I destini storici della dottrina di Karl Marx

Vladimir Lenin (1913)


Pubblicato nella Pravda, n. 50 (254), 1 (14) marzo 1913.
Estratto da Opere Scelte - Editori Riuniti 1965 - pag. 481- 484.

Trascritto per Internet da Ivan A., Gennaio 1999


Il punto essenziale della dottrina di Karl Marx è l'interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista. Ha il corso degli avvenimenti nel mondo intero confermato questa dottrina, dopo che essa venne enunciata da Marx?

Marx la formulò per la prima volta nel 1844. Il Manifesto comunista di Marx ed Engels, pubblicato nel 1848, ne dà già un'esposizione completa e sistematica, rimasta, fino ad oggi, la migliore. Da allora, la storia universale si divide manifestamente in tre periodi principali:
 

  1. dalla rivoluzione del 1848 alla Comune di Parigi (1871);
  2. dalla Comune di Parigi alla rivoluzione russa (1905);
  3. dalla rivoluzione russa ai nostri giorni.

Diamo uno sguardo ai destini della dottrina di Marx in ciascuno di questi tre periodi.

I

All'inizio del primo periodo, la dottrina di Marx non predomina affatto. Essa non rappresenta che una delle frazioni o correnti straordinariamente numerose del socialismo. Predominano invece quelle forme di socialismo che, in sostanza, sono apparentate al nostro populismo: incomprensione della base materialistica del movimento storico, incapacità di discernere la funzione e l'importanza di ciascuna delle classi della società capitalistica, dissimulazione della natura borghese delle riforme democratiche con frasi pseudosocialiste sul "popolo", la "giustizia", il "diritto", ecc.

La rivoluzione del 1848 assesta un colpo mortale a tutte queste forme rumorose, variopinte, chiassose del socialismo premarxista. In tutti i paesi, la rivoluzione ci mostra le diverse classi della società all'opera. Il massacro degli operai parigini consumato dalla borghesia repubblicana, nelle giornate del giugno 1848, attesta in modo definitivo la natura socialista del solo proletariato. La borghesia liberale teme l'indipendenza di questa stessa classe cento volte più di qualsiasi reazione. I contadini si accontentano dell'abolizione delle vestigia feudali e si schierano a fianco dell'ordine, di rado esitando tra la democrazia operaia e il liberalismo borghese. Tutte le dottrine che parlano di un socialismo non classista, di una politica non classista, dimostrano di essere frottole vane.

La Comune di Parigi (1871) porta a compimento questo sviluppo delle trasformazioni borghesi; la repubblica, cioè la forma di organizzazione statale nella quale i rapporti di classe si manifestano nel modo meno velato, deve il suo consolidamento soltanto all'eroismo del proletariato.

In tutti gli altri paesi di Europa, uno sviluppo più confuso e meno completo conduce alla stessa società borghese. Alla fine del primo periodo (1848-1871), periodo di burrasche e di rivoluzioni, il socialismo premarxista muore. Nascono i partiti proletari indipendenti: la I Internazionale (1864-1872) e la socialdemocrazia tedesca.

II

Il secondo periodo (1872-1904) si distingue dal primo per il suo carattere "pacifico", per l'assenza di rivoluzioni. L'occidente ha terminato le rivoluzioni borghesi. L'oriente non è ancora maturo per esse.

L'occidente entra nella fase della preparazione "pacifica" dell'epoca delle trasformazioni future. Dappertutto si formano dei partiti socialisti, proletari per la loro base, che imparano a servirsi del parlamentarismo borghese, a creare la loro stampa quotidiana, le loro istituzioni di educazione, i loro sindacati, le loro cooperative. La dottrina di Marx riporta una completa vittoria e si diffonde in estensione. Lentamente, ma inflessibilmente, continua il processo di selezione e di raggruppamento delle forze del proletariato, di preparazione alle battaglie future.

La dialettica della storia è tale, che la vittoria del marxismo teorico costringe i suoi nemici a travestirsi da marxisti. Il liberalismo interiormente putrefatto, tenta di rivivere nella veste dell'opportunismo socialista. Esso interpreta il periodo della preparazione delle forze per le grandi battaglie come una rinuncia a queste battaglie. Esso intende il miglioramento delle condizioni della lotta degli schiavi contro la schiavitù del salario nel senso di una vendita per qualche quattrino, da parte degli schiavi, dei loro diritti alla libertà. Esso predica vilmente la "pace sociale" (ossia la pace con lo schiavismo), la rinuncia alla lotta di classe, e così via. L'opportunismo trova moltissimi fautori tra i vari deputati socialisti al parlamento, i vari funzionari del movimento operaio e gli intellettuali "simpatizzanti".

III

Gli opportunisti non erano ancora riusciti a glorificare la "pace sociale" e l'assenza di necessità di burrasche nella "democrazia" che una nuova fonte delle più grandi tempeste mondiali si apriva in Asia. La rivoluzione russa era seguita dalle rivoluzioni turca, persiana e cinese. Oggi noi attraversiamo precisamente l'epoca di queste tempeste e della loro "ripercussione" in Europa. Qualunque sia la sorte della grande repubblica cinese, contro la quale oggi aguzzano i denti le diverse iene "civili", nessuna forza al mondo riuscirà a ristabilire il vecchio servaggio in Asia, né spazzerà dalla faccia della terra il democratismo eroico delle masse popolari dei paesi asiatici e semiasiatici.

Taluni, che non tenevano nel dovuto conto le condizioni di preparazione e di sviluppo della lotta delle masse, sono caduti nella disperazione e nell'anarchismo, vedendo lungamente differita la lotta decisiva contro il capitalismo in Europa. Noi vediamo oggi come questa disperazione anarchica sia miope e pusillanime.

Non disperazione, ma coraggio bisogna attingere dal fatto che 800 milioni di asiatici sono trascinati nella lotta per gli stessi ideali europei.

Le rivoluzioni dell'Asia ci hanno mostrato la stessa mancanza di carattere e la stessa viltà del liberalismo, la stessa straordinaria importanza dell'indipendenza delle masse democratiche, la stessa demarcazione netta tra il proletariato e qualsiasi borghesia. Dopo l'esperienza dell'Europa e dell'Asia, chi parla di una politica non classista e di un socialismo non classista merita semplicemente di essere esposto in una gabbia insieme a un canguro australiano.

Dopo l'Asia si è messa in movimento l'Europa, ma non alla maniera asiatica. Il periodo "pacifico" del 1872-1904 appartiene a un passato scomparso per sempre. Il carovita e il giogo dei trust provocano un inasprimento inaudito della lotta economica, che scuote financo gli operai inglesi, i più corrotti dal liberalismo. Una crisi politica matura sotto i nostri occhi nella stessa Germania, nella "cittadella" della borghesia e dei grandi proprietari fondiari. Gli armamenti folli e la politica dell'imperialismo dànno all'Europa moderna una "pace sociale" che assomiglia piuttosto a un barile di dinamite. E la decomposizione di tutti i partiti borghesi e la maturazione del proletariato proseguono intanto ininterrottamente.

Ciascuno dei tre grandi periodi della storia universale posteriori all'apparizione del marxismo ha portato al marxismo nuove conferme e nuovi trionfi. Ma il prossimo periodo storico apporterà al marxismo, dottrina del proletariato, un trionfo ancora più grande.


Ultima modifica 14.09.2000