Stalin si trovò ad un passo dal raggiungere i suoi obiettivi con i processi successivi all'assassinio di Kirov. Vennero indicati come esecutori dell'omicidio un gruppo di tredici giovani "zinovievisti" formato nel dicembre del 1934 durante il caso del cosiddetto centro di Leningrado. Zinoviev, Kamenev e altri capi dell'ex-opposizione di Leningrado, che erano stati arrestati nel 1935 durante il caso del "centro di Mosca", furono dichiarati colpevoli soltanto del seguente reato: con i loro discorsi "controrivoluzionari" avevano "oggettivamente" infiammato di sentimenti terroristici i loro compagni di Leningrado.
I processi che seguirono l'assassinio, 1934-35, non furono in grado di stabilire un legame che riconducesse gli "Zinovievisti" ai "Trotskisti". Stalin, intanto, aveva bisogno a tutti i costi di accusare Trotsky e i trotskisti di attività terroristica. Questa versione fu sviluppata nei manoscritti di Yezhov, "Dall'attività frazionistica all'aperta controrivoluzione", in cui dichiarava "Non c'è dubbio che i trotskisti vennero informati delle attività terroriste condotte dall'organizzazione di Zinoviev. Inoltre dalle testimonianze degli zinovievisti, interrogati separatamente, durante le indagini sulla morte del compagno Kirov e i seguenti arresti di zinoviesti e trotskisti, abbiamo stabilito che questi ultimi hanno intrapreso lo stesso cammino del gruppo terrorista."
L' opera di Yezhov, presentata a Stalin nel maggio 1935 e da lui fatta stampare, non vide mai la luce. Comunque, i suoi concetti base divennero i punti fondamentali delle direttive impartite agli organi del NKVD. Nel 1935, Yezhov disse al delegato del Narkom [Narodna Kommissar, cioè Commissario del Popolo -NdT] degli Affari Interni, Agranov, che "nella sua opinione e nell'opinione del comitato centrale del partito, in Unione Sovietica esisteva un centro occulto di trotskisti," e che "approvava l'esecuzione di azioni contro i trotskisti a Mosca." Secondo Agranov, Molchanov, il capo del dipartimento della polizia segreta del NKVD, che era stato incaricato dell'operazione, agì senza l'efficacia operativa caratteristica degli "organi", in quanto sentiva che a Mosca non esisteva alcuna minaccia trotskista".
Il 9 febbraio, il deputato Narkon degli Affari Interni, Prokofiev, inviò una direttiva ai corpi locali del NKVD, in cui parlava di "un aumento dell'attività controrivoluzionaria clandestina dei gruppi "trotskisti-zinovievisti" e della presenza, tra questi, di formazioni terroriste". La direttiva richiedeva la totale liquidazione dei gruppi trotskisti-zinovievisti clandestini e di scoprire "tutti i legami esistenti tra trotskisti e zinovievisti".
Il 23 febbraio, Stalin ricevette un rapporto da Prokofiev sulle nuove serie di arresti e sul sequestro degli archivi di Trotsky del 1927 ad uno degli arrestati. Dunque, grazie ad una risoluzione del Politburo, riuscì ad aggiungere Yezhov alle indagini. In seguito, Yezhov dichiarò al Plenun del Comitato Centrale di febbraio- marzo del 1937 che "la persona responsabile per l'apertura del caso (del "Centro trotskista-zinovievista") era essenzialmente il Compagno Stalin, che appena ricevuto... il materiale aveva scritto in una risoluzione: "Questo è un caso estremamente importante; io propongo di assegnare l'archivio di Trotsky a Stalin. In secondo luogo, di incaricare Yezhov di supervisionare l'investigazione, in modo che le indagini siano condotte da Cheka e Yezhov". "Io intesi questa direttiva nella maniera seguente" disse Yezhov " che avrei dovuto attuarla senza preoccuparmi del modo, e fin dove sarebbe arrivato il mio potere, avrei esercitato pressioni. E qui, devo dire, che non sono ho incontrato una leale resistenza [sic - V.R], ma anche un'aperta opposizione".
Questa "opposizione" venne soprattutto da parte di Yagoda, che era disturbato dal fatto che gli sforzi di Yezhov erano diretti a provare l'esistenza di una cospirazione trotskista dai primi anni trenta, e di conseguenza i fallimenti dell' "apparato" di Yagoda. Comprendendo che l'inclusione di Yezhov nelle indagini era espressione della scarsa fiducia di Stalin nella dirigenza del NKVD, Yagoda inviò una direttiva agli organi della sicurezza di stato sull'aumento della repressione nei confronti dei trotskisti. Contemporaneamente, tuttavia, l'idea di Stalin di organizzare un processo al "centro trotskista-zinovievista" rimaneva un segreto non solo per i membri del Politburo, ma anche per Yagoda.
Il primo ad essere arrestato tra i partencipanti al futuro processo era l'emigrato politico Valentin Olberg. Diversamente dagli altri emigranti che erano stati portati al processo, si era incontrato con Sedov e aveva tenuto una corrispondenza con Trotsky. Gli archivi di Harvard contengono la corrispondenza tra Trotsky, Sedov e Olberg, in cui discutono sulla distribuzione del Bollettino dell'Opposizione nei vari paesi, inclusa l'URSS, e dell'attività del gruppo tedesco dell'Opposizione di Sinistra. Comunque, nel 1930 Trotsky aveva già rifiutato la proposta di Olberg di venire a Prinkipo a fargli da segretario. Questo perchè gli amici di Trotsky a Berlino che conoscevano Olberg bene, lo consideravano "se non un agente della GPU, un candidato-agente".
Secondo A.Orlov, alla fine degli anni venti, Olberg era stato reclutato dall'OGPU, ed era entrato in azione come agente tra i gruppi all'estero dell'Opposizione di Sinistra. Dopo, era stato richiamato in Unione Sovietica e nel 1935 spedito all'Istituto Pedagogico di Gorki, dove gli "organi" avevano trovato tracce di un circolo illegale di studio sui lavori di Lenin e Trotsky.
Nel 1937, la Commissione di Parigi alla Contro-Indagine sui processi di Mosca, accolse la testimonianza della madre di Olberg. Dalla sua testimonianza risultava chiaro che, oltre V. Olberg, anche il fratello Pavel fosse emigrato in URSS e stesse lavorando come ingegnere a Gorki. Nelle lettere a sua madre, P. Olberg parlava con entusiasmo di prendere la cittadinanza e le riferifa le sue impressioni sull'URSS. Il 5 gennaio 1936 (lo stesso giorno di suo fratello) venne arrestato, e in ottobre fucilato assieme ad altri trotskisti di Mosca, Gorki e altre città (incluso in questo gruppo c'era il figlio adottivo di Trotsky, Platon Volkov, che al momento del suo arresto faceva l'operaio a Omsk).
Valentin Olberg, venne detto al Plenum di Febbraio Marzo, "era conosciuto agli organi del NKVD dal 1931". Inoltre gli "organi" avevano a loro disposizione le lettere di Trotsky a Olberg, che erano state consegnate nello stesso anno da un agente straniero del GPU. Solo una cosa potrebbe spiegare il fatto che dopo tutto ciò Olberg non fosse stato ancora arrestato: l'OGPU lo considerava un agente estremamente valido e sperava che sarebbe penetrato più profondamente nell'entourage di Trotsky.
Dopo il primo interrogatorio, V. Olberg spedì una dichiarazione agli investigatori in cui aveva scritto: "E' possibile che io possa auto-calunniarmi e fare qualsiasi cosa, se solo bastasse a porre fine alle mie sofferenze. Ma chiaramente non posso riferire ciò che è una ovvia menzogna, e cioè che sono un trotskista, un emissario di Trotsky, etc". Un mese dopo, tuttavia, Olberg confessò di essere arrivato dall'estero su mandato di Trotsky, e di aver reclutato in una organizzazione terrorista molti insegnanti e studenti dell'Istituto Pedagogico di Gorki. Tutte le persone di cui aveva fatto il nome furono portate a Mosca e fucilate il 3 ottobre 1936.
Al Plenum di febbraio-marzo, Yezhov fissò la data dell'inizio delle indagini sul caso del "Centro Unito Trotsky-Zinoviev" al dicembre 1935. All'inizio del 1936 questo caso "iniziò gradualmente ad espandersi, e quindi venne inviato il primo materiale al Comitato Centrale (dall'NKVD)". Tuttavia Molchanov, che era stato il diretto responsabile della montatura dei casi contro i trotskisti, considerava Olberg essere un "emissario solitario". Quindi voleva portare Olberg al processo e chiudere il caso con la sua condanna.
Poco dopo, Yagoda e Molchanov intuirono che sarebbe stato eccessivo collegare Olberg a I. N. Smirnov, che era stato portato nell'aprile 1936 dall'isolamento politico alla prigione della GPU. Secondo Agranov, Molchanov voleva "chiudere le indagini nell'aprile 1936, mostrando che il gruppo terrorista di Shemelev - Olberg - Safonova, collegato a Smirnov, costituisse l'intero Centro dell'Unione Trotskist, e che con la scoperta del centro, tutti gli attivisti trotskisti fossero stati liquidati. Yagoda, e poi Molchanov, aggiunsero che, senza dubbio, Trotsky non aveva alcun legame diretto con gli esponenti del Centro Trotskista in URSS".
Quando venne a conoscenza della posizione di Molchanov e Yagoda, Stalin "avvertì qualcosa di sbagliato in questo (caso) e diede istruzioni per continuare le indagini". Per eseguire le istruzioni, Yezhov organizzò una riunione con Agranov che ebbe luogo all'insaputa di Yagoda e Molchanov. ("Invitai Agranov nella mia dacha con la scusa di fare una passeggiata"). Durante questo incontro Yezhov diede ad Agranov "le indicazioni del Compagno Stalin sugli errori commessi nelle indagini sul caso dei trotskisti.; gli ordinava di prendere le misure per scoprire l'attuale centro trotskista, di smascherare completamente la banda terrorista ancora nascosta e il ruolo personale di Trotsky nell'intero affare". Yezhov riferì a Agranov il nome dei "quadri di Trotsky, enfatizzando il nome di Dreitser più di ogni altro. "Dopo la lunga conversazione, che fu piuttosto concreta, giungemmo ad una decisione - egli (Agranov) sarebbe andato nella regione di Mosca (cioè all'UNKVD della regione di Mosca - V.R.) e si sarebbe unito ai moscoviti per arrestare Dreitser, quindi sarebbe immediatamente penetrato nell'organizzazione.
Dreitser fu portato a maggio in un prigione interna del NKVD dalla regione di Cheliabinsk in cui lavorava come direttore delegato della fabbrica "Magnezit". Poi venne arrestato l'ex-capo del segretariato di Zinoviev, Pikel. Erano stati consegnati all'investigatore Radzivilovsky che successivamente avrebbe detto: "il lavoro straordinariamente difficile nel corso delle tre settimane su Dreitser e Pikel ebbe come risultato la loro testimonianza". Yagoda, tuttavia, sentiva che la testimonianza era completamente fabbricata. Nel registro degli interrogatori di Dreitser, che conteneva passaggi in cui si parlava di direttive terroristiche di Trotsky, Yagoda scrisse: "falso", "sciocchezze", "spazzatura" e "non è possibile".
Con questi preconcetti Yagoda procedeva nel suo rapporto sulla "Cospirazione Trotskista" al Plenum del Comitato Centrale di Giugno (1936), in cui negò categoricamente ogni collegamento tra il "centro terrorista" e Trotsky. Quando Stalin parlò al Plenum, inserì queste "lacune" nel rapporto di Yagoda. Quando fece riferimento a questo discorso al Plenum di febbraio-marzo, Yezhov disse: "Mentre io avvertivo che nell'apparato (del NKVD) si doveva continuare a indagare su Trotsky, per il Compagno Stalin questo fatto era perfettamente chiaro. Con il suo discorso il Compagno Stalin posava la questione sul fatto che qui c'era ancora la mano di Trotsky, e che noi dovevamo catturarlo attraverso quella mano".
Il 19 giugno Yagoda e Vyshinsky si presentarono a Stalin con una lista di ottantadue trotskisti che pensavano di poter portare al processo come partecipanti all'attività terrorista. Tuttavia Stalin richiese che di unire i trotskisti agli zinovievisti e di preparare un processo pubblico sul caso. Dopo di che le indagini sul caso Olberg che si erano concluse a maggio, vennero riaperte. Ora Olberg aveva testimoniato di avere legami con la Gestapo. Analoghe testimonianze vennero raccolte da altri quattro emigranti politici che erano stati catturati a giugno.
A metà luglio, Zinoviev e Kamenev furono portati dall'isolatorio politico [carcere riservato ai più importanti prigionieri politici. NdT] a Mosca per ulteriori indagini. A quel tempo, Zinoviev, che aveva trascorso un anno e mezzo in prigione, si trovava in uno stato di profonda depressione e demoralizzazione. Agli inizi della primavera del 1935, aveva ripetutamente inviato lettere a Stalin in cui, tra le altre cose, diceva: "La mia anima brucia per un solo desiderio: provarti che non sono più un tuo nemico. Non c'è richiesta che non soddisferei per provartelo...Sono arrivato al punto di rimanere a fissare la tua foto e quella degli altri membri del Politburo sul giornale , e pensare dentro di me: amici miei, guardate dentro la mia anima - è possibile che tu non riesca a vedere che non sono più tuo nemico, che sono il tuo corpo e la tua anima, che sono pronto a fare qualsiasi cosa possa valere il tuo perdono e la tua indulgenza". Il 10 luglio 1935 Zinoviev si rivolse ai dirigenti del NKVD con la richiesta di poter essere trasferito in un campo di concetramento "con la possibilità di lavorare e muovermi", in quanto sembrava che "solo lì sarebbe riuscito a resistere, anche solo per poco".
La lettera di Zinoviev a Stalin, spedita il 12 luglio 1936 dalla prigione di Mosca, dimostra quanto poco Zinoviev avesse inteso di quanto stava avvenendo. In questa lettera presentava una "richiesta urgente", di pubblicare il libro di memorie che aveva scritto nell'isolamento politico e di aiutare la sua famiglia, specialmente suo figlio, che egli definiva "un talentuoso marxista con aspirazioni accademiche".
Dal 1935, Stalin era riuscito a mettere l'uno contro l'altro Zinoviev e Kamenev. L'atteggiamento maldisposto di Kamenev nei confronti di Zinoviev si può rilevare nella corrispondenza con la moglie, T. Glebova, che era rimasta in libertà. In una lettera del 12 novembre 1935, Glebova, che era stata espulsa dal partito per non aver "vigilato" sul partito, rimproverava il marito, che era in isolamento politico, per il fatto che era stata "umiliata davanti al partito". Prima del processo del centro di Mosca lei aveva messo a rischio "il suo onore e la sua vita di partito" per difendere la "completa mancanza" di Kamenev "di legami politici e anti-partito con gli zinovievisti". In questa lettera che sarebbe senza dubbio stata letta dalle autorità, Glenoba includeva una indiretta denuncia di Ziniviev. Si lamentava del fatto che, "dopo aver udito le critiche di Zinoviev nell'estate del 1932 e le sue affermazioni controrivoluzionarie sull'inettitudine della dirigenza del movimento dei kolchoz," non aveva agito alla maniera del partito (cioè denunciando Zinoviev - V.R.), ma aveva confidato la sua indignazione solo a Kamenev. Nella sua lettera, Glebova, gli diceva cosa era successo quando il loro bambino di sette anni aveva preso in mano il giocattolo che Zinoviev gli aveva regalato. "Ha letteralmente iniziato a tremare ed è impallidito: "Lo butterò perché odio l'uomo che me lo ha dato". Inoltre, durante l'estate, ha capito molte più cose lui di loro (Zinoviev e sua moglie) che noi, e pensare che prima li adorava".
Nella sua risposta, Kamenev scrisse che Zinoviev e sua moglie "non esistono più per me; come Volik, io li odio, e probabilmente ho le mie buone ragioni".
Durante le nuove indagini Kamenev e Zinoviev vennero ancora una volta messi assieme da Stalin e costretti a prendere, assieme, delle decisioni. La prima volta negarono con fermezza le accuse rivolte contro di loro. Kamenev si difese con particolare coraggio. Aveva dichiarato a Mironov, il capo del dipartimento economico del GUGB (direttorato principale per la sicurezza di stato) del NKVD, che lo stava interrogando: "Stai assistendo al Termidoro nella sua forma pura. La Rivoluzione Francese ci aveva dato una buona lezione, ma non siamo stati in grado di applicarla. Non sappiamo come proteggere la nostra rivoluzione dal Termidoro. E questo sarà il nostro più grande sbaglio e la storia ci condannerà per questo". Quando Kamenev fu portato a testimoniare su un incontro cospirazionista con Reingold nel suo appartamento, dichiarò che dal diario delle guardie che sorvegliavano il suo appartamento, e dall'interrogatorio dell'agente OGPU, sempre presente nel suo appartamento come guardia del corpo, sarebbe stato facile verificare che Reingold non era venuto a visitarlo neanche una volta. Infine, Kamenev minacciò Mironov: se ci fossero state altre provocazioni avrebbe richiesto che Medvedev e gli altri ex capi della UNDKV di Leningrado venissero messi a processo. Gli avrebbe personalmente posto delle questioni sull' assassinio di Kirov.
E' chiaro che i rapporti sul comportamento di Kamenev durante le investigazioni avrebbero portato Stalin a un crescendo di crudeltà. Come evidenziò Orlov, "anche i dirigenti del NKVD, che conoscevano le insidie e la spietatezza del carattere di Stalin , rimasero esterefatti dall'odio selvaggio che Stalin mostrò nei confronti dei Vecchi Bolscevichi, Kamenev, Zinoviev e Smirnov." Sebbene Yagoda e i suoi erano sulla strada della degenerazione e avevano accumulato una ricca esperienza nel perseguitare l'opposizione, "i nomi di Zinoviev, Kamenev, Smirnov e specialmente Trotsky ancora conservavano un'aurea magica su di loro." Pensavano che Stalin non avrebbe osato fucilarli e che si sarebbe limitato a farsi propaganda sulle loro disgrazie.
La moglie di Prokofiev, nel campo di concentramento, disse a M.A. Larina che Stalin aveva detto a Yagoda: "Tu lavori miseramente, Genrikh Grigoeivich. Io ho già a disposizione l'informazione che Kirov venne ucciso su ordine di Zinoviev e Kamenev, e tu ancora non sei in grado di provarlo! Devi farli torturare, di modo che finalmente diranno la verità e sveleranno i loro legami." Quando raccontò queste parole a Prokofiev, Yagoda iniziò a singhiozzare.
Quando ricevette l'informazione del rifiuto di Kamenev e Zinoviev a cooperare, Stalin ordinò a Yezhov di procedere con ulteriori interrogatori, e quest'ultimo rivelò molto chiaramente agli accusati che avrebbero dovuto prendere parte ad un falso giudiziale. Yezhov spiegò a Zinoviev la necessità politica di questa mossa così: i servizi segreti sovietici erano entrati in possesso di alcuni documenti dei generali tedeschi che dimostravano l'intenzione di Germania e Giappone di attaccare l'URSS la primavera seguente. Quindi, quello di cui ora c'era bisogno più che mai era il sostegno del proletariato internazionale alla "Patria di tutti i lavoratori." Trotsky aveva impedito il sostegno con la sua "propaganda anti-sovietica." Zinoviev doveva "aiutare il partito a sferrare un colpo mortale contro Trotsky e la sua banda, per aiutare i lavoratori ad uscire dalla sua organizzazione controrivoluzionaria."
Proseguendo, Yezhov disse a Zinoviev che le vite di migliaia di ex-oppositori sarebbero dipese dalla condotta che avrebbe tenuto al processo. Dopo aver ripetuto le stesse argomentazioni, contro Kamenev utilizzò un'ulteriore minaccia, annunciandogli la possibilità di occuparsi di suo figlio maggiore, rinchiuso in prigione dal marzo del 1935. Mostrò a Kamenev la testimonianza di Reingold in cui accusava il ragazzo e se stesso di aver sorvegliato l'automobile di Stalin e Voroshilov per organizzare un attentato terroristico contro di loro. La promessa di preservare la vita di suo figlio, fu una delle proncipali ragioni che spinsero Kamenev a "confessare". Ciononostante, non soltanto il figlio maggiore, ma anche il mediano di sedici anni, Yuri, vennero fucilati nel 1938/39.
Nelle sue memorie Orlov descrive nel dettaglio l'intero svolgersi degli interrogatori, i metodi e meccanismi, ma non fa menzione di torture dirette utilizzate su Zinoviev e Kamenev. Nel loro caso, l'applicazione di "metodi di coercizione fisica" venne limitato alla reclusione in celle che venivano riscaldate durante i giorni estivi. Il caldo insopportabile e l'umidità furono particolarmente dure per Zinoviev, che soffriva di una forte asma e di attacchi di coliche al fegato; per di più, il trattamento che riceveva, aveva potuto soltanto aumentare le sue sofferenze.
Zinoviev fu il primo a dirsi pronto a trattare con Stalin. Dopo un interrogatorio condotto da Yezhov e Molchanov, durato una notte intera, Zinoviev chiese che gli fosse permesso di incontrarsi da solo con Kamenev. Durante questa conversazione, che naturalmente venne tenuta sotto controllo, Zinoviev convinse Kamenev a fornire la testimonianza richiesta al processo, a condizione che la promessa fatta da Yezhovin nome di Stalin, di risparmiare le loro vite e quelle degli altri oppositori venisse confermata personalmente da Stalin di fronte l'intero Politburo.
Subito dopo questo incontro, Kamenev e Zinoviev, vennero portati al Cremlino, dove furono ricevuti da Stalin e Voroshilov. Quando Kamenev obiettò che gli era stato promesso un incotro in presenza di tutti i membri del Politburo, Stalin rispose che lui e Voroshilov costituivano una "commissione" indicata dal Politburo per negoziare con loro.
Zinoviev ricordò che prima del processo del 1935, Yezhov aveva parlato in nome di Stalin per rassicurarli del fatto che il processo sarebbe stato l'ultimo sacrificio richiesto "per il bene del partito". Con le lacrime agli occhi provò a convincere Stalin che un nuovo processo avrebbe gettato un'ombra sull'Unione Sovietica e sul Partito Bolscevico: "Vuoi dipingere i membri del Politburo di Lenin e i suoi amici personali, come banditi senza principi, e presentare il partito come un covo di intrighi, trappole e assassini" [la principale tesi di chi voleva impedire i processi era la compromissione del Bolscevismo agli occhi del mondo intero - V.R]. A questo argomento, Stalin replicò che l'imminente processo non sarebbe stato diretto contro Kamenev e Zinoviev, ma contro Trotsky, "il nemico giurato del partito". "Se non li fucilammo" continuò riferendosi a Kamenev e Zinoviev in terza persona" quando attivamente combattevano contro il Comitato Centrale, allora perchè dovremmo fucilarli dopo aver aiutato il Comitato Centrale nella sua battaglia contro Trotsky? I compagni stanno dimenticando che noi Bolscevichi siamo i seguaci e discepoli di Lenin, e che non vogliamo veder spargere il sangue dei vecchi membri del partito, per quanto grave sia il peccato di cui si sono macchiati".
Mironov, che era stato presente durante le negoziazioni, disse a Orlov che questa esibizione, in cui Stalin chiamava Kamenev e Zinoviev compagni, era stata esiguita con grande pathos e sembrava sincera e convincente. Anche Mironov, che conosceva meglio di chiunque altro il feroce odio di Stalin verso Zinoviev e Kamenev, credeva che dopo aver pronunciato queste parole Stalin non avrebbe mai acconsentito all'esecuzione.
Dopo aver ascoltato Stalin, Kamenev disse che sarebbero stati d'accordo a testimoniare al processo a condizione che nessuno degli imputati venisse fucilato, che le loro famiglie non fossero perseguitate e che nessuno sarebbe stato condannato a morte per la passata attività d'opposizione. Stalin giurò che tutto questo "va da sè".
Fino a qualche anno fa, i diari di Orlov costituivano l'unica testimonianza dell' incontro della "Commissione del Politburo" con Zinoviev e Kamenev. Solo alla fine degli anni '80 questi fatti vennero confermati da Kaganovich, che dichiarò in una conversazione confidenziale con lo scrittore Chuyev: "Io so che Zinoviev e Kamenev furono ricevuti...Stalin e Voroshilov erano lì. Io non ero presente. So che Zinoviev e Kamenev chiesero la grazia. Erano già stati arrestati. Evidentemente la linea che la conversazione seguiva era il riconoscimento della loro colpa..."
Dopo questo incontro, Zinoviev e Kamenev vennero spostati in celle più comode. Le autorità iniziarono a prestargli serie cure mediche, erano ben nutriti e potevano leggere libri ma, naturalmente, non i giornali in cui, dopo l'annuncio dell'imminente processo, gli editori iniziavano a chiedere la pena di morte "in nome dei lavoratori".
Risultò più complicato ottenere le confessioni di Smirnov e Mrachkovsky, che erano ampiamente conosciuti all'interno del partito per le loro biografie eroiche. Mrachkovsky era cresciuto in una famiglia che apparteneva a Narodnaya Volya (La Volontà del Popolo), e sin da giovanissimo aveva preso attivamente parte ai movimenti rivoluzionari. I.N Smirnov, membro del partito sin da quando era stato formato, aveva guidato l'esercito che sconfisse Kolchak durante la Guerra Civile.
Per diversi mesi Smirnov e Mrachkovsky si rifiutarono ostinatamente di confessare. Secondo Vyshinsky, l'intero interrogatorio del 20 Maggio consisteva nelle parole "Nego questa cosa, la nego nuovamente, la nego".
Mrachkovsky venne portato due volte da Stalin, che promettava di mandarlo a dirigere un'industria negli Urali se si fosse comportato "appropriatamente" al processo. Entrambe le volte Mrachkovsky rispose con un fermo rifiuto. Allora venne indicato come investigatore di questo caso il capo del dipartimento per gli esteri del NKVD, Slutsky, che subito raccontò a V. Krivitsky "della sua esperienza di inquisitore". Secondo Slutsky, Mrachkovsky venne interrogato per 90 ore ininterrottamente. Durante gli interrogatori riceveva ogni due una telefonata dal segretario di Stalin per sapere se era riuscito a "piegare" Mrachkovsky.
Un'analoga informazione (l'interrogatorio di 90 ore, le note di Slutsky su Mrachkovsky) è contenuta nelle "Note" di Ignace Reiss (Cf. cap. 40) che erano state pubblicate nel Bollettino dell'Opposizione. Nel commento alle note, gli editori del Bollettino, riferirono: "Per piegare Mrachkovsky, la GPU lo sottopose ad un interrogatorio ininterrotto, che durò 90 ore intere! Lo stesso metodo venne applicato con Smirnov, che opponeva una strenue resistenza."
Quando l'interrogatorio cominciò, Mrachkovsky disse a Slutsky: "Puoi dire a Stalin che lo odio. E' un traditore. Mi hanno portato da Molotov, anche lui voleva comprarmi. Io gli ho sputato in faccia". Durante il resto dell'interrogatorio, che si era trasformato in un dialogo politico tra il prigioniero e l'investigatore, Slutsky mostrò a Mrachkovsky le testimonianze degli altri accusati per mostrare "quanto fossero caduti in basso opponendosi al regime sovietico". Passavano i giorni e le notti a dibattere della situazione politica nell'Unione Sovietica. Alla fine, Mrachkovsky concordò con Slutsky sul fatto che il forte malcontento che esisteva in determinati territori non poteva essere controllato dal partito e quindi poteva condurre alla distruzione del regime sovietico; allo stesso tempo all'interno del partito non esisteva alcun schieramento abbastanza forte in grado di modificare il regime che si era sviluppato e spodestare Stalin. "Io lo portai sino al punto di farlo piangere" Slutsky disse in seguito a Krivitsky "Piansi con lui quando arrivammo alla conclusione che tutto era perduto, che l'unica cosa che potevamo fare era compiere un disperato sforzo per prevenire la folle lotta dei capi dell'opposizione scontenti delle loro 'confessioni' [che avrebbero potuto ritrattare - N.dT] ".
Dopo questa sessione di interrogatori Mrachkovsky chiese di incontrare Smirnov, suo intimo amico e compagno di lotta sui diversi fronti della Guerra Civile. Durante questo incontro Mrachkovsky disse: "Ivan Nikitich, diamogli ciò che vogliono, dobbiamo farlo". Dopo il netto rifiuto di Smirnov, Mrachkovsky "divenne nuovamente poco collaborativo e arrabbiato. Iniziò di nuovo a chiamare Stalin "traditore". Comunque, alla fine del quarto giorno, firmò la sua confessione". Slutsky terminò il suo resoconto dell'interrogatorio di Mrachkovsky con queste parole: per l'intera settimana seguente "non riuscivo a lavorare, e sentivo di non poter continuare a vivere".
La storia di Krivitsky trova un certo grado di conferma nel materiale contenuto nel dossier Mrachkovsky, dove si trovano sette protolli dell'interrogatorio, di cui sei erano già pronti e dattiloscritti precedentemente. Mrachkovsky firmò tutti questi protocolli senza apporvi alcun cambiamento, con un'unica eccezione. Di fronte alla frase riguardante i legami con il centro trotskista estero scrisse: "Per favore, mostratemi la prova dell'esistenza di questi legami tra la nostra organizzazione e L. Trotsky." Possiamo supporre che, sebbene acconsetisse ad auto-calunniarsi, Mrachkovsky continuò a lungo a rifiutarsi di infangare Trotsky con l'accusa di dirigere l'attività terroristica.
L'ex moglie di Smirnov, Safanova, cercò di fare pressioni su di lui. Nel confronto faccia a faccia lo spingeva a salvare le vite di entrambi, "acconsentendo alle richiesre del Politburo." Safanova continuò a svolgere il ruolo di provocatrice anche al processo, dove depose come testimone. Come risultato, fu l'unica persona tra i tanti convocati al processo, che riuscì non solo ad evitare la fucilazione, ma anche ad ottenere la libertà. Alla fine degli anni '30 lavorava a Grozny come insegnante nel Liceo Pedagogico Ceceno-Ingush. Lì, secondo Avtorkhanov, continuò a lavorare per l'NKVD, mettendo a servizio, tra le altre cose, la sua "competenza accademica" per individuare i libri che contenevano "sabotaggi" ideologici.
Diversamente da Safonova, molte delle 160 persone accusate di atti terroristici svolti su ordine del "centro" che vennero fucilate, non confessarono mai la loro colpevolezza. Secondo Orlov, il giovane emigrato politico Z. Fridman, si comportò con straordinario coraggio. Al processo, il suo nome risuonò tra quello dei terroristi. Venne fucilato nell'Ottobre del 1936 assieme a molti insegnanti del dell'Istituto Pedagogico di Gorky, come parte del gruppo nel caso dell' "organizzazione terrorista."
Giudicando dal numero di dossier indicati nei registri della corte e dal numero di pagine contenute in essi, gli unici che collaborarono attivamente erano cinque giovani emigranti sotto processo; la testimonianza di ciascuno di loro era di centinaia di pagine. La testimonianza degli accusati principali - i Vecchi Bolscevichi - era tuttavia di poche pagine ed era stata ottenuta soltanto tra la fine di Luglio e gli inizi Agosto.
Il 7 Agosto Vyshinsky presentò a Stalin la prima stesura dell'atto d'accusa, secondo cui dodici persone dovevano essere processate. Stalin aggiunse a questa lista i nomi di M. I. Lurie e N. L. Lurie, e cancellò dal testo tutti i riferimenti alle testimonianze dei Vecchi Bolscevichi in cui veniva valutata la situazione del partito e del paese, che li aveva portati a continuare la loro attività d'opposizione.
Tre giorni dopo, Stalin ricevette una nuova versione dell'atto d'accusa che ora conteneva quattordici imputati. Stalin modificò pure questo testo ed estese nuovamente la lista degli accusati - questa volta aggiungendo i nomi di Yevdokimov e Ter-Vaganian.
Stalin fece una piccola aggiunta alle testimonianze che, supponeva, gli accusati avrebbero dato al processo. Chiese che Reingold formulasse nel seguente modo le istruzioni terroristiche ricevute da Zinoviev: "Non è sufficiente abbattere la quercia (cioè Stalin - V.R.), dobbiamo abbattere tutte le giovani querce che gli crescono attorno". Un'altra aggiunta "immaginaria" fu la seguente espressione messa in bocca a Kamenev: "Il regime di Stalin è diventato solido come il granito, sarebbe stupido sperare di spezzarlo. Questo significa che dobbiamo frantumarlo."
Prima di pubblicare qualsiasi annuncio sull'imminente processo, Stalin decise di preparare il partito. Il 29 Luglio dal Comitato Centrale una lettera segreta "Sull'Attività Terroristica del Blocco Controrivoluzionario Trotskista-Zinovievista" venne inviata a ogni organizzazione del partito per essere letta a tutti. Alla prima stesura della lettera, che era stata preparata da Yezhov, Stalin introdusse molte correzioni e aggiunte. Nella prima pagina scrisse che all'inizio "il ruolo dei Trotskisti nell'assassinio del Compagno Kirov non era stato scoperto" e che ora "si era giunti a stabilire che gli Zinovievisti avevano portato avanti le loro attività terroristiche in un unico blocco assieme a Trotsky e ai Trotskisti." Per sviluppare questo punto nella lettera si affermava che dopo l'omicidio di Kirov "e la seguente "repressione del Centro Trotskista-Zinovievista, Trotsky aveva preso in mano le redini di tutte le attività terroristiche in URSS."
Mentre Yezhov limitava "il maggiore e principale compito del centro" all'assassinio di Stalin, Stalin lo faceva divenire "l'assassinio dei compagni Stalin, Voroshilov, Kaganovich, Kirov, Ordzhonikidze, Zhdanov, Kosior e Postyshev." Possiamo supporre che Stalin spostò deliberatamente l'enfasi da se stesso ad un intero gruppo di dirigenti del partito, incluso coloro che godevano di una genuina simpatia del partito e delle masse operaie.
La lettera, che intendeva creare l'impressione di una speciale segretezza con cui l'informazione veniva trasmessa ai membri del partito, finiva col richiedere ad ogni Bolscevico di "riconoscere un nemico del partito, quale che fosse la maschera che questi avesse indossato."
Dopo aver finito la preparazione del processo, Stalin era così fiducioso dei risultati che avrebbe ottenuto che non lasciò il suo soggiorno a Sochi prima dell'apertura del processo. Il controllo del corso del processo venne affidato a Kaganovich, a cui Ulrich presentò diverse versioni delle sentenze da approvare. Dopo che Kaganovich visionò l'ultima versione, effettuò le correzioni finali. Così facendo incluse il proprio nome su una delle pagine del testo che conteneva la lista delle persone contro cui gli attentati terroristici erano stati preparati. Prima della conclusione del processo, Kaganovich inviò la sentenza a Stalin a Sochi, per informarlo.
Ultima modifica 12.05.2008