Mosca, aprile 1929
Pubblicato in "La forma cinematografica"
Dunque:
La proiezione del sistema dialettico delle cose
nel cervello
nella creazione astratta
nel processo del pensiero
produce: metodi dialettici di pensiero;
il materialismo dialettico... LA FILOSOFIA.
E anche:
La proiezione dello stesso sistema di cose
mentre si crea concretamente
mentre si dà forma
produce: L'ARTE.
Il fondamento di questa filosofia è un concetto dinamico delle cose.
L'essere, come costante evoluzione dell'interazione di due opposti contraddittori.
La sintesi, che nasce dall'opposizione tra tesi e antitesi.
Altrettanto fondamentale è una dinamica comprensione delle cose per intendere correttamente l'arte e tutte le forme artistiche. Nel campo dell'arte questo principio dialettico di dinamica si concreta nel
come principio fondamentale dell'esistenza di ogni opera d'arte e di ogni forma d'arte.
Perché l'arte è sempre conflitto:
1. per la sua missione sociale,
2. per la sua natura,
3. per la sua metodologia.
Per la sua missione sociale perché: è compito dell'arte rendere manifeste le contraddizioni dell'Essere; formare visioni obiettive suscitando contraddizioni nella mente dello spettatore, forgiando precisi concetti intellettuali dall'urto dinamico di opposte passioni.
Per la sua natura perché: la sua natura è un conflitto tra l'esistenza naturale e la tendenza creativa; tra l'inerzia organica e l'iniziativa con uno scopo. L'eccesso dell'iniziativa con uno scopo - i principi della logica razionale — calcifica l'arte in tecnicismo matematico (un paesaggio dipinto diventa una carta topografica, la figura di un san Sebastiano diventa pura tavola anatomica). L'eccesso di naturalezza organica — di logica organica — annacqua l'arte rendendola informe (un Malevic diventa un Kaulbach, un Archipenko diventa uno spettacolo di manichini di cera). Perché il limite della forma organica (il principio passivo dell'essere) è la Natura. Il limite della forma razionale (il principio attivo di produzione) è l'Industria. Al punto d'incontro tra natura e industria sta l'Arte.
La logica della forma organica contro la logica della forma razionale produce, nello scontro, la dialettica della forma artistica. L'azione reciproca delle due logiche produce e determina il Dinamismo (non solo nel senso d'una continuità spaziale e temporale, ma anche nel campo del pensiero assoluto. Considero inoltre dinamico l'inizio di nuovi concetti e punti di vista nel conflitto tra il concetto abituale e la rappresentazione particolare: come dinamizzazione dell'inerzia della percezione; come dinamizzazione della «visione tradizionale» in una visione nuova).
La quantità dell'intervallo determina la misura della tensione (si veda, per esempio, il concetto d'intervallo nella musica. In certi casi la distanza può essere cosi ampia da portare a una rottura, a un collasso del concetto omogeneo dell'arte: esempio, «l'inudibilità» di certi intervalli).
La forma spaziale di questo dinamismo è l'espressione. Le fasi della sua tensione formano il ritmo. Questo vale per ogni forma d'arte, anzi per ogni genere d'espressione. Allo stesso modo, l'espressione umana è un conflitto tra riflessi condizionati e non condizionati (su questo punto non posso essere d'accordo col Klages che a) non considera l'espressione umana dinamicamente come un processo, ma staticamente come un risultato e che, b) attribuisce tutto ciò che è in movimento al campo dell'« anima», e soltanto l'elemento che ostacola allo «spirito». [Lo «spirito» e l'«anima» della concezione idealistica corrispondono qui lontanamente alle idee di riflessi condizionati e non condizionati]).
Questo vale per ogni campo che si possa considerare arte. Il pensiero logico, per esempio, inteso come arte, rivela lo stesso meccanismo dinamico:
... la vita intellettuale di Platone o Dante o Spinoza o Newton fu ampiamente guidata e sostenuta dalla loro passione per la pura bellezza del rapporto ritmico tra legge ed esempio, specie e individuo, Causa ed effetto. Lo stesso accade, per esempio, nel linguaggio, dove tutta la linfa, la vitalità e il dinamismo nascono dall'irregolarità del particolare in rapporto alle leggi del sistema nel suo complesso. Possiamo al contrario notare la sterilità di espressione in lingue artificiali e completamente costruite su regole come l'esperanto.
Proprio da questo principio deriva l'incanto della poeia. Il suo ritmo nasce come conflitto tra la misura metrica impiegata e la distribuzione degli accenti che vanno oltre questa misura.
La visione d'un fenomeno formalmente statico come funzione dinamica è resa dialetticamente nelle sagge parole di Goethe:
Esattamente come nel caso di un'ideologia omogenea (un punto di vista monistico), sia l'intero sia il minimo particolare devono essere permeati da un unico principio. Così, messa accanto al conflitto del condizionamento sociale e al conflitto della natura esistente, la metodologia di un'arte rivela questo stesso principio di conflitto: come principio fondamentale del ritmo da creare e inizio della forma artistica.
L'arte è sempre conflitto a causa della sua metodologia. Considereremo qui il problema generale dell'arte nell'esempio specifico della sua forma più elevata: il cinema. Elementi fondamentali del cinema sono l'inquadratura e il montaggio.
Il montaggio è stato consacrato dai film sovietici come centro nervoso del cinema. Definire la natura del montaggio equivale a risolvere il problema specifico del cinema. I primi cineasti coscienti e i nostri primi teorici del cinema consideravano il montaggio come uno strumento descrittivo, mettendo le singole inquadrature una dopo l'altra come blocchi da costruzione. Il movimento nell'interno di queste inquadrature, intese come blocchi da costruzione, e la conseguente lunghezza dei pezzi componenti erano allora considerate ritmo. Concetto completamente falso!
Sarebbe come definire un oggetto unicamente in rapporto alla natura della sua immagine. Il processo meccanico dello spezzettamento sarebbe eretto a principio. Non possiamo definire ritmo un simile rapporto di lunghezze. Ne nasce la metrica piuttosto che le relazioni ritmiche, opposte l'una all'altra, come il sistema metrico-meccanico di Mensendieck è opposto alla scuola ritmico-organica di Bode nel campo degli esercizi fisici.
Secondo questa definizione, accettata in teoria perfino da Pudovkin, il montaggio è un mezzo per sviluppare un'idea attraverso inquadrature singole: il principio «epico».
Secondo me invece, il montaggio è un'idea che nasce dallo scontro d'inquadrature indipendenti o addirittura opposte l'una all'altra: il principio «drammatico».
Un sofisma? No certamente. Stiamo cercando una definizione dell'intera natura, lo stile e lo spirito principale del cinema nato dalla sua base tecnica (ottica). Sappiamo che il fenomeno del movimento nel cinema consiste nel fatto che due immagini immobili di un corpo in movimento, susseguendosi l'una all'altra, si fondono in un'illusione di movimento quando le si vedano successivamente alla velocità necessaria. Questa definizione divulgativa di come accade la fusione è in parte responsabile della generale incomprensione della natura del montaggio di cui abbiamo parlato prima.
Esaminiamo ora più esattamente il corso del fenomeno che stiamo discutendo, studiamo come realmente accade e cerchiamo di trarne la nostra conclusione. Collocate l'una accanto all'altra, due immagini immobili fotografate danno un'illusione di movimento. È esatto? Visivamente e fraseologicamente, sì.
Ma meccanicamente, no. Perché, in realtà, ogni elemento d'una successione non è visto accanto all'altro, ma sopra l'altro. Perché l'idea (o la sensazione) di movimento nasce dal processo di sovrapposizione, sull'impressione conservata della prima posizione dell'oggetto, d'una nuova posizione visibile successiva dell'oggetto stesso. Questa è inoltre la ragione del fenomeno di profondità spaziale che si ottiene con la sovrapposizione ottica di due piani nella stereoscopia. Perché la sovrapposizione di due elementi della stessa dimensione produce sempre una nuova, più alta dimensione. Nel caso della stereoscopia la sovrapposizione di due bidimensionalità non identiche produce la tridimensionalità stereoscopica.
In un altro campo: una parola concreta (una definizione) posta accanto a una parola concreta produce un concetto astratto: come avviene nelle lingue cinese e giapponese, in cui un ideogramma materiale può indicare un risultato (concettuale) che lo trascende.
L'incongruenza nel disegno della prima immagine - già impressa nella mente - con la seconda immagine successivamente percepita crea, con il conflitto, la sensazione di movimento. Il grado d'incongruenza determina l'intensità dell'impressione e determina anche quella tensione che diventa l'elemento reale di un ritmo autentico.
Abbiamo qui, temporalmente, ciò che vediamo nascere spazialmente su una superficie piana disegnata o dipinta. Da che cosa nasce l'effetto dinamico d'una pittura? L'occhio segue la direzione d'un elemento del dipinto. Ne conserva un'impressione visiva che poi si scontra con l'impressione che si ha seguendo la direzione d'un secondo elemento. Il conflitto di queste direzioni produce l'effetto dinamico nella percezione del tutto.
I. Può essere puramente lineare: Fernand Léger, o il Suprematismo.
II. Può essere «aneddotico». Il segreto della meravigliosa mobilità delle figure di Daumier e di Lautrec risiede nel fatto che le varie parti anatomiche d'un corpo vengono rappresentate in circostanze spaziali (posizioni) temporalmente diverse, disgiuntive. Per esempio, nella litografia in cui Toulouse-Lautrec mostra Miss Cissy Loftus, se si sviluppa logicamente la posizione A del piede, si costruisce un corpo in una posizione A corrispondente. Ma il corpo viene rappresentato dal ginocchio in su già nella posizione A + a. Viene affermato qui l'effetto cinematico di immagini immobili unite! Dalle anche alle spalle possiamo vedere A + a + a. La figura ne emerge viva e saltellante!
III. Tra il I e il II si trova il primo futurismo italiano - quello di Balla in «Uomo con sei gambe in sei posizioni» - perché il II ottiene i suoi effetti conservando l'unità naturale e l'esattezza anatomica, mentre il I, d'altra parte, lo fa con tratti puramente elementari. Il III, pur distruggendo la fedeltà alla natura, non si è ancora spinto fino all'astrazione.
IV. Il conflitto di direzione può anche essere di genere ideografico. Abbiamo ottenuto cosi, per esempio, le pregnanti caratterizzazioni d'un Sharaku. Il segreto della sua forza d'espressione estremamente perfezionata sta nella sproporzione spaziale e anatomica delle parti; al cui confronto la nostra si potrebbe definire sproporzione temporale.
Generalmente definita «irregolarità», questa sproporzione spaziale ha esercitato un'attrazione costante sugli artisti che se ne sono serviti. Scrivendo dei disegni di Rodin, Camille Mauclair ha suggerito una spiegazione:
Tutti i maggiori artisti Michelangelo, Rembrandt, Delacroix, a un certo momento dell'esplosione del loro genio gettarono letteralmente via la zavorra dell'esattezza concepita dalla nostra ragione semplificatrice e dai nostri occhi ordinari, per raggiungere la puntualizzazione delle idee, la sintesi, la scrittura visiva dei loro sogni (1).
Due artisti sperimentatori del XIX secolo - un pittore e un poeta — tentarono di enunciare formulazioni estetiche di questa «irregolarità». Ecco la tesi di Renoir:
Come in natura, in ogni opera d'arte, ed anche nell'architettura, deve entrare in gioco il principio dell'irregolarità. Per aver dimenticato questo principio l'arte moderna sta morendo soffocata dalla « régularité, la sécheresse, la manie de fausse perfection» (2).
E Baudelaire scrisse nel suo diario:
Quel che non è leggermente difforme ha un'aria insensibile; ne consegue che l'irregolarità, cioè l'inatteso, la sorpresa, lo stupore, sono l'elemento essenziale e la caratteristica della bellezza (3).
Se esaminiamo più attentamente la peculiare bellezza dell'irregolarità usata nella pittura da Grunewald o da Renoir, si vedrà ch'essa consiste in una sproporzione nel rapporto d'un particolare in una dimensione con un altro particolare in una dimensione diversa. Lo sviluppo spaziale della dimensione relativa d'un particolare in corrispondenza a un altro, e il conseguente scontro tra le proporzioni stabilite dall'artista allo scopo, si risolvono in una caratterizzazione: in una definizione del materiale rappresentato.
E infine, il colore. Qualsiasi sfumatura di colore dà alla nostra visione un certo ritmo di vibrazione. Non lo dico in modo figurato ma puramente fisiologico, che i colori si distinguono l'uno dall'altro per il loro numero di vibrazioni luminose.
La sfumatura o il tono di colore adiacente consiste in un'altra misura di vibrazione. Il contrappunto (conflitto) delle due misure - la misura di vibrazione conservata contro quella nuovamente percepita - produce il dinamismo del nostro cogliere il gioco reciproco del colore. Passando dalle vibrazioni visive a quelle acustiche ci troviamo nel campo della musica; passiamo dal dominio dell 'immagine spaziale al dominio dell'immagine temporale dove vige la medesima legge. Che il contrappunto non è per la musica soltanto una forma di composizione, ma il fattore fondamentale perché si possa percepire il tono e la sua differenziazione. Quasi si potrebbe dire che in tutti i casi citati abbiamo visto in opera lo stesso Principio di paragone che rende possibile per noi la percezione e la definizione in ogni campo.
Nell'immagine in movimento (il cinema) abbiamo, per così dire, una sintesi dei due contrappunti: il contrappunto spaziale dell'arte grafica, e il contrappunto temporale della musica. Nel cinema, e caratteristico di esso, si verifica quello che può essere definito come contrappunto visivo. Applicando questo concetto al cinema, ci apriamo diverse strade al problema della grammatica filmica. Come pure della sintassi delle manifestazioni filmiche, in cui il contrappunto visivo può determinare tutto un nuovo sistema di forme di manifestazione (gli esperimenti in questo senso sono illustrati nelle pagine che precedono da immagini di miei film). Per tutto questo, la premessa fondamentale è:
L'inquadratura non è affatto un elemento di montaggio. L'inquadratura è una cellula (o molecola) di montaggio.
In questa formulazione la divisione dualistica di
passa di colpo nell'analisi alla considerazione dialettica di tre diverse fasi d'un compito espressivo omogeneo, le cui caratteristiche omogenee determinano l'omogeneità delle loro leggi strutturali.
Relazione reciproca delle tre fasi:
Il conflitto nell'interno di una tesi (idea astratta) si formula nella dialettica della didascalia, si forma spazialmente nel conflitto all'interno dell'inquadratura, ed esplode con intensità crescente nel conflitto di montaggio tra le singole inquadrature. Questo accade in perfetta analogia con l'espressione umana, psicologica.
Si tratta d'un conflitto di motivi, che può anche essere conchiuso in tre fasi:
1. Pura espressione verbale. Senza intonazione espressiva nel linguaggio.
2. Gesticolazione (intonazione mimica). Proiezione del conflitto nell'intero sistema corporeo espressivo dell'uomo. Gesto che è movimento corporeo e gesto che è intonazione.
3. Proiezione del conflitto nello spazio. Con un intensificarsi di motivi lo zigzag dell'espressione mimica è spinto nello spazio circostante seguendo la stessa formula di distorsione. Uno zigzag di espressione che nasce dalla divisione spaziale creata dall'uomo che si muove nello spazio. Regia.
Abbiamo posto così le basi per una concezione interamente nuova del problema della forma cinematografica. Come esempi di tipi di conflitti nella forma - caratteristici del conflitto all'interno dell'inquadratura e al tempo stesso del conflitto tra inquadrature che si scontrano, o montaggio - possiamo elencare i seguenti:
1. Conflitto grafico (cfr. fig. 1).
2. Conflitto di piani (cfr. fig. 2).
3. Conflitto di volumi (cfr. fig. 3).
4. Conflitto spaziale (cfr. fig. 4).
5. Conflitto di luci.
6. Conflitto di ritmo, e cosi via.
Nota bene: Questa è una lista di tratti principali, di dominanti. Naturalmente, si presentano nella maggioranza dei casi come complessi. Per passare al montaggio, basterà dividere ogni esempio in due pezzi fondamentali indipendenti, come nel caso del conflitto grafico, benché si possano dividere in modo analogo tutti gli altri casi:
Alcuni altri esempi:
7. Conflitto tra contenuto e punto di vista (ottenuto con una deformazione spaziale attraverso l'angolazione) (cfr. fig. 5).
8. Conflitto tra il contenuto e la sua natura spaziale (ottenuto con la deformazione ottica per mezzo dell'obbiettivo).
9. Conflitto tra un fatto e la sua natura temporale (ottenuto col rallentato e l'animazione)
e finalmente
10. Conflitto tra l'intero complesso ottico e una sfera completamente diversa.
Il conflitto tra esperienza ottica e acustica produce quindi:
il cinema sonoro,
che può essere realizzato come
contrappunto audiovisivo.
Il formulare e indagare il fenomeno cinematografico in forma di conflitti offre la prima possibilità di pensare a un sistema omogeneo di drammaturgia visiva per tutti i casi generali e particolari del problema cinematografico. Di pensare a una drammaturgia della forma cinematografica visiva altrettanto regolare e precisa quanto la già esistente drammaturgia del soggetto cinematografico. Da questo punto di vista si possono riassumere le seguenti forme e possibilità di stile come sintassi cinematografica: o forse sarà più esatto definire quanto segue come:
tentativo di sintassi cinematografica.
Annoteremo qui un certo numero di possibilità di sviluppo dialettico che si possono trarre da quest'affermazione. Il concetto dell'immagine in moto (che consuma tempo) sorge dalla sovrapposizione — o contrappunto - di due diverse immagini immobili.
I. Qualsiasi frammento di montaggio che contenga un movimento. Ogni pezzo fotografato. Definizione tecnica del fenomeno di movimento. Niente composizione ancora (un uomo che corre. Un fucile che spara. Uno schizzar d'acqua),
II. Un concetto figurato di movimento artificialmente prodotto. Il fondamentale elemento ottico è usato per composizioni volute:
A. Composizione logica.
esempio I (da Ottobre): si rappresenta col montaggio una mitragliatrice che spara, alternando particolari dello sparo.
Combinazione A. Una mitragliatrice vivacemente illuminata. Un'altra inquadratura con luce attenuata. Doppio scoppio: scoppio grafico più scoppio di luce, Primo piano della mitragliatrice.
Combinazione B (cfr. fig. 6): effetto quasi di doppia esposizione ottenuto con un effetto di montaggio a ripetizione. Lunghezza dei pezzi di montaggio: due inquadrature ciascuno.
esempio 2 (dal Potemkin): illustrazione di azione immediata. Donna col pince-nez. Immediatamente seguita — senza transizione — dalla stessa donna con il pince-nez frantumato e l'occhio coperto di sangue: impressione d'un colpo che ferisce l'occhio (cfr. fig. 7).
B. Composizione illogica.
Esempio 3 (dal Potemkin): lo stesso espediente usato per il simbolismo pittorico. Al rombo dei cannoni del Potemkin, un leone di marmo s'impenna, in segno di protesta contro il massacro sulla scalinata di Odessa (cfr. fig. 8). Comprende tre inquadrature di tre leoni di marmo immobili del palazzo Alupka in Crimea: un leone che dorme, un leone che si sveglia, un leone che si alza. L'effetto si ottiene calcolando esattamente la lunghezza della seconda inquadratura. Sovrapponendola alla prima si ha la prima azione. C'è dunque il tempo per imprimere nella mente la seconda posizione. Sovrapponendo la terza sulla seconda si ha la seconda azione: il leone finalmente si alza.
Esempio 4 (da Ottobre): s'è visto nell'esempio 1 come lo sparo fosse simbolicamente costruito con elementi esterni al processo dello sparo stesso. Illustrando il putsch monarchico tentato dal generale Kornilov, mi venne in mente che la sua tendenza militarista poteva essere rappresentata in un montaggio che si servisse come materiale di particolari religiosi. Kornilov aveva infatti rivelato il suo intento di compiere una bizzarra «Crociata» di musulmani (!) -la sua «Divisione Selvaggia» di caucasiani —, insieme ad alcuni cristiani, contro i bolscevichi. Alternammo quindi inquadrature di un Cristo barocco (che sembrava esplodere nei luminosi raggi della sua aureola) a inquadrature della maschera in forma d'uovo di Uzume, dea dell'allegria, completamente raccolta in sé stessa. Il conflitto temporale tra la forma raccolta a uovo e la forma aperta a stella produceva l'effetto d'uno scoppio immediato, di una bomba o shrapnel (4) . (La figura io, che rivela la possibilità espressiva tendenziosa — o ideologica — di questo materiale sarà discussa più avanti).
Gli esempi hanno trattato fin qui casi di fisiologia elementare, usando esclusivamente la sovrapposizione di movimenti ottici.
III. Combinazioni emotive, non solo con gli elementi visibili delle inquadrature, ma soprattutto con serie di associazioni psicologiche, Montaggio per associazione. Come mezzo per definire emotivamente una situazione.
Nell'esempio I, avevamo due inquadrature successive A e B, di soggetto identico. Non era però identica la posizione del soggetto nell'inquadratura:
Ne nasceva una dinamizzazione dello spazio, un'impressione di dinamica spaziale:
Il grado di differenza tra le posizioni A e B determina la tensione del movimento.
Facciamo un altro caso; supponiamo che i soggetti delle inquadrature A e B non siano identici. Benché siano identiche le associazioni delle due inquadrature, siano cioè identiche per associazione.
Questa dinamizzazione del soggetto, non nello spazio ma nella psicologia, e cioè l'emozione, produce:la dinamizzazione emotiva.
Esempio I (in Sciopero): il montaggio dell'uccisione degli operai è in realtà un montaggio incrociato di questo massacro col macello d'un toro in un mattatoio. Benché i soggetti siano diversi, il legame associativo è dato dal «macello». S'ottenne cosi una potente intensificazione emotiva della scena. In realtà, l'omogeneità delle posizioni ha qui una parte importante nel produrre l'effetto: sia il movimento della posizione dinamica nell'inquadratura, sia la posizione statica che divide graficamente la medesima.
È questo un principio usato poi da Pudovkin nella Fine di San Pietroburgo (Konec Sankt-Peterburga), nella vigorosa sequenza in cui s'alternano inquadrature della Borsa e del campo di battaglia. Anche nel suo film precedente, La madre (Uat'), c'era una sequenza analoga: il disgelo sul fiume parallelo alla dimostrazione degli operai.
Un espediente simile può decadere sino à diventar patologico quando si perda di vista il punto essenziale: la dinamizzazione emotiva del soggetto. Appena il regista dimentica la sua essenza il mezzo si calcifica in simbolismo letterario e manierismo stilistico privo di vita. Ecco due esempi di cattivo uso di questo mezzo: Esempio 2 (in Ottobre): alle mielate cantilene di compromesso dei menscevichi durante il secondo Congresso dei Soviet - mentre si svolge l'attacco al Palazzo d'Inverno - s'alternano mani che suonano l'arpa. Si tratta d'un parallelismo puramente letterario che non serve affatto a dinamizzare l'argomento. Allo stesso modo nel Cadavere vivente (Zivoj trup) di Ocep, guglie di cattedrale (a imitazione di quelle di Ottobre) e paesaggi lirici s'alternano ai discorsi in tribunale della parte civile e del difensore. Si ha qui lo stesso errore notato nella sequenza dell'«arpa».
D'altro lato una maggioranza di effetti puramente dinamici può dare risultati positivi: Esempio 3 (in Ottobre): il drammatico momento dell'ingresso del battaglione motociclisti al congresso dei Soviet venne dinamizzato con inquadrature di ruote di bicicletta ruotanti in modo astratto, associate all'ingresso dei nuovi delegati. Il contenuto emotivo di ampia portata dell'avvenimento venne cosi trasformato in vera dinamica.
Questo stesso principio - dar vita a concetti, a emozioni mettendo uno accanto all'altro due fatti diversi — condusse alla:
IV. Liberazione dell'intera azione dalla definizione di tempo e di spazio. Fu in Ottobre che feci i miei primi tentativi in questo senso. esempio 1: si vede una trincea affollata di soldati schiacciata da un'enorme piattaforma di cannone che scende inesorabilmente. Come simbolo antimilitarista considerato dal punto di vista del solo soggetto, si ottiene l'effetto mettendo insieme apparentemente una trincea che ha un'esistenza indipendente e un sopraffacente prodotto militare, altrettanto fisicamente indipendente.
esempio 2: nella scena del putsch di Kornilov, che segna la fine dei sogni bonapartisti di Kerenskij. Qui uno dei carri armati di Kornilov s'inerpica sulla scrivania di Kerenskij nel Palazzo d'Inverno schiacciando un Napoleone di gesso: avvicinamento di significato puramente simbolico.
Questo metodo è stato usato da Dovzenko in Arsenale (Arsenal) per creare intere sequenze, come pure da Esther Sub nella sua utilizzazione di materiale di repertorio nella Russia di Nicola II e Lev Tolstoj (Rossija Nikolaja II i Lev Tolstoj).
Offrirò qui un altro esempio di questo metodo, destinato a sovvertire i modi tradizionali di trattare l'intreccio, anche se finora non è ancora stato messo in pratica.
Nel 1924-25 meditavo sull'idea d'un ritratto cinematografico dell'uomo reale. Prevaleva allora la tendenza a mostrare l'uomo reale nel cinema solo in lunghe scene drammatiche senza tagli. Si credeva che il taglio (il montaggio) avrebbe distrutto l'idea dell'uomo reale. Abram Room raggiunse una specie di primato in questo campo quando nella Baia della morte (Buchta smertì) si servì d'inquadrature drammatiche senza tagli lunghe 40 metri.
Giudicai (e ancora giudico) questo concetto assolutamente non cinematografico.
Ma come si potrebbe descrivere, col linguaggio, un uomo?
I suoi capelli neri come l'ala del corvo...
Le onde dei suoi capelli...
I suoi occhi che sprizzavano lampi azzurri...
I suoi muscoli d'acciaio...
Anche in una descrizione meno esagerata, descrivendo verbalmente una persona si finisce coll'usare un assortimento di cascate, parafulmini, paesaggi, uccelli, ecc.
Ma perché mai dovrebbe il cinema seguire le forme del teatro e della pittura piuttosto che la metodologia del linguaggio che ammette il sorgere di concetti ideali completamente nuovi dalla combinazione di due designazioni concrete di oggetti concreti? Il linguaggio è assai più vicino al cinema della pittura. Nella pittura, per esempio, la forma nasce da elementi astratti di linea e di colore, mentre nel cinema la concretezza materiale dell'immagine nell'inquadratura è - come elemento - estremamente difficile da manipolare. Perché non tendere quindi piuttosto verso il sistema del linguaggio, costretto a usare lo stesso meccanismo nell'inventare parole e complessi di parole?
D'altro lato, perché non si può fare a meno del montaggio nei film ortodossi?
La differenziazione dei pezzi di montaggio consiste nella loro non esistenza come unità singole. Ogni pezzo non può che evocare uha certa associazione. L'accumularsi di tali associazioni può produrre sullo spettatore lo stesso effetto ottenuto con mezzi puramente fisiologici nell'intreccio di un'opera teatrale messa in scena in modo realistico.
II delitto sul palcoscenico, per esempio, ha un effetto puramente fisiologico. Fotografato in un unico pezzo di montaggio, può funzionare semplicemente come informazione, come didascalia. L'effetto emotivo incomincia solo con la ricostruzione del fatto in frammenti di montaggio, ciascuno dei quali susciterà una certa associazione, e che insieme daranno un complesso di emozioni che pervade tutto quanto. Ecco il procedimento tradizionale:
1. Una mano alza un coltello.
2. Gli occhi della vittima si spalancano di colpo.
3. Le sue mani afferrano il tavolo.
4. Il coltello viene brandito.
5. Gli occhi, sbattono in modo automatico.
6. Il sangue sgorga.
7. Una bocca grida.
8. Qualcosa gocciola su una scarpa...
e simili cliché-cinematografici. Tuttavia, in rapporto all' azione come complesso, ciascun frammento è quasi astratto. Più sono differenziati più divengono astratti, limitandosi a provocare una certa associazione.
Vien fatto logicamente di pensare: non si potrebbe ottenere la stessa cosa in modo più produttivo non seguendo l'intreccio in modo cosi pedissequo, bensì materializzando l'idea, l'impressione di delitto per mezzo d'un libero accumularsi di materiale associativo? Il compito più importante è pur sempre di rendere l'idea d'assassinio, la sensazione dell'assassinio come tale. L'intreccio non è che un espediente senza il quale non siamo ancora capaci di dir qualcosa allo spettatore! Uno sforzo in questa direzione produrrebbe comunque la più interessante varietà di forme.
Qualcuno dovrebbe provare, almeno! Da quando ho pensato a questo, non ho avuto il tempo di fare l'esperimento. E oggi son preso da problemi assai diversi. Ma, per ritornare alla linea principale della nostra sintassi, c'è in essa qualcosa che ci può aiutare in questi compiti.
Mentre in I,II e III la tensione era calcolata per produrre un effetto puramente fisiologico - dal meramente ottico all'emotivo - dobbiamo citare qui anche il caso della stessa tensione-conflitto che serve a creare nuovi concetti, nuovi atteggiamenti, e cioè a fini puramente intellettuali.
esempio 1 (in Ottobre): l'ascesa di Kerenskij al potere e alla dittatura dopo la sommossa del luglio 1917. Si ottenne un effetto comico con didascalie che indicavano gradi sempre più elevati («Dittatore» - «Generalissimo» — «Ministro della Marina — e dell'Esercito» — ecc.) collocate sempre più in alto, alternate a cinque o sei inquadrature di Kerenskij che saliva le scale del Palazzo d'Inverno, sempre con lo stesso passo. Qui un conflitto tra l'inconsistenza delle cariche in ascesa e la salita dell'«eroe» su per la stessa invariata rampa di scale produce un risultato intellettuale: si mostra in modo satirico la fondamentale inconsistenza di Kerenskij. Abbiamo il contrappunto di un'idea, convenzionale espressa letteralmente con l'azione visibile d'un individuo particolare inadeguato ai suoi compiti in rapida ascesa. L'incongruenza di questi due fattori si risolve nella decisione puramente intellettuale dello spettatore a spese di questo individuo particolare. Dinamizzazione intellettuale.
Esempio 2 (in Ottobre): La marcia di Kornilov su Pietrogrado si svolse sotto la bandiera «Nel nome di Dio e della Patria ». Tentammo qui di rivelare il significato religioso di questo episodio in modo razionalistico. Montammo alternandole un certo numero d'immagini religiose, da un magnifico Cristo barocco a un idolo eschimese. Il conflitto era in questo caso tra il concetto e il simbolo di Dio. Mentre idea e immagine sembrano in completo accordo nella prima statua mostrata, i due elementi s'allontanano sempre più l'uno dall'altro a ogni immagine successiva (cfr. fig. 10). Conservando il nome di «Dio» queste immagini vengono sempre più allontanandosi dal nostro concetto di Dio, portando inevitabilmente a conclusioni individuali circa la vera natura di tutte le divinità. Anche in questo caso una serie di immagini cercò di giungere a una soluzione puramente intellettuale, risultante da un conflitto tra un preconcetto e il suo graduale discreditarsi in fasi preordinate.
Un passo dopo l'altro, paragonando ogni nuova immagine con l'indicazione comune, si viene accumulando forza dietro un processo che possiamo formalmente identificare con quello della deduzione logica. La decisione di mettere in circolazione queste idee, come pure il metodo usato, sono già concepiti intellettualmente.
La forma descrittiva convenzionale del cinema porta alla possibilità formale di una specie di ragionamento fìlmico. Mentre il cinema convenzionale dirige le emozioni, il cinema intellettuale offre al tempo stesso la possibilità d'incoraggiare e dirigere l'intero processo di pensiero.
Queste due particolari sequenze sperimentali furono vivamente avversate da quasi tutti i critici, e se ne volle vedere soltanto il significato politico. Non mi sentirei di negare che questa forma sia la più adatta per esprimere tesi ideologicamente definite: è però un peccato che i critici ne abbiano del tutto trascurato le possibilità puramente cinematografiche.
Con questi due esperimenti compimmo il primo passo, embrionale, verso una forma completamente nuova di espressione cinematografica: verso un cinema puramente intellettuale, liberato dai limiti tradizionali, capace di esprimere in forme dirette idee, sistemi e concetti senza bisogno di transizioni e di parafrasi. Ancora possiamo avere una
Sarebbe questa la definizione adatta alla nostra nuova epoca nel campo dell'arte. Sarebbe questa la giustificazione definitiva delle parole di Lenin, secondo cui «il cinema è la più importante di tutte le arti».
1In prefazione a Baudelaire, Les fleurs du mal, illustrato da Auguste Rodin, Paris 1940.
2Il manifesto di Renoir per La Società dés Irrégularistes (1884) è cosi riassunto da Lionello venturi in Les Archives de l'Impressionìsme. Lettre de Renoir, Monet, L'issano, Sisley et autres. Mémoires de Vaul Du-nmd-Ruel. Documenti, Paris - New York 1939 (trad. it. in La via dell'impressionismo. Da Manet a Cézanne, Torino 1970, p. 86).
3Charles Baudelaire, Joumaux intimes, Paris 1887 (trad. it. Diari intimi, Torino 1955, p. 12)
4Appartengono a questa categoria anche esempi di effetti più primitivi, come il semplice alternarsi di guglie di cattedrale riprese da punti di vista opposti.
Ultima modifica 11.06.2009