Sull'orgoglio nazionale dei Grandi-Russi

Lenin (1914)


Pubblicato per la prima volta nel Sotsial-Demokrat No. 35 del 12 dicembre 1914
Trascritto e tradotto, dalla versione in inglese presente sul MIA, da mishu Settembre 2000

Quanto parlare, argomentare e vociferare c'è ai giorni nostri riguardo la nazionalità e la madrepatria! Ministri liberali e radicali in Inghilterra, un esercito di giornalisti "avanzati" in Francia (che si sono mostrati in pieno accordo con i loro colleghi reazionari), ed uno sciame di ufficiali Cadetti e scribacchini progressisti in Russia (inclusi parecchi Narodniki e "marxisti") - tutti hanno effusivi elogi per la libertà e l'indipendenza dei loro rispettivi paesi, per lo splendore del principio dell'indipendenza nazionale. Qui uno non può dire dove finisce il mercenario elogiatore del macellaio Nicola Romanov o del brutale oppressore di neri e indiani, e dove comincia il comune filisteo, che per pura stupidità o debolezza si lascia trasportare dalla corrente. Né questa distinzione è importante. Noi vediamo innanzi a noi un'estesa e profonda tendenza ideologica, le cui origini sono strettamente interrelate agli interessi dei proprietari terrieri e dei capitalisti delle nazioni dominanti. Centinaia di milioni vengono spesi ogni anno per la propaganda di idee vantaggiose per queste classi: si tratta di un mulino piuttosto grande che prende la sua acqua da tutte le fonti - da Menshikov, uno sciovinista per convinzione, a sciovinisti per ragioni d'opportunismo o debolezza come Plechanov e Maslov, Rubanovich e Smirnov, Kropotkin e Burtsev.

Permetteteci, a noi socialdemocratici Grande-Russi, di tentare di definire la nostra attitudine verso questa tendenza ideologica. Sarebbe sconveniente per noi, rappresentanti di una nazione dominante dell'estremo est europeo e di una buona parte d'Asia, dimenticare l'immensa importanza della questione nazionale - specialmente in un paese che è stato giustamente definito "prigione dei popoli", e particolarmente in un periodo in cui, nell'estremo est europeo ed in Asia, il capitalismo sta risvegliando alla vita e all'autocoscienza un grande numero di "nuove" nazioni, grandi e piccole; in un momento in cui la monarchia zarista ha chiamato alle armi milioni di Grandi-Russi e non-russi, così da "risolvere" un certo numero di problemi nazionali in concordanza con gli interessi del Consiglio della Nobiltà Unita [1] e dei vari Guchkov, Krestovnikov, Dolgorukov, Kutler e Rodichev.

è il senso d'orgoglio nazionale alieno per noi, proletari coscienti della Grande Russia? Certamente no! Noi amiamo la nostra lingua e il nostro paese, è noi stiamo facendo del nostro meglio per far innalzare le sue masse che duramente lavorano (ovvero i nove decimi della sua popolazione) ad un livello di coscienza democratica e socialista. A noi è assai più penoso vedere e percepire le violenze, l'oppressione e le umiliazioni che il nostro amato paese soffre per mano dei macellai dello zar, i nobili ed i capitalisti. Noi prendiamo orgoglio della resistenza a queste violenze che è scaturita dalle nostre file, dai Grandi-Russi; in quelle file essendo stati prodotti Radishchev [2], i Dicembristi [3] ed i rivoluzionari comunardi degli anni settanta [4]; la classe operaia Grande-Russa che ha creato, nel 1905, un potente partito rivoluzionario delle masse; ed i contadini Grande-Russi che hanno iniziato a volgersi verso la democrazia per accingersi a rovesciare il clero ed i proprietari terrieri.

Noi ricordiamo ciò che Chernyshevsky, il democratico Grande-Russo che dedicò la sua vita alla causa della rivoluzione, disse mezzo secolo or sono: "Una nazione disgraziata, una nazione di schiavi, dall'alto verso il basso - tutti schiavi" [5]. Ai manifesti e nascosti schiavi Grande-Russi (schiavi in rapporto alla monarchia zarista) non piace ricordare queste parole. Eppure, nella nostra opinione, queste erano parole di genuino amore per il nostro paese, un amore afflitto per l'assenza di uno spirito rivoluzionario nelle masse del popolo Grande-Russo. Non c'era tale spirito all'epoca. C'è ne è poco adesso, ma c'è. Noi siamo pieni di orgoglio nazionale perché la nazione Grande-Russa, anche, si è mostrata capace di fornire il genere umano di grandi modelli di battaglia per la libertà e il socialismo, e non solo di grandi pogrom, patiboli, segrete, grandi carestie e grande servilismo verso i preti, i proprietari terrieri ed i capitalisti.

Noi siamo pieni di un senso di orgoglio nazionale, e proprio per questa ragione noi odiamo particolarmente il nostro passato schiavista (quando la nobiltà terriera guidò i contadini in guerra per soffocare la libertà dell'Ungheria, della Polonia, della Persia e della Cina), ed il nostro presente schiavista, quando proprio questi stessi proprietari terrieri, aiutati dai capitalisti, ci stanno guidando in una guerra per strangolare la Polonia e l'Ucraina, abbattere i movimenti democratici in Persia e Cina, rafforzare i Romanov, i Bobrinsky ed i Purishkevich, che sono il disonore della nostra dignità nazionale Grande-Russa. Nessuno è colpevole di essere nato schiavo. Ma lo schiavo al quale non solo sono estranee le aspirazioni alla libertà, ma che giustifica e dipinge a colori rosei la sua schiavitù (che chiama, per esempio, " difesa della patria " dei grandi russi lo strangolamento della Polonia e dell'Ucraina), un tale schiavo è un lacchè e un bruto che desta un senso legittimo di sdegno, di disgusto e ripugnanza.

"Nessuna nazione può essere libera se opprime altre nazioni", dicevano Marx ed Engels, i più grandi rappresentanti della coerente democrazia del diciannovesimo secolo, che divennero i maestri del proletariato rivoluzionario. E, pieni di un senso d'orgoglio nazionale, noi, operai Grande-Russi, vogliamo, qualunque cosa accada, una libera ed indipendente, democratica, repubblicana e orgogliosa Grande-Russia, una che basi i suoi rapporti con i suoi vicini sul principio umano di uguaglianza, e non sul principio feudalista del privilegio, così degradante per una grande nazione. Proprio perché noi vogliamo ciò, noi diciamo: è impossibile, nel ventesimo secolo ed in Europa (persino nell'estremo est d'Europa), "difendere la madrepatria" in altro modo che non sia l'utilizzo di ogni mezzo rivoluzionario per combattere la monarchia, i proprietari terrieri ed i capitalisti della propria madrepatria, cioè, i peggiori nemici del proprio paese. Noi diciamo che i Grandi-Russi non possono "difendere la madrepatria" in altro modo che desiderando la sconfitta dello zarismo in qualsiasi guerra, questo essendo il male minore per i nove decimi degli abitanti della Grande-Russia. Perché lo zarismo non solo opprime economicamente e politicamente i nove decimi, ma in più demoralizza, degrada, disonora e prostituisce essi insegnando loro ad opprimere altre nazioni e a coprire questa vergogna con frasi ipocrite e quasi-patriottiche.

Si potrebbe avanzare l'obiezione che, inoltre allo zarismo e sotto la sua ala, un'altra forza storica è cresciuta ed è divenuta forte, ovvero il capitalismo Grande-Russo, che sta portando avanti un'attività progressista centralizzando economicamente e unendo tra di loro vaste regioni. Quest'obiezione, però, non scusa, ma al contrario condanna ancora di più, i nostri social-sciovinisti, che dovrebbero esser chiamati socialisti zaristi-Purishkevichi [6] (giusto come Marx chiamava i lassalliani socialisti regi-prussiani). Permetteteci anche di assumere che la storia decida a favore del capitalismo dominante Grande-Russo, e contro le cento e una piccole nazioni. Ciò non è impossibile, poiché l'intera storia del capitale è una storia di violenza e saccheggi, di sangue e corruzione. Noi non sosteniamo la causa di difendere le piccole nazioni a tutti i costi; fermo restando tutte le altre condizioni, noi siamo decisamente per la centralizzazione e ci opponiamo all'idea piccolo-borghese di relazioni federaliste. Anche se tali assunti fossero veri, però, non è, prima di tutto, nostro dovere, né dei democratici (lasciati soli dai socialisti) quello di aiutare i Romanov-Bobrinsky-Purishkevich a strangolare l'Ucraina, ecc. nel suo modo da Junker, Bismarck ha compiuto un lavoro storicamente progressivo, ma sarebbe un bel "marxista" colui che, su questo terreno, pensasse di giustificare un appoggio socialista a Bismarck! Inoltre, Bismarck promosse lo sviluppo economico mettendo assieme i disuniti tedeschi, che erano oppressi da altre nazioni. La prosperità economica ed il rapido sviluppo della Grande-Russia, però, richiede che il paese venga liberato dall'oppressione Grande-Russa su altre nazioni - questa è la differenza che sfugge agli ammiratori dei veri-Russi aspiranti Bismarck.

In secondo luogo, se la storia dovesse decidere in favore del capitalismo dominante Grande-Russo, ne segue quindi che il ruolo socialista del proletariato Grande-Russo, essendo la principale forza motrice del comunismo generata dallo stesso capitalismo, ne risulterà assai rafforzato. La rivoluzione proletaria richiede una prolungata educazione degli operai allo spirito della più piena fratellanza ed eguaglianza nazionale. Conseguentemente, gli interessi del proletariato Grande-Russo richiedono che le masse siano sistematicamente educate a difendere - con la massima decisione, coerenza, forza ed in modo rivoluzionario - completa uguaglianza dei diritti e diritto di autodeterminazione per tutte le nazioni oppresse dai Grandi-Russi. Gli interessi dell'orgoglio nazionale dei Grandi-Russi (inteso non in senso servile) coincide con gli interessi socialisti dei proletari Grandi-Russi (e di tutti gli altri paesi). Il nostro modello sarà sempre Marx, che, dopo aver vissuto per decenni in Inghilterra ed esser divenuto mezzo inglese, richiese libertà ed indipendenza nazionale per l'Irlanda, negli interessi del movimento socialista degli operai inglesi.

Nel secondo caso ipotetico da noi considerato, i nostri social-sciovinisti fatti in casa, Plechanov, ecc., ecc., si dimostrerebbero traditori non solo del loro stesso paese - una libera e democratica Grande-Russia - ma anche della fratellanza proletaria di tutte le nazioni della Russia, cioè, della causa del socialismo.

Note

1. Il Consiglio della Nobiltà Unita è un'organizzazione controrivoluzionaria di proprietari terrieri fondata nel maggio 1906. Tale Consiglio esercitò una considerabile influenza sulle politiche del governo zarista. Lenin lo definiva Consiglio dei Feudalisti Uniti.

2. Radishchev, A. N. (1749-1802), scrittore e rivoluzionario russo. Nel suo famoso lavoro Un viaggio da San Pietroburgo a Mosca, egli lanciò il primo pubblico attacco contro la schiavitù in Russia. Per ordine di Caterina II fu per questo scritto condannato a morte, ma la pena fu poi commutata in dieci anni d'esilio in Siberia. Ritornato dall'esilio grazie ad un'amnistia, si suicidò quando venne paventata una nuova persecuzione. Lenin considerava Radishchev un insigne rappresentante del popolo russo.

3. Dicembristi, nobiluomini rivoluzionari russi che nel dicembre 1825 si rivoltarono contro l'autocrazia ed il sistema della servitù della gleba.

4. Comunardi (raznoehintsi in Russo), intellettuali russi, facenti parte della piccola borghesia cittadina, del clero, delle classi mercantili e contadine.

5. Citazione dalla novella di Chernyshevsky Il prologo.

6. Purishkevich, V. M. (1870-1920), grande proprietario terriero, monarchico e reazionario dei Cento Neri.


Ultima modifica 16.9.2000