Paginette di diario

Vladimir Lenin (1923)

 


Pubblicato nella Pravda, n. 2, 4 gennaio 1923.
Trascritto dall'Organizzazione Comunista Internazionalista (Che fare) e da Pagine rosse, Gennaio 2003


 

Il lavoro pubblicato giorni or sono sul grado dell'istruzione elementare della popolazione in Russia, secondo i dati del censimento del 1920 (Il grado dell'istruzione elementare in Russia, Mosca, 1922, Direzione centrale della statistica, Sezione della statistica dell'istruzione pubblica), costituisce un fatto molto importante.

Riporto qui la tabella sul grado dell'istruzione elementare della popolazione in Russia per gli anni 1897 e 1920, presa da questo lavoro:

 

uomini che sanno
leggere e scrivere
(su 1000)

donne che sanno
leggere e scrivere
(su 1000)

totale popolazione
che sa leggere e scrivere
(su 1000)

1897-1920

1897-1920

1897-1920

1. Russia europea

2. Caucaso del nord

3. Siberia (occidentale)

326

241

170

422

357

307

136

56

46

225

215

134

229

150

108

330

281

218

media totale

318

409

131

244

223

319

Mentre noi chiacchieravamo della cultura proletaria e della sua relazione con la cultura borghese, i fatti ci porgono delle cifre le quali dimostrano che anche per ciò che riguarda la cultura borghese le cose da noi vanno molto male. Come si vede, e come c'era da aspettarselo, noi siamo rimasti molto indietro dall'istruzione elementare generale, e perfino il nostro progresso in confronto ai tempi zaristi (1897) è risultato esser troppo lento. Ciò serve da severo ammonimento e da rimprovero all'indirizzo di coloro che facevano e fanno castelli in aria sulla " cultura proletaria ". Ciò dimostra quanto lavoro preliminare, urgente ci resta ancora da fare per raggiungere il livello di un ordinario Stato civile dell'Europa occidentale. Ciò dimostra inoltre quale mole di lavoro ci resta ora da compiere per raggiungere effettivamente, in base alle nostre conquiste proletarie un livello di cultura alquanto elevato.

Non bisogna che ci limitiamo a questa tesi indiscutibile, ma troppo teorica. Bisogna, alla prossima revisione del nostro bilancio trimestrale. incominciare questo lavoro anche nella pratica. Certamente, anzitutto debbono esser ridotte non le spese del Commissariato del popolo dell'istruzione, ma quelle delle altre amministrazioni, affinché le somme così rese disponibili siano devolute ai bisogni del Commissariato del popolo dell'istruzione. Non bisogna lesinare sull'aumento della razione del pane agli insegnanti in un anno come questo, in cui ne siamo forniti in modo relativamente sopportabile.

Il lavoro che si svolge oggi nel campo dell'istruzione pubblica non si può dire, in generale, che sia troppo ristretto. Si fa molto per vincere l'inerzia dei vecchi insegnanti, per attirarli verso i nuovi compiti, interessarli al nuovo modo di concepire i problemi pedagogici, interessarli a problemi come quello della religione.

Ma noi non facciamo l'essenziale. Noi non ci preoccupiamo, ossia ci preoccupiamo in misura molto insufficiente di porre il maestro delle scuole elementari all'altezza senza la quale non si può neanche parlare di una qualche cultura, né proletaria, e nemmeno borghese. Noi dobbiamo trattare dell'incoltezza semiasiatica dalla quale non siamo usciti finora e non potremo uscirne senza sforzi seri, sebbene abbiamo la possibilità di uscirne, perché in nessun luogo le masse popolari sono così interessate come da noi ad una vera cultura; in nessun luogo i problemi di questa cultura si pongono in modo così profondo e coerente come da noi; in nessun luogo, in nessun paese al mondo il potere dello Stato si trova nelle mani della classe operaia, che nella sua massa comprende benissimo le insufficienze non dico della propria cultura, ma della propria istruzione elementare; in nessun luogo essa è pronta a fare e fa tali sacrifici per migliorare la sua situazione a questo riguardo, come da noi.

Noi facciamo ancor troppo poco, infinitamente poco per rimaneggiare il nostro bilancio di Stato in modo da soddisfare anzitutto i bisogni dell'istruzione popolare elementare. Perfino nello stesso sistema del Commissariato del popolo dell'istruzione si può trovare spesso un personale eccessivamente numeroso di qualche Gossisdat (edizioni statali), senza alcuna preoccupazione che in prima linea lo Stato deve curarsi non delle edizioni, ma che ci sia chi legga, che il numero di quelli che sanno leggere sia maggiore, affinché vi sia un maggior slancio politico nelle edizioni della Russia futura. Sempre per vecchia (e cattiva) abitudine, noi accordiamo alle questioni tecniche del genere di quella delle edizioni molto più tempo e forze che non alla questione politica generale dell'istruzione elementare popolare.

Se prendiamo la Direzione centrale dell'istruzione professionale, sono certo che anche qui si può trovare molto, moltissimo di superfluo, gonfiato da stretti interessi dicasterici, inadatto ai bisogni di una vasta istruzione popolare. Non tutto, alla Direzione centrale dell'istruzione professionale, è giustificato dal desiderio legittimo di elevare dapprima l'istruzione della nostra gioventù delle fabbriche ed officine e di darle un orientamento pratico. Se esaminiamo attentamente l'organico del personale della suddetta direzione, ne risulterà da questo punto di vista molto, moltissimo di gonfiato e di fittizio che dovrebbe essere soppresso. Nello Stato proletario e contadino si può ancora economizzare molto, moltissimo, e dev'essere economizzato, per lo sviluppo dell'istruzione elementare popolare, chiudendo ogni genere di istituzioni che son trastulli di tipo quasi signorile, o di istituzioni senza le quali possiamo ancora, e a lungo potremo e dobbiamo, farne a meno, nelle condizioni del grado di istruzione popolare elementare di cui parla la statistica.

Il maestro elementare dev'essere da noi posto ad un'altezza tale, alla quale non si è mai trovato, e non si trova, e non può trovarsi nella società borghese. Questa è una verità che non chiede delle prove. Noi dobbiamo avviarci verso questo stato di cose con un lavoro sistematico, fermo e tenace, per elevarne il livello spirituale, per prepararlo sotto tutti gli aspetti alla sua missione realmente nobile, e principalmente, essenzialmente, soprattutto per migliorare le sue condizioni materiali.

Bisogna rafforzare sistematicamente il lavoro per l'organizzazione dei maestri elementari, per trasformarli da sostegni del regime borghese, quali essi sono finora in tutti i paesi capitalistici senza eccezione, in sostegni del regime Sovietico; per allontanare a mezzo di essi la massa dei contadini dall'alleanza con la borghesia ed attrarla all'alleanza con il proletariato.

Noto brevemente che a questo scopo devono avere gran parte i viaggi sistematici in campagna, i quali, del resto, da noi già si praticano e che debbono essere sviluppati metodicamente. Per misure tali come questi viaggi, non deve rincrescere l'assegnar del denaro, che ben spesso noi gettiamo inutilmente per l'apparato statale che appartiene quasi del tutto alla vecchia epoca storica.

Io ho raccolto dei fatti per il discorso, che non ho potuto pronunciare al Congresso dei Soviet del dicembre 1922, in merito al patronato degli operai delle città sugli abitanti delle campagne. Alcuni di questi fatti mi sono stati comunicati dal compagno Khodorovski, ed io pongo oggi questo tema ai compagni, affinché sia elaborato, poiché mi è stato impossibile di elaborarlo io stesso e di renderlo noto a mezzo del Congresso dei Soviet.

La questione politica fondamentale sta qui nell'attitudine della città verso la campagna, cosa che è d'importanza decisiva per tutta la nostra rivoluzione. Mentre lo Stato borghese rivolge sistematicamente i suoi sforzi per istupidire gli operai delle città, adattando a questo scopo tutta la letteratura edita a spese dello Stato, a spese dei partiti monarchici e borghesi, noi possiamo e dobbiamo servirci del nostro potere per fare effettivamente dell'operaio urbano un propagatore delle idee comuniste nel seno del proletariato rurale.

Io ho detto " comuniste ", e mi affretto a porre una clausola, temendo di provocare un malinteso o di essere compreso troppo alla lettera. Non bisogna affatto comprendere ciò nel senso che noi dobbiamo portare immediatamente nella campagna delle idee puramente e strettamente comuniste. Finché noi non avremo nella campagna una base materiale per il comunismo, fino ad allora ciò sarebbe, per così dire nocivo; ciò sarebbe, per così dire, nefasto per il comunismo.

No. Bisogna incominciare con lo stabilire dei rapporti fra la città e la campagna, senza porsi lo scopo prefisso d'inculcare il comunismo nella campagna. Questo scopo non può essere ora raggiunto. Questo scopo è intempestivo, prefiggersi questo scopo equivarrebbe apportare del danno alla nostra causa, invece di giovarle.

Ma stabilire dei rapporti fra gli operai della città e i lavoratori della campagna, stabilire la forma di cameratismo che può essere fra di loro facilmente realizzata, questo è nostro dovere, è uno dei compiti fondamentali della classe operaia che si trova al potere. A questo scopo è necessario di fondare una serie di associazioni (di partito, sindacali, private) composta dagli operai delle fabbriche e delle officine industriali. che si pongano il fine di aiutare sistematicamente la campagna nel suo sviluppo culturale.

Riusciremo noi ad "attaccare" tutte le cellule urbane rispettivamente a tutte le cellule rurali, in modo che ogni cellula operaia "ascritta " ad una cellula rurale, si preoccupi sistematicamente di utilizzare ogni occasione, ogni caso per soddisfare questo o quell'altro bisogno culturale della sua cellula corrispondente? Oppure riusciremo a trovare altre forme di legame? Io mi limito qui soltanto à porre la questione, per attirare su di essa l'attenzione dei compagni, per additare l'esperienza della Siberia occidentale (quest'esperienza me l'ha indicata il compagno Khodorovski) e per presentare in tutta la sua ampiezza questo compito culturale gigantesco d'importanza storica mondiale.

Noi non facciamo quasi nulla per la campagna, all'infuori del nostro bilancio ufficiale, o all'infuori delle nostre relazioni ufficiali. Certo. le relazioni culturali fra la città e la campagna prendono da noi spontaneamente e inevitabilmente un carattere diverso. Sotto il capitalismo, la città dava alla campagna quel che la corrompeva politicamente, economicamente, moralmente, fisicamente, ecc. La nostra città incomincia spontaneamente a dare alla campagna proprio l'opposto. Ma tutto ciò si fa per l'appunto in maniera spontanea, naturale, e tutto ciò può essere rafforzato (e in seguito anche centuplicato), se si inserisce in questo lavoro la consapevolezza, la regolarità, il sistema.

Noi cominceremo soltanto ad avanzare (e allora cominceremo di sicuro ad avanzare cento volte più rapidamente), quando studieremo questo problema, quando fonderemo ogni genere di associazioni operaie - evitando in tutti i modi la loro burocratizzazione - al fine di porre questo problema, discuterlo e realizzarlo.

N. Lenin

2 gennaio 1923

 


Ultima modifica 13.01.2003