brevità. In risposta alla domanda di Vyshinsky: “Avete voi ucciso il compagno Kirov?”, e “Siete voi direttamente implicati nell'assassinio di Kirov?” Essi risposero con il monosillabo : “Sì”.
Tuttavia, in diverse occasioni, anche questi imputati, in alcune ambigue formulazioni, suggerirono che le loro confessioni erano state estorte. Mentre Bakaiev rispondeva alle domande, Zinoviev dichiarò: “Secondo la mia opinione, Bakaiev è nel giusto quando afferma che i veri e principali colpevoli dello scellerato assassinio di Kirov sono, io stesso - Zinoviev, Kamenev e Trotski”. [corsivo di V.R.]
Il fatto che il “centro terroristico”, esistente dal 1932, non fosse stato scoperto prima, nell'istruttoria e nel processo, venne spiegato con le precauzioni estreme adotate dai cospiratori. E comunque, dai materiali del processo è evidente che tutta “l'attività terroristica” degli imputati consisteva in estenuanti discussioni circa il terrorismo, tra loro e con dozzine di altre persone, e nell'organizzazione di incontri e di viaggi per la trasmissione delle direttive di Trotski. L'istruttoria e la sentenza descrivono nel dettaglio su come gli imputati avevano creato larghi gruppi per la preparazione di attentati terroristsici, di come hanno “ispirato” e “istigato” questi gruppi, affidando incarichi e indicazioni per la loro realizzazione. Ma “la preparazione attiva” di questi atti si limitava all'osservazione dei movimenti dei “leader” e terminava con l'annullamento all'ultimo momento di piani preparati con cura per il verificarsi dei “circostanze impreviste”.
Aldilà di questo, comunque, rimaneva una questione importante; quali erano stati i motivi che avevano spinto gli accusati a commettere simili odiosi crimini?
Vai capitolo successivo
Ultima modifica 17.05.2012